La distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi

Mario Maesano 01/03/24

Approfondimento sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi.

Volume consigliato per avere un quadro più chiaro sull’importanza del diritto amministrativo e sulla sua evoluzione: Il diritto amministrativo nella giurisprudenza

Indice

1. Premessa

Per potere dare seguito a siffatta trattazione è opportuno dare una definizione di situazione giuridiche soggettive in quanto il diritto soggettivo e l’interesse legittimo rientrano nell’ambito delle situazioni giuridiche soggettive attive o di vantaggio.
L’espressione situazioni giuridiche soggettive designa nel loro insieme le posizioni dei soggetti all’interno di un rapporto giuridico.
Tuttavia esiste una correlazione tra la nozione di soggetto di diritto e la nozione di situazione giuridica soggettiva.
La quale presuppone che il contenuto della norma che è suo compito descrivere e sistematizzare, possa essere rappresentato, anzitutto, in riferimento ai comportamenti dei soggetti che esse regolano: facoltizzandolo, imponendolo o vietandolo loro; a soggetti in primo luogo persone fisiche, e, inoltre, con l’utilizzazione del notevole sforzo di teorizzazione di cui è frutto la nozione di persone giuridiche, anche a queste ultime [1].
Ma che, poi, per ragioni dogmatiche generali concettualizza quei comportamenti dei soggetti regolati dalle norme che deve rappresentare, come espressione di situazioni nelle quali le norme stesse li collocano: per il solo fatto che ne disciplinano l’agire, seppur così variamente.
Così, in relazione alle norme che rendono possibili a soggetti giuridici determinati comportamenti, vengono definite situazioni di quei soggetti stessi, loro situazione appunto giuridiche, che possono distinguersi in situazioni favorevoli, o attive, o positive: e ciò in ragione della preminenza, ovvero della subordinazione, dell’interesse di cui ciascuno dei soggetti è portatore all’interno del rapporto medesimo [2].
Rientrano nell’ambito delle situazioni giuridiche attive i diritti soggettivi, le potestà, le facoltà, le aspettative e gli interessi legittimi.
E, in relazione alle norme che viceversa vincolano in diverso modo comportamenti soggettivi vengono definite situazione giuridiche soggettive passive e rientrano in questa categoria i doveri, gli obblighi e gli oneri [3].
Quanto detto consente, dunque, di rilevare che le situazioni giuridiche soggettive sono la qualificazione formale che l’ordinamento attribuisce agli interessi individuali coinvolti nel rapporto: Le situazioni giuridiche soggettive pertanto, sono gli interessi umani a costituire la “sostanza” del fenomeno e la loro qualificazione (ad esempio come diritti o come aspettative) serve a indicare sinteticamente la “misura” della loro tutela.
In termini diversi si può dire che l’ordinamento giuridico (o, se si preferisce, il diritto obiettivo, ovvero il sistema complessivo delle regole giuridiche) si manifesta in concreto attribuendo ai soggetti giuridici qualificazioni relative al loro avere (ossia ai loro interessi) e al loro agire (ossia ai loro comportamenti).
Queste qualificazioni (o, meglio, le entità in quanto giuridicamente qualificate) sono le situazioni giuridiche soggettive. Esse non sono altro che le regole giuridiche considerate dalla parte dei soggetti dell’ordinamento: per questo sono entità da un lato giuridiche e dall’altro soggettive [4].
Sono, come è stato detto (con riferimento al diritto soggettivo), «il riflesso immediato della norma in rapporto al soggetto» [5].
Da questo punto di vista, si può dire che lo stesso ordinamento giuridico non è altro che una trama di situazioni giuridiche soggettive, intese come concretizzazione di norme in ordine ai soggetti.
Per situazione giuridica soggettiva si può quindi intendere «la situazione, o posizione, in cui viene a trovarsi un soggetto, per effetto della applicazione di una o più regole di diritto» [6].
Dati i limiti della trattazione di tale argomento in questa sede, è opportuno illustrare le situazioni giuridiche soggettive proprie del (o che più frequentemente si incontrano nel) diritto amministrativo [7].
Volume consigliato per avere un quadro più chiaro sull’importanza del diritto amministrativo e sulla sua evoluzione:

FORMATO CARTACEO

Il diritto amministrativo nella giurisprudenza

Il volume raccoglie 62 pronunce che rappresentano significativamente i principi fondamentali, gli istituti e le regole del diritto amministrativo sostanziale e processuale; fornendo – anzitutto agli studenti – uno strumento che consente di cogliere la sostanza di quanto nei manuali viene descritto in termini generali e, in definitiva, i modi concreti in cui il diritto amministrativo opera e interviene sulle situazioni reali. La suddivisione degli argomenti ricalca, in via di massima, lo schema seguito nelle trattazioni manualistiche. Per ogni argomento si esaminano una o due decisioni, rese in sede giurisdizionale o anche consultiva. La struttura di ciascun contributo è così articolata: il quadro generale; la vicenda; la sentenza o il parere; il commento; la bibliografia di riferimento. Nei contributi in cui vengono esaminate due decisioni, lo schema “la vicenda – la sentenza (o il parere) – il commento” si ripete per entrambe. IL QUADRO GENERALE tende precisamente a collocare la singola pronuncia nel contesto dei principi e delle regole che la riguardano, anche con rinvio ad essenziali riferimenti di dottrina. Segue, quindi, LA VICENDA, vale a dire la descrizione dei fatti da cui trae origine la controversia. I fatti sono talora noti, riferendosi a vicende importanti, oggetto di attenzione da parte dei media; in altri casi, sono invece eventi di minore importanza, capitati a cittadini comuni in circostanze ordinarie. Si tratta, comunque, di casi che si presentano particolarmente idonei ad evidenziare profili rilevanti del diritto amministrativo. Nella parte concernente LA SENTENZA o IL PARERE, poi, viene riportato un estratto della pronuncia del giudice (Consiglio di Stato, T.A.R., Cassazione, Corte costituzionale) che risolve la questione. Infine, IL COMMENTO tende a fornire qualche elemento per collocare la pronuncia nel contesto più generale della giurisprudenza, segnalando se l’orientamento adottato si presenti, rispetto ai precedenti, pacifico o quanto meno prevalente, o se sia all’opposto minoritario o, ancora, se si tratti di un caso privo di precedenti. Al termine di ogni contributo, nella BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO è fornito un elenco essenziale delle opere bibliografiche richiamate nel testo, secondo il modello di citazione “all’americana”. Marzia De Donno Ricercatrice TD B di Diritto amministrativo, Università degli studi di Ferrara. Gianluca Gardini Professore ordinario di Diritto amministrativo, Università degli studi di Ferrara. Marco Magri Professore ordinario di Diritto amministrativo, Università degli studi di Ferrara.

A cura di Marzia De Donno, Gianluca Gardini e Marco Magri | Maggioli Editore 2022

2. Principi generali del diritto e tutela giurisdizionale

Nel diritto romano furono elaborati alcuni concetti giuridici fondamentali contrapposti tra loro come diritto e religione (ius e fas), giustizia ed equità (iustitia eaequitas), diritto pubblico e diritto privato (ius publicum e ius privatum), diritto civile e diritto onorario (ius civile e ius honorarium), diritto scritto e non scritto (ius scriptum e ius non scriptum), diritto comune e diritto singolare (ius comune e ius singulare), dottrina e legge (iura e leges), così come diritto civile delle genti e diritto naturale (ius civile, ius gentium e ius naturale).
Occorre rilevare, che nel diritto romano il termine ius indicava il diritto in senso oggettivo, vale a dire, la norma (lex-ius-regula), e in senso soggettivo la facultas, intesa come il potere giuridico che apparteneva, in concreto, a un soggetto di diritto in un determinato momento e che doveva essere inseparabilmente unita all’idea di actio (azione), che consisteva nel potere di andare nei tribunali per chiedere giustizia, di modo che non c’era facultas senza una actio corrispondente [8].
Tale impostazione è stata ripresa dal diritto moderno e dalla giustizia amministrativa con riferimento alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive.
Le situazioni giuridiche soggettive individuali nel diritto amministrativo, e, più precisamente, le situazioni giuridiche che il soggetto individuale può vantare nei confronti dell’amministrazione, sono delineate secondo la fondamentale bipartizione in diritti soggettivi e interessi legittimi.
Il sistema della giustizia attuale prevede due giurisdizioni, una ordinaria e una amministrativa.
Un problema primario risulta dunque quello di individuare il criterio in base al quale ciascuna di esse risulta competente.
Tale criterio, tradizionalmente, viene individuato nella posizione giuridica soggettiva da tutelare, vale a dire che si tratti di diritto soggettivo, la cui tutela è affidata al giudice ordinario, ovvero di interesse legittimo, la cui tutela è devoluta al giudice amministrativo.
Si tratta di un criterio non valido in assoluto, dal momento che negli ultimi anni si sono moltiplicate le fattispecie che il legislatore ha voluto devolvere in via esclusiva al Giudice amministrativo, attribuendo a quest’ultimo tanto la competenza in materia di interessi legittimi quanto in materia di diritti soggettivi.
Infatti, l’art. 24 stabilisce che “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” (comma 1).
Rispetto a tale disposizione, l’art. 103 della Costituzione aggiunge che “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”.
Si ricordi, comunque che la stessa norma prevede anche casi in cui la competenza di alcuni tribunali amministrativi è individuata per materia, come nel caso della Corte dei Conti e dei Tribunali di guerra.
Infatti, recita sempre l’art. 103 che “La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.
I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate
”.
Occorre infine considerare l’art. 113 della Costituzione, per il quale “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa “(comma 1) e “La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa” (comma 3). Esso infatti specifica che, tale tutela non può essere limitata in alcun modo, e nei confronti di determinate categorie di atti [9].
Con la sentenza n. 500 del 1999 della Corte di cassazione ha determinato una svolta epocale nella vita della giustizia amministrativa.
La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente l’orientamento giurisprudenziale in materia di risarcibilità del danno in ambito amministrativo, attenuando quella differenza netta che distingueva i diritti soggettivi dagli interessi legittimi.
La Corte di Cassazione ha statuito che la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra nelle fattispecie della responsabilità aquiliana (ovvero responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.) solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto. Ciò non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale.
Potrà infatti pervenirsi al risarcimento soltanto se l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento.
In altri termini, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo [10].
Rispetto a tale questione, occorre opportuno ricordare la sentenza n. 204 della Corte Costituzionale, la quale ha sancito che l’azione risarcitoria è devoluta al giudice amministrativo, in quanto si caratterizza come una tecnica di tutela dell’interesse legittimo.
In particolare infatti, essa ha specificato che “il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una nuova materia …bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione”.
In tale senso quindi, il compito del giudice amministrativo è sempre di più volto ad accertare (tramite una garanzia soggettiva) l’illegittimo esercizio del potere, e nel caso in cui quest’ultimo individuasse l’illegittimità dell’azione amministrativa, utilizzare lo strumento del risarcimento come rimedio residuale nei confronti dell’individuo leso [11].
In particolare poi, il Consiglio di Stato in seduta plenaria, attraverso la sentenza n. 7 del 12 aprile 2016, sancisce definitivamente che l’attribuzione della giurisdizione esclusiva di specifiche materie, al giudice amministrativo, comprende necessariamente una competenza piena e non circoscritta esclusivamente all’esercizio discrezionale del potere.

3. I criteri di distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi

Occorre invia preliminare dare una definizione di diritto soggettivo e di interesse legittimo.
Per quanto ci riguarda dobbiamo partire dal presupposto, che alcune definizioni sono state elaborate dalla dottrina tedesca e in seguito anche da quella italiana e in questa sede occorre ricordare come un tempo le varie teorie ponevano l’accento sull’elemento volontà o sull’elemento interesse risultando oggi sorpassate e l’elemento caratterizzante il diritto soggettivo venga colto piuttosto nella preferenza accordata dalla legge a un soggetto relativamente al godimento di un bene, col riconoscere lecita la fruizione da parte sua e illecita, per contro, di ogni altro (diritto reale), o nella prevalenza accordata alla legge a un soggetto relativamente all’effettuazione di un’attività da parte di un altro, con l’attribuzione a questo dell’obbligo di compierla (diritto di obbligazione).
Come risulta chiaro, in questa nozione l’elemento volontà rimane del tutto estraneo, mentre elemento interesse viene ad assumere il ruolo di ragion d’essere del diritto; laddove il momento centrale è dato dalla preminenza – che si traduce nella tutela e nella garanzia prestate dall’ordinamento – data ad un soggetto piuttosto che ad altri, in ordine all’utilizzazione di un bene o al compimento di un’attività – o meglio, più latamente, all’osservanza di un comportamento – da parte di un terzo [12].
Mentre l’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva sostanziale che l’ordinamento generale non protegge prioritariamente rispetto agli interessi pubblici di cui demanda all’amministrazione la cura; che, perciò, con le proprie norme di definizione dei poteri che le assegna a tal fine, ricomprende nei loro limiti; la cui sorte, quindi, è devoluta le sue scelte nel loro esercizio; ma che, ciò nonostante, è protetta ugualmente già sul piano sostanziale sia pure in questo diverso o modo perché l’amministrazione, esercitando tali suoi poteri, è vincolata all’osservanza dell’ulteriore norme funzionali cui è specificatamente assoggettata.
Con questi significati deve essere intesa la frase di G. MIELE secondo la quale “Nell’interesse legittimo…la posizione di vantaggio è la risultante dalle norme che impongono al titolare di un potere l’osservanza di tale modalità e condizioni nell’esercizio di esso, niente di più e di diverso [13].
La distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi non è sempre facile e spesso non risulta condivisa dalla stessa dottrina.
Quest’ultima tenta da sempre di individuare quei tratti distintivi che consentano di comprendere se nel caso concreto ci si trovi di fronte a un diritto soggettivo o ad un interesse legittimo, così da poter poi comprendere se la giurisdizione sia da attribuire al Giudice ordinario o al Giudice amministrativo.
Muovendo dalle ormai superate concezioni per cui l’interesse legittimo veniva identificato come un interesse occasionalmente protetto o un interesse meramente processuale o addirittura una mera pretesa alla legittimità degli atti amministrativi, deve essere accolta la teoria per cui l’interesse legittimo è un interesse sostanziale che ha ad oggetto il bene della vita inciso dal potere amministrativo e che, come tale, ha diritto ad una tutela giurisdizionale piena ed esaustiva (artt. 24 e 113 Cost.) [14].
La configurabilità di un interesse legittimo dipende dall’effettiva presenza di un potere amministrativo, che pertanto lo distingue dal diritto soggettivo, che, di contro, può essere considerato un diritto assoluto e incondizionato. Dunque, proprio la presenza di questo legame con il potere amministrativo (e con le modalità del suo esercizio) determina la sussistenza o meno di un interesse legittimo, e al contempo la giurisdizione.
Attualmente, vanno considerate due teorie tra loro alternative.
Una prima teoria muove dalla dicotomia tra potere vincolato e potere discrezionale, configurando la presenza di un diritto soggettivo ove l’attività sia totalmente vincolata ed un interesse legittimo ove l’attività residui di discrezionalità a favore della pubblica amministrazione.
Tuttavia, il dato normativo dimostra che il giudice amministrativo giudica anche controversie che abbiano ad oggetto la spendita di un potere vincolante da parte della pubblica amministrazione (ad es. art. 31 c.p.a. comma 3); così, la distinzione si è successivamente focalizzata sulla destinazione del potere vincolato: qualora questo è posto a tutela di interessi pubblici, si configura un interesse legittimo e quindi la giurisdizione del giudice amministrativo; qualora questo sia posto a tutela di interessi di privati, si configura un diritto soggettivo e quindi la giurisdizione del giudice ordinario.
Più appagante, e per questo maggioritaria e adottata dalle Sezioni Unite è la teoria che muove dalla dicotomia tra carenza di potere in astratto e cattivo uso del potere.
Nel primo caso, quando alcuna disposizione abbia mai conferito un potere alla pubblica amministrazione, che quindi lo esercita in difetto di una concreta investitura, sussiste un diritto soggettivo; viceversa, qualora il potere sia stato effettivamente assegnato ma le modalità del suo esercizio non sono conformi alla norma attributiva di potere, (anche in caso di mancanza di uno dei requisiti fondamentali di esercizio, per cui si parla di “carenza di potere in concreto”) sussiste un interesse legittimo [15].
Le successive sentenze della Corte di Cassazione [16] consentono di ritenere tutt’oggi ancora validi i rilievi critici proposti da una autorevole dottrina, che ha notato come, talvolta, la giurisprudenza “decida di volta in volta per l’attribuzione di ciascun tipo di controversia al giudice ordinario o al giudice amministrativo sulla base di considerazioni di opportunità sostanziale che, indipendentemente dalla loro minore o maggiore ragionevolezza, non sono di per sé riconducibili a un quadro unitario sul piano dei principi”, avvertendo che spesso “le situazioni soggettive, il giudice competente [17] e soprattutto il tipo e l’entità della tutela accordata al privato devono determinarsi in relazione alla loro compatibilità di cui la pubblica amministrazione è portatrice in ciascun tipo di controversia”.

Note

  1. [1]

    S. ROMANO, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947.

  2. [2]

    L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F. A. ROVERSI MONACO, F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, Bologna, 2021

  3. [3]

    P. MASSIMO, Corso di Istituzioni di diritto privato, Torino, 2022.

  4. [4]

    F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, Torino, 2021.

  5. [5]

    S. PUGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, p. 49.

  6. [6]

    G. IUDICA-P. ZATTI, Linguaggio e regole del diritto privato, Padova, 2001, p. 47.

  7. [7]

    Cfr. M. OCCHIENA, Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, Milano, 2002.

  8. [8]

    G. LANATA, Legislazione e natura nelle Novelle giustinianei, Napoli, 1984.

  9. [9]

    Articolo 113 Cost., comma secondo, Cost. il quale afferma che: “Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti”.

  10. [10]

    Cassazione civile, SS.UU., sentenza 22/07/1999 n° 500.

  11. [11]

    E. VINCENTI, La sentenza n.500/99 fra vecchie e nuove categorie nella materia risarcitoria, pubblicato il 23 dicembre del 2019.

  12. [12]

    A. ROMANO, R. VILLATA, Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Padova, 2009; L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F. A. ROVERSI MONACO, F.G. SCOCA, Diritto amministrativo…. op. cit.

  13. [13]

    G. MIELE, Principi di diritto amministrativo, Padova, 1960.

  14. [14]

    S. DI CERBO, Le sezioni unite sul riparto di giurisdizione, breve analisi, in Riv. Salvis Juribus, 2022.

  15. [15]

    Cass. Civ., SS.UU., 21/07/2022, n. 22834.

  16. [16]

    Cass. Civ., SS.UU., 28/01/2020, n. 1869.

  17. [17]

    Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 204 del 2004; Cass. Sez. Un. 18 aprile 2016 n. 7663; Cons. Stato sez. I 8 febbraio 2017, n. 3313; Cassazione Sezioni Unite 22 giugno 2017, n. 15640; Cassazione Sezioni Unite 20 ottobre 2017, n. 24877.

Mario Maesano

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