Rafforzamento coefficiente psichico azioni collettive: giurisprudenza recente

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Il principio del rafforzamento del coefficiente psichico nelle azioni collettive alla luce del recente approdo della giurisprudenza della Suprema Corte.

Indice

1. Cenni sul concorso di persone nel reato


È noto che alla necessità d’incriminare condotte atipiche, caratterizzate da una plurima partecipazione, il legislatore v’ha sopperito introducendo l’art.110 c.p.
Trattasi d’un istituto di carattere generale che, combinato con le norme di parte speciale, mira a sanzionare condotte atipiche, altrimenti non perseguibili, difficilmente tipizzabili a priori.
Come recita l’art. 110 c.p., allorché più persone commettano un reato, ciascuno di esse rimane soggetta alla pena da quest’ultimo prevista.
Giova subito chiarire che l’istituto in parola, concerne i c.d. reati eventualmente plurisoggettivi.
Ciò in contrapposizione ai reati c.d. necessariamente plurisoggettivi, i quali, per la consumazione, presuppongono, sul piano della struttura ontologica, la partecipazione di almeno due o più persone. In tal direzione, sovviene il delitto di corruzione, per esempio. 
Sgombrato, quindi, il campo dell’indagine, ecco che emerge la funzione dell’art. 110 c.p., ovverosia quella d’incriminare condotte atipiche, giacché non positivizzate a priori.
Ciò detto, il concorso di persone nel reato, si palesa in due forme di partecipazione: la partecipazione morale e quella materiale.
Nella partecipazione morale, distinguiamo, l’istigazione dalla determinazione.
Nell’istigazione, il soggetto agente suscita in altri un proposito criminoso altrimenti non evocato dal destinatario di tal sollecitazione morale.
Tuttavia, il legislatore ha espresso una certa sensibilità verso coloro che sono destinatari di sollecitazioni, laddove quest’ultima, pur accolta, non si traduca nella consumazione d’un delitto.
L’art. 115 c.p., consente l’applicazione di misure di sicurezza verso coloro che pur, sollecitati verso il disprezzo della legge, tuttavia, la loro condotta non assurga allo stadio della consumazione del delitto.
La determinazione ricorre allorché l’agente determini il destinatario a commettere un delitto che questi aveva già in animo di realizzare.
Nella partecipazione materiale distinguiamo l’autore immediato, da quello mediato.
Il primo è colui la cui condotta integra il precetto penale violato, mentre, il secondo, quello la cui azione od omissione agevola, in qualche modo, l’attività del primo.
È indubbio che nel reato associativo, la compartecipazione dei singoli concorrenti, che si stagli nella fase ideativa, preparativa od esecutiva, agevola la commissione del reato avuto di mira.
Nel reato associativo, riguardato sul piano subiettivo, il concorrente deve esser cosciente della propria condotta ed, in specie, manifestare la volontà di voler contribuire con essa, insieme a quella degli altri concorrenti, alla realizzazione del reato programmato.
Eppur tuttavia, sempre sul piano dell’elemento soggettivo, la giurisprudenza recente ci offre un ulteriore contributo.
Partendo da un dato fattuale, e cioè se la semplice presenza d’un soggetto, nel momento della consumazione del reato, il cui apporto, per l’appunto, possa definirsi semplicemente psichico, giustifichi il suo assoggettamento allo stesso trattamento sanzionatorio previsto per i responsabili a vario titolo della realizzazione del reato programmato.
In questa direzione, la risposta della Corte dei diritti è stata di segno positivo, concentrandosi l’indagine proprio sul piano soggettivo, introducendo quello che potremmo definire “il principio del rafforzamento del coefficiente psicologico”.


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2. Il principio del rafforzamento del coefficiente psichico


Si tratterebbe d’un elemento distinto ed ulteriore rispetto a quelli chiamati ad integrare la fattispecie del reato c.d. concorrenziale.
In altri termini, prescindendo dalla natura dell’apporto concorsuale, la presenza dei concorrenti, nel momento consumativo del reato, rafforzerebbe la volontà di ciascuno d’essi determinandone la partecipazione, confidando che la presenza degli altri compartecipi, in quel frangente, comporti un’assunzione collettiva di responsabilità e conseguente ripartizione del rischio e delle relative conseguenze.
In tal direzione, la giurisprudenza della Suprema Corte ha statuito che “…è evidente che il maggior numero dei soggetti coinvolti – specie in una azione collettiva tesa a realizzare un omicidio – è di per sè fattore di reciproco rafforzamento della volontà collettiva, in quanto rassicura gli agenti sulla effettiva assunzione e ripartizione di rischi e sopportazione delle conseguenze dell’azione intrapresa, in ciò ponendosi come forma di rafforzamento anche soltanto psichico (in ipotesi di scarsa rilevanza dell’apporto materiale), penalmente rilevante ai sensi dell’ art. 110 cod. pen.”. (Cass. Pen., Sez. I, Sent. n. 6237 del 22 febbraio 2022).
Pertanto, la presenza del concorrente, sul locus commissi delicti, non esclude la sua responsabilità, nonostante l’agere in ipotesi neutro, giacché rafforza il convincimento psichico degli altri agenti che la presenza di questi conduca ad un rafforzamento del legame concorrenziale estrinsecantesi in condotte omissive in merito alla conseguente assunzione collettiva di responsabilità ed eventuale ripartizione del rischio dell’illecito.
Non importa se il concorrente, presente sulla scena del delitto, ne abbia commesso in precedenza un altro in esecuzione della volontà dello stesso sodalizio criminale, ciò in quanto anche la sua semplice presenza, inerte, nel momento della consumazione del successivo illecito, rappresenta una condotta penalmente rilevante, contribuendo a rafforzare, per l’appunto, la volontà partecipativa degli altri concorrenti, confidando, questi ultimi, che la partecipazione complessiva rafforzi il vincolo di responsabilità e del conseguente rischio d’illecito.
In altri termini, sulla scorta delle coordinate ermeneutiche licenziate dalla giurisprudenza della Suprema Corte quivi scrutinata, potremmo affermare che in tanto il sodalizio criminoso si determina oltremodo a realizzare il reato programmato, in quanto la partecipazione complessiva, pur declinata, nella frazionata condotta unitaria riguardata sotto l’aspetto dell’apporto morale, vuoi con espressioni verbali orientate a rafforzare il proposito criminoso primitivo, rafforza il vincolo solidaristico e la convinzione che la successiva parcellizzazione della responsabilità fra tutti i concorrenti, in forza, finanche, dell’apporto omissivo offerto come silenzio da ciascuno dei solidali, possa giungere alla soglia dell’eventuale impunità.
In quello che i Supremi Giudici hanno definito “il rafforzamento del coefficiente psichico delle azioni collettive”, il compartecipe è comunque attratto nell’orbita della fattispecie concorsuale di cui all’art. 110 c p., poiché, comunque, presente nel momento della consumazione del successivo illecito.
Si badi bene, che il rafforzamento del c.d. coefficiente psicologico, potrebbe esser gemmato dalla condivisione del disegno criminale nei suoi vari aspetti, sicché non soltanto nella fase esecutiva, sebbene anche in quella ideativa ovvero preparatoria.
Difatti, la condotta può anche consistere in apporto meramente verbale e quest’ultimo, a sua volta, può esprimersi nell’eccitamento rivolto verso gli altri compartecipi affinché questi ultimi, intenti nell’esecuzione materiale del deliberato proposito criminoso, si determinino, ancor di più, nel realizzare il reato programmato.

3. La distinzione tra la connivenza non punibile ed il concorso morale di persone nel reato


Nel caso da cui è gemmato il principio di diritto licenziato dalla Suprema Corte, ora, in esame, quest’ultima, richiamando i principi elaborati in materia, tratteggia i contorni tra la connivenza non punibile e il rafforzamento psichico nel delitto concorsuale.
Cosicché, quanto alla prima, rammenta che essa postula la consapevolezza, nell’agente, dell’altrui condotta illecita, fermandosi la propria scienza alla soglia del comportamento passivo, mentre, invece, per quanto attiene al secondo, questi richiede la consapevolezza di recare col proprio apporto morale un contributo efficiente alla realizzazione dell’evento avuto di mira, estrinsecantesi anche soltanto nell’eccitamento alla realizzazione del proposito criminoso mediante espressioni verbali. (Conf. Cass. pen., Sez. II, Sent. n. 24496 del 7 giugno 2023; Idem, Sez. I, Sent. n. 8193 del 6 luglio 1987).
Si può, quindi, giungere alla conclusione che nel fenomeno concorsuale, il contributo dei consociati può ben esprimersi non soltanto nell’apporto d’attività materiali, quanto, piuttosto, anche in un reciproco rafforzamento del legale psichico orientato alla realizzazione del reato programmato.
Quindi “…Per essere punibile ai sensi dell’art.110 cod. pen. il contributo psichico, al di là della ipotesi dell’istigatore o del mandante, deve essere espressivo di condivisione rispetto all’evento preso di mira e deve (…) risultare idoneo a realizzare una semplificazione o una agevolazione, in sede progettuale o esecutiva, dell’azione collettiva. Le forme espressive della agevolazione possono risultare sia meramente verbali che accompagnarsi a manifestazioni esteriori di condotte, diverse da quella tipica…”. (Cass. Pen., n. 6237 del 22 febbraio 2022, cit.).
La condotta del compartecipe potrà, eventualmente, esser scrutinata dal giudicante tramite la valutazione di quei fatti che gravitano attorno al fatto principe, ovvero le circostanze, avvalendosi, in punto di graduazione di responsabilità, dei meccanismi offerti dagli artt. 112 e 114 C.p.

4. Conclusioni


Rassegnando le conclusioni, possiamo giungere ad affermare, alla luce delle superiori argomentazioni giuridiche, che, nell’istituto del concorso di persone, ciò che rileva, sul piano della rilevanza penale, è anche l’apporto psichico inteso, però, quest’ultimo, quale rafforzamento reciproco dell’intento volto alla realizzazione del reato finale determinantesi nella convinzione che, la suddivisione delle eventuali conseguenze della responsabilità penale del proposito criminoso licenziato, possa agevolare il raggiungimento della soglia dell’impunità penale.

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