Provando ad immaginare d’esser nella veste di conduttore dell’appartamento ubicato al di sotto del lastricato solare e/o terrazza a livello, e supponiamo che da questi ultimi si siano generati dei fenomeni d’infiltrazioni d’acqua che interessino l’unità immobiliare locata.
La prima domanda che ci porremo è la seguente: in qualità di conduttori possiamo agire direttamente avverso il proprietario dell’unità immobiliare sovrastante usuario esclusivo della terrazza a livello?
Indice
- 1. La responsabilità per i danni da cose in custodia, ex art 2051, C.c., del proprietario usuario del lastricato solare.
- 2. La concorrente responsabilità del condominio
- 3. Il meccanismo di ripartizione delle spese ex art. 1126, c.c.
- 4. Il diritto del conduttore d’agire avverso le molestie di fatto ex art. 1585, comma secondo, c.c.
- 5. Conclusioni: la richiesta di risarcimento
1. La responsabilità per i danni da cose in custodia, ex art 2051, C.c., del proprietario usuario del lastricato solare.
Al quesito testé posto, ci vien in soccorso la giurisprudenza della Suprema Corte rammentandoci che, in tema di danni da infiltrazioni d’acqua provenienti dalla terrazza a livello, due son i soggetti giuridici chiamati a risponderne, e precisamente il proprietario dell’unità immobiliare posta all’ultimo piano, sui cui insiste la detta terrazza, ed il condominio, sempreché la responsabilità dell’evento non sia imputabile esclusivamente ad uno di questi due.
Le Sezioni Uniti Civili statuiscono che “…allorquando l’uso del lastricato solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivano nell’appartamento sottostante, rispondono sia il proprietario o l’usuario del lastricato solare (o della terrazza a livello), in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastricato solare (o terrazza a livello), ancorché di proprietà esclusiva, o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art.1130, comma 1, n.4) ed all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, coma 1, n,4)…”. (Cass. Civ., Sez. Un., n. 9949 del 10 maggio 2016; Trib. Monza, Sez. II, Sent. n.3276 del 31 ottobre 2019).
Partendo dal proprietario dell’appartamento posto all’ultimo piano, che ha in uso esclusivo la terrazza a livello, dacché la definizione giuridica anche di usuario, il titolo giuridico sulla cui base è radicata la sua responsabilità è quello dell’art. 2051, C.c., e, cioè, la responsabilità per danni da cose in custodia.
Aprendo, seppur brevemente, una parentesi sul detto titolo di responsabilità, possiam ben dire che trattasi d’una responsabilità speciale di tipo aquiliano, in funzione del quale si sancisce una presunzione di responsabilità per colpa in capo al custode della cosa.
Si ascrive la responsabilità presunta in capo al custode della cosa per via della relazione materiale che corre tra il primo e la seconda, gemmata da un titolo legale o negoziale. Difatti, il custode è chiamato a rispondere dei danni cagionati dalla cosa nei limiti in cui questi può esercitare sulla medesima un effettivo potere di controllo. Ed, indi, sul custode grava l’obbligo di custodia, che, per l’appunto, si esprime nell’obbligo di controllo, vigilanza e di manutenzione della res.
In tal senso, la giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato, quale principio valevole sia per i soggetti pubblici che privati, che” …la custodia consiste nel potere di effettiva disponibilità e controllo della cosa…custodi sono tutti i soggetti, pubblici o privati, che hanno il possesso o la detenzione (legittima o anche abusiva (…)) della cosa…”. (Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 3651 del 20 febbraio 2006).
Ne viene che i presupposti che conducono all’applicazione della responsabilità in questione sono la custodia e la derivazione del danno dalla cosa, quest’ultima da intendersi come res animata, inanimata, liquida, gassosa, inerte, come emerge dal formante giurisprudenziale in materia. (Cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sent. n. 3651/2006, cit.).
Quale speciale forma di responsabilità aquiliana, l’art. 2051, C.c., rispetto alla clausola generale del neminem laedere, di cui all’art. 2043, C.c., genera un’inversione dell’onere probatorio a carico del danneggiato. Se nella responsabilità aquiliana, il danneggiante deve provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito civile (condotta, nesso causale, danno evento e, di poi, il danno conseguenza, quale posta risarcitoria), in quella per danni da cose in custodia, questi dovrà provare soltanto l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento, oltre all’indicazione dell’entità del danno subito, onere che potrà esser assolto anche ricorrendo alle presunzioni. (Cass.Civ., Sez. III, Sent. n. 5658 del 9 marzo 2010).
Mentre il custode potrà andar esente da tal responsabilità, dimostrando che, invero, l’evento dannoso, gemmato dalla cosa di cui aveva la custodia, è stato causato dal caso fortuito, quest’ultimo da intendersi come un evento eccezionale che, in quante tale, era imprevedibile ed insuperabile alla stregua d’un normale sforzo di diligenza media. L’effettiva disponibilità della res da parte del custode agevolerebbe questi nel dar prova che l’evento dannoso s’è generato per caso fortuito, e ciò anche in ossequio al principio della vicinanza della prova. (Cass. Civ., Sez.III, Sent. n. 13222 del 27 giugno 2016).
Laddove il danno generato dalla cosa sia ascrivibile al custode per l’omessa diligenza media dovuta, la responsabilità che ne scaturisce deve intendersi come una responsabilità per colpa presunta, e ciò tanto più ove il danneggiante sia chiamato a spogliarsi della presunta responsabilità dimostrando di non esser incorso nella colpa, nel senso, cioè, di dar la prova liberatoria d’essersi impegnato, alla stregua della normale diligenza, adottando le misure e le cautele opportune affinché dal bene in custodia non si generassero eventi dannosi.
Il rapporto eziologico tra la cosa e l’evento potrebbe esser interrotto anche dall’intervento d’un terzo ovvero dal concorso dello stesso soggetto danneggiato, venendo in rilievo, in tal ultimo caso, il concorso di responsabilità del creditore ad opera del secondo comma dell’art. 1227, C.c., che conduce ad una diminuzione della posta risarcitoria. (Cfr. Cass.Civ., Sez. III, Sent. n. 5658/2010, cit.).
2. La concorrente responsabilità del condominio
Posto che il condominio è custode delle cose comuni, sicché anche del lastricato solare, il quale adempie alla funzione di copertura, in tutto od in parte, delle unità immobiliari sottostanti, dei danni causati dalle dispersioni d’acqua ne risponde tanto questi, in virtù dell’art. 1130, comma uno, n. 4, C.c., quanto l’assemblea condominiale, in specie allorché quest’ultima ometta d’eseguire le opere di manutenzione ordinaria ovvero straordinaria, ai sensi dell’art. 1135, comma 1, n. 4, C.c., ora nella formulazione della L. n. 220/2012. (Cass. Civ., Sez. Un., n. 9949/2016, cit.; Trib. Monza, Sez. II, Sent. n.3276/2019, cit.).
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3. Il meccanismo di ripartizione delle spese ex art. 1126, c.c.
Evocati, indi, i profili di responsabilità tanto del proprietario dell’unità immobiliare che ha in uso il lastricato solare, quanto del condominio, essendo gravanti sui medesimi l’obbligo di custodia e di manutenzione della cosa comune de quo, la ripartizione, sia della spesa per eseguire i lavori di manutenzione volti ad eliminare la causa del danno, sia quella attinente alle poste risarcitorie da liquidarsi in favore del condomino danneggiato dalle dispersioni d’acqua, avverrà sulla base del meccanismo posto dall’art. 1126, C.c.
E, pertanto, sulla scorta della norma giuridica da ultimo citata, il proprietario ovvero usuario del lastricato solare sarà chiamato a rispondere per un terzo della predetta spesa complessiva, mentre, il condominio, compreso, indi, il condomino danneggiato, per i restanti due terzi.
Valga, in tal senso, quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, a mente della quale “…il criterio di riparto previsto dall’art. 1226 c.c. per le spese di riparazione o “costruzione costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa nei termini in essa delineati, valevoli anche ai fini della ripartizione del danno cagionato dalla cosa comune…”. (Cass. Civ., Sez. Un., n. 9949/2016, cit.; Conformi Corte App. Milano, Sez.II, Sent. n. 2284 del 29 giugno 2022; Trib. Latina, Sez. I, Sent. n. 1664 dell’8 settembre 2022).
4. Il diritto del conduttore d’agire avverso le molestie di fatto ex art. 1585, comma secondo, c.c.
Ebbene, avendo delineato la responsabilità tanto del proprietario che ha in uso il lastricato solare, quanto dell’ente condominiale, par lecito domandarci se anche il conduttore dell’unità immobiliare, danneggiata dalle dispersioni d’acqua, possa, in qualche modo, agire direttamente nei confronti dei predetti soggetti.
Ed, ancora, una volta, al quesito ci vien in soccorso la giurisprudenza della Suprema Corte affermando che “…si deve, infatti, riconoscere in capo al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della res locata, in quanto, qualora nell’immobile si verifichi un’infiltrazione il conduttore ex art. 1585, c.c., comma due gode di una autonoma legittimazione a proporre azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno…”. (Cass. Civ., Sez.III, Ord. n. 8466 del 5 maggio 2020; Idem, Sez.III, Sent. n. 17881 del 31 agosto 2011).
Nella stessa direzione, giunge anche la giurisprudenza di merito che statuisce che” … nell’ipotesi invece in cui i terzi non avanzino pretese di natura giuridica ma arrechino pregiudizio al godimento del conduttore mediante impedimenti concreti o attività materiali ostative (…) si realizzano molestie di fatto per le quali la garanzia del locatore non è prevista ed il conduttore può agire direttamente nei confronti dei terzi ai sensi del comma due dell’art. 1585 c.c..”. (Trib. Torre Annunziata, Sez. II, Sent. n. 1738 del 13 luglio 2022; Trib. Roma, Sez. XII, Sent. n. 7862 del 18 aprile 2012).
Il diritto ad agire del conduttore direttamente contro tanto il proprietario usuario del lastricato solare, quanto del condominio, sorge per il fatto d’esser un detentore qualificato dell’immobile ed, in specie, per aver egli subito i danni causati dalle infiltrazioni d’acqua sul suo mobilio.
5. Conclusioni: la richiesta di risarcimento
Rassegnando le conclusioni possiam dalla presente trattazione, trarre i seguenti principi.
Anzitutto, in base alla responsabilità per i danni da cose in custodia, di cui all’art. 2051, C.c., il proprietario dell’unità immobiliare che ha in uso esclusivo il lastricato solare ed il condominio, entrambi custodi della cosa comune, sono vocati a rispondere, in favore del condomino dell’appartamento sottostante, dei danni gemmati dalle infiltrazioni d’acqua scaturenti dal detto lastricato.
Se il fatto generatore del danno non sia ascrivibile al proprietario del lastricato od al condominio, ai sensi dell’art. 1126, C.c., la ripartizione delle spese necessarie sia per eliminare la causa del danno, sia per liquidare le poste risarcitorie dovute in favore del proprietario danneggiato dell’unità immobiliare sottostante, graverà per un terzo sul primo e per i due terzi sul secondo.
Di, poi, apprendiamo che, ai sensi del secondo comma dell’art. 1585, C.c., anche il conduttore può agire nei confronti tanto del proprietario usuario del lastricato solare quanto del condominio, qualora nell’unità immobiliare locatagli abbia subito dei danni a causa delle infiltrazioni d’acqua generatasi dal lastricato solare in uso esclusivo al proprietario dell’unità immobiliare sovrastante.
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