La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11060 del 15 marzo 2024, ha fornito chiarimenti in merito alle controversie sulla proprietà delle cose sequestrate.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. I fatti
Il Gip del Tribunale di Livorno disponeva l’archiviazione del procedimento penale instaurato a carico dell’indagato in relazione al reato di bancarotta fraudolenta, senza adottare alcun provvedimento in ordine alla sorte delle somme e degli strumenti finanziari intestati all’indagato e già oggetto nei suoi confronti di sequestro preventivo.
Al che, veniva avanzata al medesimo Gip, in funzione del giudice dell’esecuzione, istanza di restituzione dei valori in sequestro.
Tuttavia, il giudice adito, rilevato che si profilava una controversia sulla proprietà dei beni tra l’istante e le curatele fallimentari, ne rimetteva la risoluzione la giudice civile competente, ai sensi dell’art. 263, comma 3, cod. proc. pen., mantenendo, nel frattempo, il dissequestro.
È stato, dunque, proposto ricorso per Cassazione avverso tale ordinanza sulla base di due motivi: assenza di motivazione in quanto il giudice a quo non avrebbe indicato quali fossero i termini della potenziale controversia, né avrebbe vagliato la sua serietà, dando adeguata ragione della decisione di investirne il giudice civile; erronea applicazione dell’art. 263, comma 3, cod. proc. pen. in quanto, con il provvedimento adottato, il giudice a quo avrebbe surrettiziamente convertito il sequestro da preventivo a conservativo, a tutela di crediti risarcitori inesistenti, e comunque mai azionati, né più azionabili, stante anche il lungo tempo passato dalle dichiarazioni di fallimento e l’avvenuta chiusura di almeno una delle procedure concorsuali.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti:
Appello e ricorso per cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), il volume propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti.La prima parte è dedicata all’appello: dove va depositato? Chi può depositarlo, ed entro quando? Quali requisiti devono sussistere? E molte altre questioni di ordine pratico a cui gli autori offrono risposte attraverso richiami alla più significativa giurisprudenza di settore e con il supporto di utili tabelle riepilogative.La seconda parte si sofferma invece sul ricorso per cassazione, dai motivi del ricorso ai soggetti legittimati, dai provvedimenti impugnabili alle modalità di redazione del ricorso e degli atti successivi, con l’intento di fornire indicazioni utili ad evitare l’inosservanza o erronea applicazione della normativa e la scure dell’inammissibilità. Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato in Larino, giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale, è autore di numerosi articoli su riviste giuridiche telematiche.Gabriele EspositoAvvocato penalista patrocinante in Cassazione. Autore di manuali di diritto penale sostanziale e procedurale, dal 2017 è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
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2. Controversie sulla proprietà di beni sequestrati: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’analizzare la questione, ribadisce preliminarmente un consolidato principio di diritto secondo cui “avverso il provvedimento di rimessione al giudice civile della controversia sul bene sequestrato, disciplinato dall’art. 263, comma 3, cod. proc. pen., non è prevista alcuna forma di impugnazione, poiché l’atto in questione ha un contenuto idoneo a incidere, in via diretta, sulle posizioni soggettive delle parti, ledendole o ridimensionandole, occupandosi soltanto, per ragioni organizzative e sistematiche, di individuare l’Autorità giudiziaria competente alla soluzione di un conflitto, potenziale o in atto“.
Ad avviso della Corte, la controversia che legittima la rimessione non è solo quella strettamente “dominicale”, ma ogni altra che investe la titolarità del diritto alla restituzione, che deve essere pregiudizialmente accertato dal giudice investito della richiesta di riottenere la cosa sequestrata e non confiscata.
Inoltre, l’assenza di contenuto decisorio permane anche quando il provvedimento di rimessione delle parti dinnanzi al giudice civile venga adottato dal giudice dell’esecuzione, quindi dopo la definizione del procedimento penale, e ancorché venga adottato in assenza di una lite già pendente.
La Suprema Corte sottolinea, infine, che l’eventualità che la controversia civile non sia ancora stata instaurata al momento della rimessione al giudice civile, non costituisce fattore di indebolimento della tutela dei diritti delle parti e non esige, pertanto, l’impugnabilità del relativo provvedimento.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce dei principi sopraesposti, la Corte di Cassazione afferma che il provvedimento di rimessione al giudice civile non presuppone l’attualità della pretesa tra due o più contendenti e può essere emesso sulla semplice possibilità che una lite insorga, giacché esso “non configura una translatio iudicii in senso tecnico, per cui l’omessa instaurazione del processo civile […] nel termine imposto dall’art. 50 cod. proc. civ. non pregiudica in alcun modo i diritti delle parti in sede civile e non impone al giudice civile alcun obbligo di decisione in senso favorevole all’una o all’altra parte“.
Né, ad avviso della Suprema Corte, vi sono ragioni per diversificare la disciplina degli atti di rimessione al giudice civile delle controversie in materia, a seconda del contesto processuale in cui si collocano: essi rientrano, in ogni caso nella categoria degli atti privi di contenuto decisorio, e pertanto sono inoppugnabili, al pari di qualsiasi altro atto meramente ordinatorio o processuale che decide unicamente sul diritto potestativo di ottenere una pronuncia in una determinata fase processuale o attraverso determinati riti processuali.
La Corte di Cassazione, dunque, afferma che l’ordinanza è conforme al modello legale delineato e, dunque, inoppugnabile e dichiara inammissibile il ricorso.
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