Il tempo trascorso dalla commissione del reato non rileva per la revoca o la sostituzione di una misura cautelare.
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 299)
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Indice
1. La questione: il tempo trascorso
Un giudice dell’udienza preliminare sostituiva all’imputato la custodia in carcere con gli arresti domiciliari.
Ciò posto, con istanza ex art. 299 cod. proc. pen., dal canto suo, il difensore dell’accusato chiedeva la revoca della misura degli arresti domiciliari o, in subordine, la sua sostituzione con altra meno afflittiva, ma tale istanza era rigettata.
Avverso l’ordinanza di rigetto il difensore proponeva appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. ma, il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del riesame, rigettava questa impugnazione.
Detto questo, nei riguardi di tale ultima ordinanza, presentava ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza e deducendo, tra i motivi ivi addotti, errata applicazione dell’art. 299 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato.
In particolare, per quello che rileva in questa sede, tra le considerazioni, di cui si era avvalsa la Cassazione per procedere alla reiezione di siffatta doglianza, degno di nota è il passaggio argomentativo secondo cui si stimava adeguatamente motivata l’ordinanza impugnata quanto al c.d. ‘tempo silente” (due anni) decorso dalla commissione dei reati, e ciò in ragione di quell’insegnamento di legittimità secondo cui il “tempo trascorso dalla commissione del reato” deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza di custodia cautelare, mentre analoga valutazione non è richiesta dall’art. 299 cod. proc. pen. ai fini della revoca o sostituzione della misura (tra le altre, Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020; Sez. 2, n. 46368 del 14/09/2016).
Il Supremo Consesso, pertanto, dichiarava il ricorso proposto inammissibile e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che il tempo trascorso dalla commissione del reato non rileva per la revoca o la sostituzione di una misura cautelare.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un precedente indirizzo interpretativo, che il “tempo trascorso dalla commissione del reato” deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza di custodia cautelare, mentre analoga valutazione non è richiesta dall’art. 299 cod. proc. pen. ai fini della revoca o sostituzione della misura.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, addurre siffatta circostanza temporale laddove si chieda la revoca o la sostituzione di una misura cautelare.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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