Applicabilità dell’elezione di domicilio ex art. 581, co. 1-ter c.p.p. per la parte civile

Allegati

La Quinta Sezione penale ha affermato che non trova applicazione nei confronti della parte civile, del responsabile civile e del soggetto civilmente obbligato per la pena pecuniaria la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, posto che tale adempimento risulterebbe inutile ed eccessivamente formalistico, in ragione dello statuto processuale di tali parti, rinvenibile negli artt. 100, commi 1 e 5, e 154, comma 4, cod. proc. pen.

Si consiglia il seguente volume, il quale esamina, con un approccio chiaro e pratico, i presupposti e le modalità per la costituzione di parte civile nel giudizio penale alla luce delle significative novità introdotte dalla c.d. riforma Cartabia (nuove decadenze per la costituzione, elezione di domicilio, procura speciale): Costituzione di parte civile dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione – Sez. V Pen. – Sent. n. 6993 del 15/02/2024

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Indice

1. I fatti

La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dalla parte civile nel procedimento a carico dell’imputato (assolto dal giudice di pace di Termini Imerese) avverso l’ordinanza del Tribunale di Termini Imerese con cui è stato dichiarato inammissibile l’appello proposto dal proprio difensore di fiducia per violazione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., rilevata la mancata dichiarazione o elezione di domicilio a fini di notifica del decreto di citazione a giudizio in appello.
Il ricorrente evidenzia come la disposizione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. non possa essere riferita alla parte civile, la quale, secondo l’art. 100, comma 5, cod. proc. pen., per ogni effetto processuale” ha domicilio presso il difensore, tanto che presso il difensore devono essere eseguite le notificazioni ex art. 154, comma 4, cod. proc. pen.
Si consiglia il seguente volume, il quale esamina, con un approccio chiaro e pratico, i presupposti e le modalità per la costituzione di parte civile nel giudizio penale alla luce delle significative novità introdotte dalla c.d. riforma Cartabia (nuove decadenze per la costituzione, elezione di domicilio, procura speciale):

FORMATO CARTACEO

Costituzione di parte civile dopo la riforma Cartabia

Il presente volume esamina, con un approccio chiaro e pratico, i presupposti e le modalità per la costituzione di parte civile nel giudizio penale alla luce delle significative novità introdotte dalla c.d. riforma Cartabia (nuove decadenze per la costituzione, elezione di domicilio, procura speciale).La trattazione – nella quale sono presenti anche rimandi alla nuova disciplina del Portale deposito atti penali (PDP) – si caratterizza per la semplicità dell’impostazione e la ricchezza dei riferimenti giurisprudenziali, così da agevolare anche i (molti) avvocati civilisti che, sempre più spesso, patrocinano le parti civili nel processo penale.L’attenzione è rivolta agli aspetti pratici e operativi, con particolare riferimento alle criticità dell’istituto, così da evitare gli errori più frequenti nei quali più comunemente si incorre (ad esempio, il deposito tardivo della lista testimoniale, la mancanza della procura speciale, la nomina del sostituto processuale).Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma, già componente del Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma previsto dalla legge costituzionale n. 1/1989. Docente della Scuola Superiore della Magistratura, è autore di numerose pubblicazioni.

Paolo Emilio De Simone | Maggioli Editore 2023

2. Elezione di domicilio ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. per la parte civile: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso, osserva che l’art. 100, comma 1, cod. proc. pen., in effetti, stabilisce che la parte civile, così come il responsabile civile e la persona civilmente obbligata, stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale e, secondo il successivo comma 5, il domicilio delle parti private indicate nel comma 1, per ogni effetto processuale, si intende eletto presso il difensore.
Inoltre, l’art. 154, comma 4, cod. proc. pen., stabilisce che le notificazioni alla parte civile costituita in giudizio siano eseguite presso il difensore, sicché anche il decreto di citazione per il giudizio di appello va notificato alla parte civile presso il difensore.
Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma Cartabia) ha introdotto, tra le varie novità in tema di impugnazioni e processo, la disposizione del comma 1-ter all’interno dell’art. 581 cod. proc. pen., con cui si è previsto che, con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio in appello.
L’intenzione del legislatore alla base della scelta di imporre tale onere alle parti private impugnanti è, ad avviso della Corte, quella di ridurre la probabilità di celebrare giudizi di gravame nei confronti di soggetti non effettivamente a conoscenza della data dell’udienza, responsabilizzandole attraverso la richiesta di indicare un indirizzo effettivamente utile, dove ricevere notificazioni concernenti giudizi che le riguardano.
La Suprema Corte ritiene che “imporre alla parte civile – la quale abbia proposto appello depositandolo presso la cancelleria del giudice – l’obbligo di depositare, unitamente all’atto d’impugnazione, una dichiarazione o elezione di domicilio, equivarrebbe a proporre una lettura asistematica della disposizione innovatrice dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., rispetto alla complessa architettura processuale che regola lo stare in giudizio della parte civile, rappresentando di fatto, un onere inutile, privo di qualsiasi giustificazione per chi intenda accedere alla tutela dei propri diritti attraverso l’impugnazione dinanzi a un giudice“.
La Corte sostiene che non vi sia dubbio che l’indicazione letterale della disposizione prevista dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. faccia riferimento alle “parti private”, senza alcuna ulteriore specificazione, quali destinatarie dell’obbligo – stabilito a pena di inammissibilità – di depositare dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione in appello. Tuttavia, nel novero di tali parti private, non possono rientrare la parte civile, il responsabile civile e il soggetto civilmente obbligato per la pena pecuniaria, “dato che tali parti processuali, a norma dell’art. 100, comma 5, cod. proc. pen., vedono il proprio domicilio eletto già prefissato normativamente, per ogni effetto processuale, presso il loro difensore. E presso tale difensore deve essere eseguita anche la notificazione, a norma dell’art. 154, comma 4, cod. proc. pen.”.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione, richiamando anche la giurisprudenza di Strasburgo, sottolinea che “l’applicazione da parte delle Corti nazionali di formalità ingiustificate o irragionevoli da osservare per proporre un ricorso (e a maggior ragione un’impugnazione di merito in appello) rischia di violare il diritto di accesso alla giustizia, compromettendolo nella sua essenza, quando l’interpretazione eccessivamente formalistica della legge ordinaria impedisce di fatto l’esame nel merito del ricorso proposto dall’interessato“.
Ad avviso della Corte, insomma, sarebbe superfluo pretendere che la parte civile ribadisca un’elezione di domicilio presso il difensore munito di procura speciale, attraverso la mediazione del quale è autorizzata a stare in giudizio.
Si tratta di una scelta interpretativa che tiene conto della necessità di evitare che la sanzione di inammissibilità dell’impugnazione si fondi su un’interpretazione di un parametro normativo caratterizzata da eccessivo formalismo e dell’esigenza di dare più attuazione ai principi del fair trial stabiliti dall’art. 6 CEDU, come interpretati dalla Corte europea dei diritti umani.
La Cassazione ha, quindi, annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Termini Imerese per l’ulteriore corso.

Riccardo Polito

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