Responsabilità civile dei magistrati: nuova sentenza della Cassazione

Allegati

Con l’ordinanza numero 30309 del 31/10/2023 la III sezione della suprema Corte (Pres. Frasca – relatore Iannello) ribadisce l’interpretazione costituzionalmente orientata, e frutto di un arresto della Corte Costituzionale (Sent. 205/22) dell’art. 2 comma I della Legge 117/88 (responsabilità civile dei Magistrati) nella parte in cui dispone che il danno non patrimoniale è risarcibile solo in ipotesi di provvedimenti illegittimi che si sostanziano in privazione della libertà personale.

Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Ord. n. 30309 del 31/10/2023

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Indice

1. I fatti di causa e i giudizi di merito

La responsabilità civile dei magistrati è disciplinata oggi dalla Legge 117/88, emendata dalla Legge 18/2015. Il caso esaminato dalla Suprema Corte, tuttavia, rientrava sotto l’egida della previgente disciplina la quale, all’art. 2, I comma, prevedeva che il danneggiato potesse vedersi risarcito il danno non patrimoniale solo in caso di provvedimento giudiziale che ne aveva disposto la privazione della libertà personale.
I fatti di causa sono i seguenti.
Tizio agisce in giudizio contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e Caio, quest’ultimo nella qualità di sostituto procuratore della repubblica, per vedersi risarcire i danni non patrimoniali subiti in seguito a una serie di provvedimenti cautelari di natura reale, adottati dal magistrato e accertati come illegittimi. In particolare Tizio, ottenuto il risarcimento per i danni patrimoniali, invocava anche il ristoro dei danni non patrimoniali.
La domanda veniva respinta sia in primo che in secondo grado, sulla scorta del dato letterale della norma applicabile ratione temporis, appunto la Legge 117/88, articolo 2 I comma, che escludeva il danno non patrimoniale in ipotesi di provvedimenti illegittimi che non avevano leso la libertà personale del cittadino.

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2. Responsabilità civile dei magistrati: il giudizio in Cassazione

La pronuncia viene cassata dalla Corte, la quale non deve fare altro che richiamare quanto statuito dalla Corte Costituzionale, su questione di costituzionalità sollevata dalla stessa III Sezione della Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 205/2022.
Detta pronuncia, infatti, ha così statuito: “1) dichiara l’illegittimità costituzionale della L. 13 aprile 1988, n. 117, art. 2, comma 1 (Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), nel testo antecedente alla modifica apportata dalla L. 27 febbraio 2015, n. 18, art. 2, comma 1, lett. a), (Disciplina della responsabilità civile dei magistrati), nella parte in cui non prevede il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesione dei diritti inviolabili della persona diversi dalla libertà personale; 2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale della L. n. 18 del 2015, art. 2, comma 1, lett. a), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., dalla Corte di cassazione, sezione terza civile.
La Corte Costituzionale, in particolare, ha ritenuto irragionevole la scelta del legislatore di negare la piena tutela risarcitoria, estesa ai danni non patrimoniali, ai diritti inviolabili della persona diversi dalla liberà personale, che la Costituzione riconosce e garantisce all’art. 2 Cost., e ai quali si ascrive certamente anche il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.
In particolare, dalla lettura della sentenza costituzionale emerge che:
– la selezione di un unico diritto inviolabile della persona (la libertà di cui all’art. 13 Cost.), cui garantire, a fronte di un illecito civile, piena ed effettiva tutela risarcitoria, appalesa oggi, con il maturare della consapevolezza circa la rilevanza e le funzioni del risarcimento dei danni non patrimoniali a tutela dei diritti inviolabili della persona, i tratti della irragionevolezza e, dunque, della contrarietà all’art. 3 Cost.;
– la selezione di un solo diritto inviolabile della persona da proteggere con il risarcimento dei danni non patrimoniali, anche fuori dai casi di reato, non è giustificata dalla specificità dell’illecito civile da esercizio della funzione giudiziaria. L’esigenza di preservare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura rileva nella definizione del confine fra lecito e illecito e nella dialettica tra azione civile diretta nei confronti dello Stato e azione di rivalsa nei riguardi del magistrato. Sono questi i profili della disciplina volti a realizzare il “delicato bilanciamento” tra i principi di cui agli artt. 101 e 103 Cost., e gli interessi di chi risulta “ingiustamente danneggiato” (sentenza n. 164 del 2017, che richiama affermazioni già svolte nella sentenza n. 2 del 1968). Viceversa, una volta delimitato il campo dell’illecito, a beneficio della serenità e dell’autonomia del giudice nello svolgimento delle sue funzioni (sentenze n. 49 del 2022, n. 164 del 2017, n. 18 del 1989, n. 26 del 1987 e n. 2 del 1968), non si ravvisano ragioni idonee a giustificare una compressione di quella tutela essenziale dei diritti inviolabili della persona, che è data dal risarcimento dei danni non patrimoniali;
– in secondo luogo, se è vero che la libertà personale, di cui all’art. 13 Cost., può ritenersi esposta a subire pregiudizi particolarmente gravi per effetto dell’illecito del magistrato, simile circostanza rileva su un piano meramente di fatto, del tutto inidoneo a giustificare l’esclusione dalla tutela degli altri diritti inviolabili della persona, parimenti suscettibili di subire danni in conseguenza di una acclarata responsabilità del magistrato. Al contempo, pur potendosi ben configurare, in concreto, diversi livelli di gravità dell’illecito, nondimeno è certamente da escludere una astratta differenziazione, rispetto a un rimedio civile che offre una tutela basilare, dei diritti inviolabili della persona, evocatrice, in tale ambito, di una insostenibile gerarchia interna a tale categoria di diritti.
La questione, come detto, oggi è risolta anche in ragione dell’intervento riformatore del legislatore che si è adeguato alla statuizione della Corte Costituzionale.
Il ricorso viene, quindi, accolto.

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Michele Allamprese

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