La normativa in materia di procedimento di mediazione prevede che ai relativi incontri debbano partecipare le parti personalmente, ciò in quanto la necessità dell’anzidetta partecipazione è connaturata alla ratio sottesa a tale procedura. In quest’ottica la Cassazione ha illustrato la ratio della normativa sulla mediazione delle controversie civili evidenziando che il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali (Cass. civ., sez. III, 27/03/2019, n. 8473).
In ogni caso il Dlgs 28/2010 considera l’esperimento della mediazione come condizione di procedibilità per i giudizi in materia di condominio: il legislatore ha ritenuto di rendere obbligatoria la mediazione in tale materia in un’ottica deflattiva del carico di lavoro della magistratura.
Per approfondire si consiglia: La Riforma Cartabia della giustizia civile
Indice
1. Il ruolo dell’amministratore
L’art. 5-ter del Dlgs 28/2010, pienamente operativo dal 30 giugno 2023 (c.d. Riforma Cartabia), stabilisce che l’amministratore del condominio ha la legittimazione ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi. Si prevede inoltre l’obbligo di sottoporre il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore all’approvazione dell’assemblea condominiale, che deve deliberare entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’art. 1136 c.c.; e si precisa infine che, in caso di mancata approvazione entro tale termine, la conciliazione si deve considerare non conclusa.
L’amministratore, che non è la parte sostanziale del procedimento, ma solo il legale rappresentante del condominio, si trova così a dover decidere da solo se aderire, o meno, all’istanza di mediazione per non esporre il condominio alle conseguenze negative previste dal D.Lgs. 28/2010 a carico della parte per il caso di mancata partecipazione.
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2. La mancata partecipazione senza giustificato motivo del condomino al procedimento di mediazione: due decisioni significative
Prima che entrasse in vigore la Riforma Cartabia, il Tribunale di Roma ha precisato che nel caso in cui le parti partecipino al primo incontro, ma una o entrambe si rifiutino senza alcuna motivazione di entrare in mediazione, la mediazione si riduce in un adempimento solo formale e, per così dire, svuotato di contenuto, rendendo vano l’obbligo sancito dall’art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010 quale strumento alternativo per la risoluzione delle controversie. Perciò, ad avviso dello stesso giudice, sebbene sia pacifico che nessuno possa essere costretto a conciliare né a mediare una lite, resta ferma la convinzione che il comportamento palesemente preconcetto ed ostativo, che causi o protragga un processo, altrimenti evitabile, dev’essere in qualche modo sanzionato. In questa prospettiva lo stesso giudice ha evidenziato che è censurabile il comportamento di un condominio che non partecipa alla mediazione senza alcun “giustificato motivo impeditivo” avente i caratteri della “assolutezza” e della “non temporaneità”, limitandosi, attraverso il suo amministratore, a manifestare la volontà di non voler entrare in mediazione (Trib. Roma 26 luglio 2023, n. 11746). È stato anche affermato che l’ingiustificata mancata partecipazione alla mediazione costituisce un comportamento doloso, in quanto idoneo a determinare l’introduzione di una procedura giudiziale – evitabile – in un contesto giudiziario, quello italiano, saturo nei numeri e smisuratamente dilatato nella durata dei giudizi, tanto da comportare la condanna al versamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio (Trib. Termini Imerese, 7 aprile 2023, n. 412).
3. Le sanzioni dopo la Riforma Cartabia
La normativa, ante riforma Cartabia, prevedeva che la parte assente senza motivo dovesse corrispondere allo Stato una sanzione di natura processuale (pari alla misura dell’importo versato per il contributo unificato). Con l’entrata in vigore della legge di riforma della Giustizia (Dlgs 149/2022), il legislatore ha aggravato le conseguenze, raddoppiando la sanzione (doppio del valore del contributo unificato dovuto per il giudizio); si tratta di un inasprimento della sanzione rispetto alla precedente disciplina (art 12 bis). La Riforma Cartabia ha inoltre introdotto un’ulteriore sanzione a carico di chi non partecipa senza giustificato motivo alla mediazione obbligatoria. Infatti, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto dall’avvocato della parte vittoriosa, può condannare la parte soccombente, che non abbia partecipato alla mediazione, al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata, in una misura che non ecceda nel massimo le spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione (art. 12-bis del d.lgs. 28/2010). In ogni caso, sulla falsariga della precedente disciplina, viene ricordato che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma secondo.
Tale quadro sanzionatorio non può certo valere, però, nei confronti del condominio che non ha partecipato alla mediazione in quanto non informato dal suo amministratore.
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