Quando si parla di aberrazione di un reato ci si riferisce all’ipotesi in cui si verifichi un errore nella fase esecutiva del reato, cioè quando l’agente provoca un evento diverso da quello voluto.
Per approfondire si consiglia: Schemi e lezioni di diritto penale
Indice
1. Il reato aberrante
Tale fattispecie è disciplinata dagli articoli 82 e 83 c.p. e costituisce la prodromica continuazione della disciplina dell’errore; nel caso del reato aberrante la volontà si forma “correttamente”, ovvero c’è il dolo nel commettere un reato, bensì vi è un c.d. “errore-inabilità” che crea una divergenza tra il voluto ed il realizzato, e questa divergenza è causata da un errore nell’esecuzione, vale a dire nell’estrinsecazione materiale della condotta voluta dal soggetto agente.
Un esempio per chiarire a pieno la fattispecie può essere il seguente: Tizio getta un sasso con l’intento di danneggiare un’autovettura, ma, sbagliando lancio, ferisce un passante che era nelle vicinanze; in questo caso la volontà lesiva persiste, ma non risponderà più di danneggiamento (evento voluto), ma di lesione personale (evento non voluto).
All’interno di questa fattispecie delittuosa sorgono tre sottospecie di reato aberrante, ovvero l’aberratio ictus, l’aberratio delicti e l’aberratio causae.
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2. Aberratio ictus
L’aberratio ictus è la forma più elementare di questa categoria di reati, dal momento che si verifica quando, a causa di un errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, si provoca la lesione o la messa in pericolo di un soggetto diverso da quello che voleva colpire originariamente l’agente; è il caso di Tizio che tira un sasso per colpire Caio, ma sbagliando mira colpisce Sempronio, ferendolo.
Questa fattispecie può essere monolesiva, per meglio dire quando si lesiona solo il soggetto diverso da quello voluto, oppure anche plurilesiva, cioè quando oltre al soggetto non voluto, si colpisce anche il soggetto voluto.
L’elemento soggettivo attribuibile a questa fattispecie è comunque il dolo, dal momento che si ritiene invariata la volontà lesiva, avendo come soggetto passivo semplicemente un individuo diverso.
3. Aberratio delicti
Per quanto riguarda la seconda categoria, ovvero quella dell’aberratio delicti normata dall’art. 83 del codice penale, si ritiene che si verifichi quando, a causa di un errore nell’esecuzione, viene cagionato un evento diverso da quello voluto.
Anche qui si può avere la fattispecie sia monolesiva, sia plurilesiva; con riferimento invece al criterio d’imputazione, questo sarà valutato attribuendo al soggetto agente la responsabilità a titolo di colpa per l’evento diverso da quello voluto, qualora il reato de quo sia punibile a titolo di colpa, e, nel caso in cui si verifichi anche l’evento voluto, risponderà a titolo di dolo con riferimento a quest’ultimo evento, andando a concorrere con il reato colposo eventualmente attribuibile.
La teoria in base alla quale l’agente possa essere punito a titolo di colpa ha fatto smuovere ampi dibattiti; parte della dottrina ha contestato tale interpretazione, sostenendo che una teoria simile non si possa conciliare con i principi fondanti dell’codice penale.
Sempre questa parte di dottrina afferma che l’inciso “a titolo di colpa” andrebbe inteso nel senso che per la punibilità del soggetto è quantomeno necessario che esso abbia cagionato il reato ulteriore almeno con colpa, e non semplicemente con una responsabilità quasi oggettiva, come sembra trasparire dalla lettura del dettato codicistico.
4. Aberratio causae: la fattispecie di creazione dottrinale
Vi è poi l’ultima ipotesi di aberrazione, cioè l’aberratio causae che si realizza quando l’agente provoca l’evento voluto nei confronti del soggetto voluto, ma attraverso una serie causale imprevista e diversa.
Un esempio è quello in cui Tizio vuole uccidere Caio gettandolo nel fiume per farlo annegare, ma nell’atto di gettarlo, gli fa sbattere la testa contro un sasso e Caio muore per il trauma cranico.
L’aberratio causae non è disciplinata dalla legge e si considera irrilevante, difatti se il reato è a forma libera, il dolo può non essere escluso nel caso di specie, se invece il reato è a forma vincolata, non si ha nemmeno reato perché mancano gli elementi tipizzanti e prescritti dalla norma.
Quest’ultima fattispecie si può, dunque, definire di pura cogitazione dottrinale, dal momento che, nella prassi giurisprudenziale, non viene mai presa in esame.
5. Pronunce giurisprudenziali rilevanti
La norma che prende esame la fattispecie più annosa dell’aberrazione, ossia quella delicti, nel tempo ha ricevuto un’attenzione particolare da parte della giurisprudenza; quest’ultima ha tentato di fissare delle linee guida per l’attribuzione di questa categoria autonoma di reato segnatamente in relazione al rapporto con altre fattispecie delittuose quali gli articoli 584 e 586 del codice penale.
Le Sezioni Unite n. 22676 del 2009 sanciscono infatti che « In tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, la morte dell’assuntore di sostanza stupefacente è imputabile alla responsabilità del cedente sempre che, oltre al nesso di causalità materiale, sussista la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale (diversa dalla norma che incrimina la condotta di cessione) e con la prevedibilità ed evitabilità dell’evento, da valutarsi alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale».
L’esegesi di questo importante passaggio giurisprudenziale è la seguente: la colpa per l’evento non voluto deve essere accertata in concreto, con una soglia probatoria sicuramente non indifferente, andando ad incidere anche sulla reale prevedibilità di un evento ulteriore.
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