Quali redditi rilevano, per valutare la sussistenza della situazione di squilibrio patrimoniale, ai fini della confisca di cui all’art. 24 del codice antimafia?
(Riferimento normativo: D.lgs, 6 settembre 2011, n. 159, art. 24, co. 1)
Per approfondimenti sulle prove, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare.
Indice
1. La questione: redditi rilevanti per confisca
La Corte di Appello di Bologna confermava un decreto, emesso dal Tribunale di Bologna, con cui erano confiscati dei beni di proprietà di una persona fisica, nell’ambito di un procedimento di prevenzione patrimoniale, disposto nei confronti di un altro soggetto.
Ciò posto, avverso questa decisione il proprietario dei suddetti beni, per il tramite del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. Per approfondimenti sulle prove, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare.
Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia
Aggiornato al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia) e alla L. 30 dicembre 2022, n. 199, di conv. con mod. del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 (Decreto Nordio), il presente volume è un’analisi operativa degli istituti del nostro sistema sanzionatorio penale, condotta seguendo l’iter delle diverse fasi processuali. Anche attraverso numerosi schemi e tabelle e puntuali rassegne giurisprudenziali poste in coda a ciascun capitolo, gli istituti e i relativi modi di operare trovano nel volume un’organica sistemazione al fine di assicurare al professionista un sussidio di immediata utilità per approntare la migliore strategia processuale possibile nel caso di specie. Numerosi sono stati gli interventi normativi degli ultimi anni orientati nel senso della differenziazione della pena detentiva: le successive modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario, la depenalizzazione di alcuni reati; l’introduzione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto; la previsione della sospensione del processo con messa alla prova operata; le stratificate modifiche dell’ordinamento penitenziario. Con attenzione alla novità, normativa e giurisprudenziale, e semplicità espositiva, i principali argomenti trattati sono: la prescrizione; l’improcedibilità; la messa alla prova; la sospensione del procedimento per speciale tenuità del fatto; l’estinzione del reato per condotte riparatorie; il patteggiamento e il giudizio abbreviato; la commisurazione della pena (discrezionalità, circostanze del reato, circostanze attenuanti generiche, recidiva, reato continuato); le pene detentive brevi (sanzioni sostitutive e doppi benefici di legge); le misure alternative, i reati ostativi e le preclusioni; le misure di sicurezza e le misure di prevenzione. Cristina MarzagalliMagistrato attualmente in servizio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea come Esperto Nazionale Distaccato. Ha maturato una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale rivestendo i ruoli di GIP, giudice del dibattimento, magistrato di sorveglianza, componente della Corte d’Assise e del Tribunale del Riesame reale. E’ stata formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte reputava la doglianza summenzionata infondata alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il ricorso per Cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui può essere ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre, peraltro, solo quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (v., ex ceteris, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020).
Tal che se ne faceva conseguire come non possa essere dedotto, neppure nell’assetto vigente, salvo abbia dato luogo ad una motivazione solo apparente, il vizio di illogicità manifesta (cfr. Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014).
Orbene, a fronte di tale quadro ermeneutico, per gli Ermellini, il provvedimento impugnato aveva diffusamente motivato in ordine all’insussistenza di redditi di provenienza lecita idonei a giustificare l’acquisto dei beni intestati alla stessa oggetto della misura di prevenzione, essendo stato tra l’altro correttamente applicato il consolidato principio per il quale ciò che assume rilievo per vagliare la sussistenza della situazione di squilibrio patrimoniale che giustifica la confisca disposta ex art. 24 del d.lgs. n. 159 del 2011 sono solo i redditi dichiarati e non anche quelli derivanti da evasione fiscale (cfr., ex aliis, Sez. 1, n. 12629 del 16/01/2019).
Tenuto conto che pure l’altro motivo era considerato non meritevole di accoglimento, il ricorso proposto era pertanto dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
3. Conclusioni
Fermo restando che, come è noto, l’art. 24, co. 1, d.lgs. n. 159 del 2011 prevede che il “tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego”, la decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito quali redditi rilevano, per valutare la sussistenza della situazione di squilibrio patrimoniale, ai fini della confisca preveduta da siffatta disposizione legislativa.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, per determinare se esiste uno squilibrio patrimoniale che giustifichi la confisca secondo l’articolo 24 del decreto legislativo n. 159 del 2011, si considerano solo i redditi dichiarati e non quelli ottenuti tramite evasione fiscale.
Ove vengano invece considerati pure quest’ultimi redditi, ben si potrà contestare una decisione in cui sia compiuta siffatta valutazione, ricorrendo per Cassazione.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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