Reati tributari: non punibilità per tenuità del fatto

Allegati

In tema di tema di reati tributari, quando è possibile l’applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto.
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 131-bis)

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Corte di Cassazione -sez. III pen.- sentenza n. 23515 dell’11-01-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Messina, in parziale riforma di una sentenza emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, concedeva all’imputato il beneficio della non menzione, confermando nel resto la condanna alla pena (principale), condizionalmente sospesa, di un anno di reclusione (oltre pene accessorie) per il reato di cui all’art. 4, d.lgs. n. 74 del 2000.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dalla Corte territoriale messinese proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato che, tra i motivi addotti, deduceva violazione dell’art. 131-bis cod. pen., sostenendo che la mancata applicazione della causa di non punibilità della speciale tenuità del fatto fosse dipesa da motivi del tutto estranei a quelli indicati dal legislatore.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato.
In particolare, gli Ermellini addivenivano a siffatta conclusione, evidenziando che, se costituisce insegnamento costante della Corte di Cassazione quello secondo il quale, in tema di reati tributari, l’applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto è possibile quando l’ammontare dell’imposta evasa superi di pochissimo la soglia di punibilità (Sez. 3, n. 16599 del 20/02/2020; Sez. 3, n. 15020 del 22/01/2019; Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018; Sez. 3, n. 13218 del 20/1172015), tuttavia, il superamento della soglia di punibilità non costituisce l’unico elemento da prendere in considerazione, dovendo il danno prodotto dalla condotta essere valutato nella sua interezza e sotto ogni profilo.
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour notavano come il danno conseguente alla condotta incriminata non avesse determinato tanto un’evasione dì imposta appena superiore alla soglia di punibilità quanto, piuttosto, il mancato azzeramento di un credito di imposta di importo consistente e, dunque, l’adesione della società dell’imputato ad un piano di ammortamento del debito (peraltro nemmeno andato in porto) poteva rilevare, sempre per la Corte di legittimità, ad altri fini ma non a quello del danno (o del pericolo di danno) al quale era stato esposto l’Erario.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito quando è possibile l’applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto in tema di tema di reati tributari.
In tale pronuncia, infatti, non solo si allinea a quell’orientamento nomofilattico, ormai consolidato, secondo cui, in tema di reati tributari, l’applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto è possibile quando l’ammontare dell’imposta evasa superi di pochissimo, come nel caso di specie, la soglia di punibilità, ma si richiede un quid pluris, ossia che il danno prodotto dalla condotta debba essere valutato nella sua interezza e sotto ogni profilo.
Pertanto, è consigliabile, perlomeno, alla stregua di questo filone interpretativo, quando si chieda il riconoscimento di siffatta causa di non punibilità, non solo dedurre il fatto che l’importo evaso è vicinissimo alla soglia di punibilità, ma anche che il danno patito dall’erario sia stato esiguo.
Pur tuttavia, fermo restando che, ad avviso di chi scrive, l’uno e l’altro requisito, di norma, coincidono atteso che un importo evaso esiguo comporta un danno parimenti esiguo all’erario e viceversa, tenuto conto che tale pronuncia, allo stato, rappresenta un caso isolato nel panorama giurisprudenziale, sarebbe opportuno, ad avviso di chi scrive, per una evidente esigenza di certezza del diritto, che su tale questione intervenissero le Sezioni unite.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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