Legittimazione attiva dello studio associato per pagamento dei crediti degli aderenti

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La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti in merito alla legittimazione attiva dello studio associato per il pagamento dei crediti derivanti dalle prestazioni professionali rese dagli aderenti.

Corte di Cassazione – Sez. II Civ. – Ord. n. 11940 del 03/05/2024

Cass.-civ.-Sez.-II.-Ord.2024.-n.-11941.pdf 3 MB

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Indice

1. Inquadramento della tematica

Il fenomeno associativo riguarda, oramai, anche gli studi professionali associati e, tra questi, anche quelli tra avvocati.
A ben vedere, in materia, occorre dar conto che, in via generale, l’art. 4 della legge professionale, vale a dire la Legge n. 247 del 2012, consente l’esercizio associato della professione forense.
Tal tipo d’associazione, dovrebbe comportare, da un punto di vista della gestione dello studio, una condivisione delle spese e delle relative entrate, fermo restando, tuttavia, ed è bene sottolinearlo, che le prestazioni professionali devono esser adempiute dai professionisti associati personalmente, poiché, trattandosi d’una prestazione d’opera intellettuale, vien in rilievo il primo comma dell’art. 2232, cod. civ., a mente del quale, per l’appunto, la prestazione deve esser eseguita personalmente.
E, difatti, l’art. 2232, primo comma, cod. civ., stabilisce, tra l’altro, che “Il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto…”.
Il quesito posto all’attenzione della Suprema Corte con la sentenza in commento è il seguente, e, cioè, se lo studio associato possa considerarsi processualmente legittimato a partecipare ad un processo volto al recupero degli onorari delle prestazioni professionali rese al cliente dagli aderenti all’associazione.

2. Caratteristiche dello studio professionale associato

Al quesito innanzi posto, la Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, fornisce una risposta positiva.
Onde comprendere il percorso argomentativo motivazionale compiuto dagli Ermellini con la pronuncia de qua, occorre prender le mosse dall’art. 36, cod. civ., il quale stabilisce che “L’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati. Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, è conferita la presidenza o la direzione.”.
Il disposto normativo della prefata norma rappresenta il dato normativo saliente da cui prender le mosse e poter giungere, così, ad affermare che, finanche, gli studi professionali associati possono esser regolati, dal punto di vista del loro ordinamento interno, dagli accordi degli stessi associati.
Pertanto, estendendo il dettato normativo della norma da ultimo citata agli studi professionali, quantunque non dotati di personalità giuridica, essi ben possono assurgere ad autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici.
Con ciò si sottolinea che gli studi professionali associati, rappresentati, ora, come un centro autonomo d’imputazione di rapporti giuridici, son legittimati ad acquisire la titolarità dei contratti stipulati con la clientela ed, all’uopo, delegare i singoli rapporti giuridici che ne scaturiscono ai propri associati che ne cureranno l’esecuzione personalmente.
Nondimeno, a questo punto del percorso, par necessario far una precisazione, nel senso, cioè, che il dato giuridico acquisito, circa l’attitudine degli studi professionali associati, e, quindi, per quel che, quivi, può interessare, anche il fenomeno associativo tra avvocati, ad acquisire la titolarità dei rapporti giuridici derivanti dai contratti, potrebbe collidere con il principio della personalità della prestazione eseguita dal professionista.
Come innanzi evidenziato, se inquadriamo la prestazione dell’associato dello studio nel paradigma della prestazione d’opera intellettuale, ecco che, allora, ne viene che essa, stante il disposto dell’art. 2232, cod. civ., deve esser eseguita personalmente.
Eppur, tuttavia, seppur lo studio professionale associato, si rappresenta come un centro autonomo d’imputazione di rapporti giuridici, nulla vieta che la prestazione delegata al singolo associato possa, poi, da questi esser eseguita personalmente, come disposto dalla norma poc’anzi richiamata.
E ciò tanto più ove si tratti dell’esercizio di professioni regolamentate di natura ordinamentale per le quali, giustappunto, è richiesto per il loro esercizio un particolare titolo abilitativo e l’iscrizione presso gli albi afferenti ai rispettivi ordini professionali, come previsto per l’esercizio della professione di notaio, commercialista ed avvocato.
Dunque, nulla vieta che gli studi associati, nella loro interna regolamentazione, possano contemplare che siano deputati all’acquisizione dei contratti con la clientela onde delegare, poi, l’esecuzione dei singoli incarichi ai professionisti associati ove si tratti dell’esecuzione di prestazioni professionali, pur connotate dal carattere della personalità, per il cui esercizio è richiesto il possesso d’un titolo abilitativo.
Ne consegue che gli studi professionali associati, essendo, perciò, legittimati a stipulare contratti, fermo restando quanto innanzi asserito circa la personalità della prestazione, ben possono acquisire la titolarità dei conseguenti rapporti di credito scaturenti dal contratto stipulato con il cliente conferente l’incarico professionale, la cui prestazione è stata, poi, eseguita personalmente dal professionista associato delegato.
Ne viene, ulteriormente, sul piano squisitamente processuale, che l’associazione professionale può ben considerarsi legittimata processualmente ad azionare, in sede giudiziale, il credito maturato dal professionista che fu delegato ad eseguire la prestazione per conto della stessa associazione professionale.

3. Legittimazione attiva dello studio associato per pagamento dei crediti degli aderenti: l’ordinanza della Cassazione

Ed è questa la conclusione cui è giunta la Suprema Corte con l’Ordinanza n. 11940 del 3 maggio 2024, laddove essa statuisce che “…poiché l’art. 36, cod. civ, stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolate dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, ne consegue che, ove il giudice del merito, accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato (…) rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico…”.  (Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza del 3 maggio 2024, n. 11940).
Il principio di diritto licenziato dalla pronuncia appena scrutinata, ivi compresa la qualificazione delle associazioni professionali quali centri autonomi d’imputazione di rapporti giuridici, si pone sulla stessa linea della giurisprudenza formatasi in materia, a mente della quale, per l’appunto, si può ben predicare la legittimazione attiva dell’associazione professionale che agisca in giudizio per la soddisfazione dei crediti derivanti dall’esecuzione di prestazioni professionali eseguite dai singoli associati a beneficio dei clienti che avevano conferito l’incarico all’associazione. (Cass. civ., Sez.II, Ordinanza del 2 luglio 2019, n. 17718).

4. L’orientamento giurisprudenziale precedente

Eppure, l’approdo giurisprudenziale or, ora, rassegnato, è la traccia d’un cangiamento dell’orientamento della Suprema Corte, la quale, vorremmo dar conto, in tal sede, in precedenza palesava un segno contrario circa l’idea che si potesse predicare dell’associazione professionale come d’un centro autonomo d’imputazione di rapporti giuridici, con il conseguente precipitato che, potendo assumere la titolarità dei contratti, potesse, poi, considerarsi, finanche, legittimata attivamente in merito alla realizzazione dei crediti maturati dai professionisti associati per l’esecuzione delle prestazioni in favore dei clienti conferenti.
In tal direzione, vorremmo rammentare che la precedente giurisprudenza statuiva che “…È infatti costante l’orientamento, assolutamente condivisibile, di questa Corte, secondo cui l’associazione tra professionisti non è configurabile come centro di imputazione di interessi né come ente collettivo, con autonomia strutturale e funzionale; essa non può pertanto sostituirsi ai suoi aderenti e non assume la titolarità dei rapporti con i clienti, che continua a gravare sugli associati…”. (Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 10 luglio 2006, n. 15633).
Ed è, come evidenziato poc’anzi, che con l’ordinanza in commento la Suprema Corte conferma il cambiamento dell’orientamento in materia de qua.

5. Conclusioni

In questa breve trattazione, alla luce delle superiori argomentazioni giuridiche, possiam trarre le seguenti conclusioni.
Anzitutto, che l’associazione professionale, rappresentata, ora, come un centro autonomo d’imputazione di rapporti giuridici, può esser legittimata a concludere contratti con la clientela, potendo tal fenomeno associativo, secondo la giurisprudenza maturata sul punto, assimilarsi alle associazioni disciplinate dall’art. 36, cod. civ.
Nondimeno, che, tuttavia, laddove si tratti dell’esecuzioni di prestazioni per il cui esercizio è richiesto il possesso d’un titolo abilitativo, quale l’iscrizione presso un albo, con ciò facendo riferimento alle professioni ordinamentali, quale quella forense, la prestazione, in ossequio al principio della personalità della prestazione d’opera intellettuale, ex art. 2232, cod. civ., deve esser eseguita personalmente dall’associato aderente, cui vien delegata l’esecuzione.
Ne vien, comunque, che, non trattandosi d’un credito incedibile, l’associazione professionale può ben considerarsi legittimata attivamente, dal punto di vista processuale, sulla base anche degli accordi interni degli associati, ad agire per la realizzazione del credito maturato dal singolo professionista che ha eseguito la prestazione in favore del cliente conferente l’incarico.

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Giovanni Stampone

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