La locazione di un immobile non a norma di legge

Il ricorso del conduttore alla sospensione, ex. art. 1460, C.c., del pagamento del canone di locazione nel caso di un immobile non a norma.
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Indice

1. Cenni sul contratto di locazione


Nella presente trattazione indagheremo se sia legittimo, da parte del conduttore, la sospensione del pagamento del canone di locazione qualora l’immobile locato da questi non possa esser fruito a cagione dei vizi insistenti e rappresentati da impianti ivi installati non a norma di legge.
La presente indagine muove dalla nozione del contratto di locazione. Ai sensi dell’art. 1571, C.c., possiamo definirlo come un contratto mediante il quale una parte, detta il locatore, concede ad un’altra parte, detta il conduttore, il godimento di un immobile, per un certo periodo di tempo, a fronte del pagamento d’un corrispettivo periodico, comunemente definito come canone di locazione.
Sul piano dogmatico, il contratto di locazione possiamo definirlo come un contratto di natura obbligatoria, a prestazioni corrispettive, commutativo, nel senso, cioè, che entrambe le parti son a conoscenza, sin dall’inizio della stipulazione del contratto, dell’entità dei rispettivi vantaggi e sacrifici. Il contratto in esame è un contratto c.d. sinallagmatico, e, cioè, un contratto ove la prestazione d’una parte trova la propria remunerazione nella prestazione della controparte. Tal caratteristica si riverbera, infatti, sul vincolo genetico delle prestazioni gemmate dal contratto, vale a dire che, laddove venga a mancare la prestazione d’una parte, si genera un’alterazione del vincolo contrattuale compromettendo, per tal via, il conseguimento dell’utilità economica della parte adempiente.
Tornando, indi, all’oggetto dell’indagine, i principali obblighi del locatore, come desumibili dall’art. 1575, C.c., sono: di consegnare al conduttore un immobile che sia idoneo all’uso convenuto in contratto, di mantenerlo in uno stato di manutenzione che possa assicurarne la fruibilità ed, infine, garantirne il pacifico godimento.
Di contro, le principali obbligazioni del conduttore, desunte dall’art. 1587, C.c., sono: conservare ed utilizzare, in conformità all’uso convenuto contrattualmente, il bene ricevuto in locazione usando l’ordinaria diligenza del buon padre di famiglia e, quindi, di corrispondere, nei termini convenuti nel contratto, il canone di locazione.
Volendo tratteggiarne, brevemente, i contorni normativi, vien in rilievo la L. n.431 del 1998. Ai sensi della prefata normativa, in disparte i contratti transitori, son due le fattispecie di locazioni contrattuali cui si può addivenire, e, cioè, il contratto di locazione della durata di quattro anni, più eventuali altri quattro anni, che potremmo definire come il contratto ordinario (Art. 2, comma 1, L.n.431/1998), ed il contratto di locazione a canone concordato della durata di tre anni, più altri due anni, detto, più comunemente, il tre più due. Salva l’ipotesi del diniego del rinnovo di legge, rispettivamente, degli ulteriori quattro anni ovvero degli ulteriori due anni, laddove ricorrano le condizioni evocate dall’art. 3 della legge in esame.
L’attuale orientamento, in tema di registrazione del contratto di locazione, cui è pervenuta la giurisprudenza della Suprema Corte, è tale per cui il contratto di locazione non registrato ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. n.311 del 2004, e successive modifiche, è nullo, ma, posto l’eccezionale interferenza della norma tributaria su quella civile, ed in virtù del principio dell’adempimento spontaneo e del ravvedimento operoso, seppur registrato tardivamente, con effetti ex tunc, esso è valido ed efficace. (Cass, civ., Sez. III, n.10498 del 28 aprile 2017).

2. I vizi insistenti sull’immobile locato. Gli impianti installati non a norma di legge


Tornando, indi, al quesito che ci siamo posti all’inizio di questa trattazione, cosa accade, in punto di diritto, qualora l’immobile locato sia servito da impianti installati non a norma di legge.
Vale la pena chiarire, innanzitutto, un punto, e, cioè, che l’interferenza d’un impianto sul cespite locato, si declina, in termini giuridici, come un vizio.
Ora, dei detti vizi possiamo declinarne, a loro volta, l’esistenza in due modi, vale a dire che ci son vizi preesistenti alla locazione dell’immobile e vizi successivi, ossia vizi che si scoprono dopo la conclusione del contratto di locazione, e, pertanto, durante il corso della vita contrattuale.
Con riguardo ai primi, tal sono i vizi che si possono acclarare nel momento che si prende in consegna l’immobile. Difatti, come d’uso, al momento della consegna dell’immobile, vien, di regola, concluso dalle parti un verbale di consegna, ove il conduttore, in particolar, dichiara d’accettare la consegna dell’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trova.
È d’uopo che, laddove l’immobile locato sia anche arredato, il conduttore accetti di riceverlo, dal locatore, nello stato in cui si trova al momento della consegna, in specie per evitar che, successivamente, alcuna delle parti possa, poi, contestare, all’altra, vizi, difetti, imputabili anche al mobilio, arredi ed impianti.
Al momento della stipulazione del contratto di locazione, il locatore deve esibire al conduttore, che deve darne atto nel contratto di locazione, il c.d. certificato d’attestazione energetica, definito come A.P.E, la cui eventuale inesistenza renderebbe il contratto nullo.
Eppur tuttavia, ci son dei vizi di cui il conduttore non potrebbe accorgersene al momento della stipulazione del contratto. Possiamo riferirci, ad esempio, ai vizi attinenti all’impianto elettrico, la cui installazione, avvenuta non a regola d’arte, potrebbe rappresentare anche una fonte di pericolo per coloro che dimorano nell’immobile (rischi d’incendio dovuti a cortocircuito), vizi che potremmo definire come “occulti”, in quanto non facilmente accertabili dal conduttore al momento dell’accettazione della consegna del cespite.
E non potrebbero che definirsi proprio come “vizi occulti”, e ciò in quanto è ben difficile che il conduttore, al momento della consegna del bene di cui deve fruire, possa acclarare, per stare all’esempio di cui sopra, che l’impianto elettrico non sia stato installato a norma di legge, atteso che si tratta d’impianti i cui cablaggi passano all’interno dei muri.
Il conduttore potrebbe accorgersi durante la locazione che l’impianto elettrico, a servizio dell’abitazione locata, non sia a norma, ma tal vizio, proprio perché occulto, in quanto non acclarabile, in via immediata, dal locatario, non consentirebbe al medesimo di poter fruire pienamente dell’immobile.

3. La normativa per l’installazione degli impianti. Il D.M. N.37/2008


Sull’installazione degli impianti a servizio dell’immobile locato vien in rilevo la L. 46/1990 (in buona parte abrogata) ed, in particolar, il D.M. n. 37/2008, licenziato dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a), della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, concernente le disposizioni in materia d’attività d’ installazione degli impianti all’interno degli edifici.
Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del decreto in commento, l’installatore, autorizzato ai sensi dell’art.3 delle disposizioni contenute nell’evocata normativa, deve rilasciare e consegnare al proprietario una dichiarazione di conformità, colla quale attesti che l’impianto sia stato installato a norma di legge. Quindi, che per l’impianto elettrico, il proprietario locatore deve esser in possesso d’una dichiarazione di conformità con la quale il tecnico installatore abbia dichiarato che l’impianto in questione sia stato installato secondo la regola dell’arte. Sul proprietario, per effetto dell’art. 8, comma 2, del decreto in esame, grava la responsabilità di garantire che sia assicurato il funzionamento e la manutenzione dell’impianto secondo le prescrizioni di legge.
Pertanto, si potrebbe affermar l’obbligo, in capo al proprietario locatore, di consegnare al conduttore una copia della dichiarazione di conformità degli impianti posti a servizio dell’immobile, quali, ad esempio, la consegna anche del libretto di funzionamento dell’impianto di riscaldamento.
Apprendiamo, altresì, che, dal momento della stipulazione del contratto di locazione, per effetto della normativa sulla sicurezza degli impianti, si attua il trasferimento della responsabilità della c.d. manutenzione ordinaria degli impianti posti a servizio dell’immobile dal proprietario locatore in capo al conduttore. In altri termini, se il proprietario dell’immobile è gravato dall’obbligo di far installare l’impianto, elettrico o di riscaldamento, da una ditta autorizzata e di garantirne la manutenzione straordinaria, il conduttore è obbligato a garantirne la manutenzione ordinaria.
Sul piano giuridico, questi obblighi possono ben esser sussunti per il proprietario negli obblighi del locatore ed, indi, nell’art. 1575, C.c., tra i quali, tra gli altri, v’è, giustappunto, quello di garantire che l’immobile sia idoneo all’uso convenuto e, tutto ciò, si traduce nell’obbligo di garantire che gli impianti siano stati installati a norma di legge onde consentire al conduttore di fruire appieno dell’immobile locato. Per converso, per il conduttore, tal obbligo si traduce nel dovere di curare la manutenzione ordinaria degli impianti serventi l’immobile locato, sussumibile nell’alveo dell’art. 1587, C.c. Questo significa che, ad esempio, con riguardo all’impianto di riscaldamento a gas, il proprietario dovrà consegnare al conduttore, oltre ad una copia della dichiarazione di conformità, anche il libretto di manutenzione del medesimo, affinché quest’ultimo possa effettuare la manutenzione ordinaria e garantire la pulizia dei fumi prodotti dall’impianto.
Tutto ciò esposto, come potrebbe tutelarsi il conduttore a fronte della scoperta d’un vizio occulto non acclarabile al momento della consegna dell’immobile locato.


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4. Il ricorso all’istituto dell’autotutela ex art. 1460 C.c.


In questa direzione, sovvien l’istituto da esercitare in via di autotutela posto dall’art. 1460, comma 1, C.c., rubricato come eccezione d’inadempimento, a mente del quale, nel contratto a prestazione corrispettive, ciascuna delle parti può rifiutarsi d’adempiere la propria prestazione se l’altra parte non adempie ovvero non offre d’adempiere, contemporaneamente, la propria prestazione, esercitabile entro il limite della buona fede oggettiva.
Dall’esame dell’istituto in scrutinio, discende che trattasi d’un rimedio applicabile ai contratti a prestazioni corrispettive, ovvero sinallagmatici, ove, cioè, la prestazione d’una parte intanto riceve una remunerazione in quanto sia adempiuta la prestazione dell’altra. Di fronte al pericolo che la controparte non offra d’eseguire la controprestazione, l’altra, vale a dire quella adempiente, può rifiutarsi d’eseguire la propria.
E di tal istituto s’è fatta applicazione anche nell’ambito dei contratti di locazione d’immobili, in particolar laddove il conduttore, a fronte dell’impossibilità di fruire dell’immobile, riduca o sospenda il pagamento del canone di locazione.
Bisogna far alcune precisazioni, nel senso, cioè, che la Suprema Corte ha precisato, più volte, che al conduttore è consentito, ricorrendo all’istituto dell’eccezione d’inadempimento, di sospendere il pagamento del canone di locazione soltanto quando, a causa dei vizi, sia impossibilitato a fruire completamente dell’immobile.
Soltanto l’impossibilità di godere appieno dell’immobile, a causa di dispersioni d’acqua che lo hanno reso inservibile ovvero del rischio di pericolo che un cortocircuito potrebbe generare a causa d’un impianto installato non a norma di legge, legittimerebbero il conduttore a sospendere, anche totalmente, la corresponsione del canone di locazione.
D’altronde, giammai potrebbe esser diversamente, atteso che, trattandosi del contratto di locazione, quale negozio a prestazioni corrispettive, va da sé che, venuta meno la controprestazione del locatore, rappresentata dal pericolo generato da un impianto elettrico non installato a norma di legge, che renderebbe non fruibile completamente l’immobile locato, il conduttore, invocando l’autotutela dell’eccezione d’inadempimento di cui all’art. 1460, comma 1, C.c., potrebbe in via del tutto legittima sospendere il pagamento del canone di locazione.
Il tema dei vizi dell’immobile è correlato con l’istituto in commento, giacché, qualora scoperti dal conduttore in costanza d’esecuzione del contratto, indi vizi che incidono non sulla fase genetica, sibbene su quella esecutiva del contratto, questo è il rimedio che il conduttore potrebbe esercitar senza passare preventivamente per il vaglio dell’autorità giudiziaria.
V’è, dunque, se così possiamo definirla, una correlazione tra vizi occulti, non facilmente riscontrabili dal conduttore al momento della consegna dell’immobile locato, ed il ricorso all’istituto dell’autotutela di cui all’art. 1460, comma 1, C.c., e ciò è corroborato dall’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ha statuito che “… altrettanto chiaramente, quel vizio non appariva in alcun modo accertabile e riconoscibile dal conduttore al momento della sottoscrizione del verbale di consegnaquesta Corte di legittimità, che ha più volte consonamente affermato il principio di diritto secondo il quale la sospensione del canone è pienamente legittima in tutte le ipotesi (quale quella di specie) di impossibilità totale del godimento del bene…”. (Cass. Civ., Sez. III, Sent. 8637 del 3 maggio 2016).
Nel caso rassegnato, nel corso d’alcuni lavori eseguiti nell’immobile locato, il direttore dei lavori ordinava la sospensione dei medesimi, avendo accertato che l’impianto elettrico non era a norma di legge con la generazione del rischio d’un cortocircuito ed, indi, d’un incendio. A fronte di ciò, anche in ragione di plurime missive inviate al proprietario dell’immobile locato, rimaste, tuttavia, prive di riscontro, il conduttore, in via d’autotutela, si determinava a sospendere la prestazione del pagamento del canone, essendo l’immobile completamente non fruibile.
Parimenti, si afferma la responsabilità del locatore, nei confronti dei conduttori, per l’installazione d’una caldaia non a norma di legge, con conseguente obbligo del primo di corrispondere, ai sensi dell’art. 1578, comma 2, C.c., ai secondi, il risarcimento dei danni patiti a causa del pericolo derivante da un impianto non installato a norma di legge. (Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 11353 del 22 maggio 2014).
La pronuncia poc’anzi citata, precisa, altresì, cosa deva intendersi per opere di manutenzione straordinaria, precisando al riguardo che “… il principio, che va ribadito in questa sede, secondo cui in tema di locazione di immobili urbani, nella categoria delle riparazioni di piccola manutenzione, a carico del conduttore ex art. 1609 c.c., non rientrano quelle relative agli impianti interni alla struttura dell’ immobile (elettrico, idrico, termico) per l’erogazione dei servizi indispensabili al suo godimento…”. (Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 11353/2014, cit.).
Se ne ricava che le riparazioni degli impianti interni alla struttura dell’immobile locato, devono considerarsi interventi di manutenzione straordinaria e, come tali, gravanti in capo al locatore per effetto dell’art. 1575, comma 1, n.1), C.c.
Bisogna, tuttavia, precisare che il succitato orientamento giurisprudenziale ribadisce che il ricorso all’eccezione d’inadempimento, da parte del conduttore, è legittima soltanto ove venga a mancare totalmente la prestazione della controparte, in tal caso del locatore, diversamente sarebbe contraria alla buona fede oggettiva.
Pur a fronte di vizi insistenti sull’immobile che, tuttavia, non ne compromettono in via totale la fruibilità, il conduttore continua a servirsene, la sospensione, da parte di questi, del pagamento del canone di locazione deve considerarsi illegittima. E ciò in quanto se da un lato è venuta meno la prestazione economica, quella, cioè, del pagamento del canone di locazione da parte del conduttore, dall’altro, vale a dire quello del locatore, perdura la prestazione d’offrire l’immobile, avendo il primo conservatone la disponibilità.
Su questa riga, il formante giurisprudenziale è costante nel ribadire che “…deve trovare applicazione il principio – consolidato -secondo cui la sospensione totale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti…”. (Cass. civ., Sez. III, Ord. n. 11783 del 12 magio 2017).
All’indirizzo giurisprudenziale sopra evocato, si conforma anche la giurisprudenza di merito, atteso che “…La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio inadempienti non est adimplendum, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede”.”. (Trib. Milano, Sez. III, Sent. n. 2369 del 17 marzo 2022).

5. La distinzione tra l’istituto dell’art. 1578 C.c. e quello di cui all’art. 1460 C.c.


La presente dissertazione ci offre la possibilità di cogliere quale siano i confini tra i due istituti emergenti, in parte, in tema di disciplina dei vizi dell’immobile locato, vale a dire l’art. 1578, C.c., da un lato e l’art. 1460, C.c., dall’altro.
L’art. 1578, C.c. disciplina la responsabilità del locatore nel caso in cui l’immobile sia affetto da vizi che lo rendano in modo apprezzabile non idoneo all’uso convenuto. Cosicché, dal comma 1, della detta norma, discende il diritto potestativo del conduttore di domandare, in via giudiziale, la risoluzione del contratto di locazione qualora vi siano vizi che rendano l’immobile completamente non utilizzabile ovvero la riduzione del canone laddove residui la volontà di conservare la disponibilità del cespite, salvo che il locatore dimostri che si trattasse di vizi conosciuti ovvero conoscibili dal primo con l’uso dell’ordinaria diligenza. Mentre, dal comma 2, della norma in esame, discende il diritto del conduttore d’ottener il risarcimento per i danni cagionati dai vizi, eccetto che il locatore dimostri d’averli ignorati senza colpa.
Ne consegue che l’art. 1578, C.c., è un istituto orientato ad apprestar una tutela al conduttore nel momento genetico di formazione del contratto, e, cioè, d’apprestar una tutela, demolitoria, tramite la risoluzione del contratto, ma anche risarcitoria, da esercitarsi in via giudiziale.
Diverso, invece, è l’ambito d’operatività dell’art. 1460, C.c., trattandosi d’un istituto orientato ad apprestar una tutela al conduttore giammai nella fase genetica, quanto, piuttosto, in quella esecutiva del contratto, allorché il locatario abbia preso cognizione dell’esistenza di vizi occulti, indi non riconoscibili al momento della consegna dell’immobile, consentendogli, pertanto, di reagire sospendendo l’esecuzione della propria prestazione, id est il pagamento del canone, a fronte dell’inadempimento della controprestazione del locatore, non più volto ad offrire un immobile che sia completamente utilizzabile.
Possiamo, allora, affermare che gli istituti de quibus son vocati ad operare in diverse fasi, e, così, il primo nel momento genetico di conclusione del contratto di locazione, mentre, il secondo, nel momento di gestione del contratto.
Si badi bene, l’istituto in parola, cioè l’art. 1460, C.c., offre una tutela temporanea, nel senso che gli esiti cui può condurre sono la ripresa della prestazione del pagamento del canone di locazione, a fronte dell’eliminazione dei vizi da parte del locatore, la risoluzione del contratto, a seguito del persistente inadempimento del locatore ed, infine, la responsabilità per inadempimento ove la sospensione della prestazione del conduttore si riveli contraria alla buona fede oggettiva.
Su questo punto, si registra l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, a mente della quale “…L’art. 1578, nel suo comma 1, offre al conduttore una tutela giudiziaria per i vizi che “diminuiscono in modo apprezzabile l’ idoneità all’uso pattuito” della cosa locata: la risoluzione del contratto o, implicitamente nel caso in cui il conduttore ne abbia ancora interesse alla preservazione, una riduzione del corrispettivo, con un limite del genere dell’ imputet sibi “salvo che si tratti di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili” -, che si traduce, in sostanza, in una presunzione juris et de jure sull’esistenza del consenso del conduttore “ciò nonostante”…” (Cass. civ., Sez. III, Sent. n.16917 del 25 giugno 2019).
Ed, ancora, si afferma “…eccezione di inadempimento “è un rimedio necessariamente temporaneo”, da cui può derivare una delle tre ipotesi seguenti: in primo luogo, “se l’ inadempimento che l’ha provocata persiste, esso condurrà alla risoluzione del contratto, e l’eccipiente sarà liberato dalla propria obbligazione”; in secondo luogo, se l’ inadempimento di controparte cessa, “cessa anche il diritto di autotutela dell’eccipiente, il quale sarà perciò obbligato all’adempimento”; e infine, se l’inadempimento di controparte risulta insussistente oppure inidoneo a giustificare l’eccezione (…), “l’eccipiente sarà tenuto all’adempimento, ovvero sarà esposto all’azione di risoluzione per inadempimento”. Ne consegue che l’exceptio inadimpleti contractus mai potrà “avere effetti liberatori, ma solo effetti sospensivi, transeunti della “forza di legge” del contratto…”. (Cass. civ., Sez. III, Sent. n.16917/2019, cit.).

6. Conclusioni


Rassegnando le conclusioni, credo che possiam giungere alle seguenti riflessioni. Sulla base delle norme disciplinanti il contratto di locazione (L.n.431/1998) e le norme tecniche disciplinanti l’installazione degli impianti all’interno degli immobili (D.M.n.37/2008), il locatore non potrebbe concedere in locazione un appartamento i cui impianti, posti a servizio del medesimo, come, per esempio l’impianto elettrico ovvero quello per il riscaldamento, non siano a norma di legge. Tuttavia, dobbiamo prender atto che tal vizi possono esser scoperti dal conduttore nel corso della durata del contratto, trattandosi di vizi che potremmo definire occulti, afferenti ad impianti che, coma ricorda la Suprema Corte, sono situati all’interno delle mura del cespite. Non credo che si possa discettar di nullità del contratto di locazione, a fronte di vizi persistenti nell’immobile e riconducibili ad impianti non installati a regola d’arte, secondo quanto prescritto anche dal citato D.M. n. 37/2008. Ciò in quanto non trattasi di nullità concernente elementi ovvero requisiti strutturali del negozio giuridico, quanto, piuttosto, di vizi che interferiscono dall’esterno sul momento genetico ovvero funzionale del contratto in questione. Nondimeno, la tutela che potrebbe invocare il conduttore, in disparte quella per i vizi che insistono nella fase genetica del negozio locatizio, apprestata dall’art. 1578, C.C., in via principale, nella fase, quindi, funzionale del rapporto locatizio, è il ricorso all’istituto dell’autotutela di cui all’art 1460, comma 1, C.c., limitata segnatamente dal ricorso della buona fede oggettiva.

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Giovanni Stampone

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