Il regime dell’incompatibilità professionale non è stato tacitamente abrogato dalla normativa sull’ufficio del processo (UPP) che, anzi, lo ha confermato. In tal senso si è espresso il CNF nella pronuncia n. 4/2023.
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Indice
1. L’incompatibilità tra lavoro subordinato e professione forense
Il regime di incompatibilità disciplinato dall’art. 18 lett. d) della legge professionale (L. n. 247/2012), e in particolare il divieto di cumulare l’attività professionale con l’esercizio del lavoro subordinato, risulta posto a tutela dell’interesse pubblico collegato all’inviolabilità del diritto di difesa e subisce eccezione solo nelle ipotesi di strettissima interpretazione, nei casi tassativamente previsti dalla Legge Forense:
- art. 19 per le attività di docenza,
- art. 23 per gli Avvocati addetti in via esclusiva agli uffici legali degli enti pubblici.
2. Lo stralcio e il ripristino dell’incompatibilità
Il CNF ha osservato che in passato era venuta meno, con l’art. 1, commi 56, 56 bis e 57 L. 662/1996, l’incompatibilità per gli iscritti in Albi che svolgessero contemporaneamente attività di lavoro subordinato part-time alle dipendenze della P.A., tuttavia la L. n. 339/2003 aveva ripristinato detta causa di incompatibilità per i soli Avvocati, e la Corte Costituzionale, tramite la sentenza n. 390/2006, ne aveva esclusa l’incostituzionalità.
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3. I dipendenti dell’UPP
Peraltro, anche il d.l. n. 80/2021, all’art. 11, c. 2 bis, prevede, per gli Avvocati assunti alle dipendenze dell’ufficio per il processo, che l’assunzione “configura causa di incompatibilità con l’esercizio della professione forense e comporta la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per tutta la durata del rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica”. Risulta pertanto evidente come non si possa ritenere che vi sia, nell’ordinamento, un’ipotesi di deroga generale, e tanto meno di tacita abrogazione dell’incompatibilità tra l’iscrizione all’Albo degli Avvocati e lo svolgimento di attività di lavoro subordinato alle dipendenze della P.A., risultando in ogni caso confermato il rilievo pubblicistico di tale divieto.
4. Il rigetto del ricorso
Nella specie, la ricorrente aveva impugnato la decisione resa dal COA di Trapani, che era venuto a conoscenza dal website istituzionale di un Comune che la stessa legale risultava nell’organico dell’Ente quale addetta al contenzioso nel Settore Ragioneria e Tributi, quindi, aveva effettuato l’istruttoria volta all’accertamento di una causa di incompatibilità con l’esercizio della professione forense, ai fini dell’eventuale cancellazione dall’Albo. Il COA, nel 2022, aveva quindi deliberato la cancellazione d’ufficio della stessa a causa dell’accertata incompatibilità ex art. 18, lett. d) L. 247/2012, che il CNF ha ratificato col rigetto del ricorso (sentenza n. 4/2023). La ricorrente aveva finanche sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, lett. d) L. n. 247/2012, che il CNF ha tuttavia ritenuto manifestamente infondata, anche in relazione all’art. 3 Cost.
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