Patteggiamento e misure di sicurezza: giudice deve fornire motivazione approfondita

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 19378 del 16 maggio 2024, ha chiarito che, in tema di patteggiamento, le misure di sicurezza disposte devono comunque essere oggetto di motivazione approfondita.

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Corte di Cassazione – Sez. IV Pen. – Sent. n. 19378 del 16/05/2024

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Torino ha applicato all’imputato, sull’accordo delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., la pena, condizionalmente sospesa, di mesi sei di reclusione ed euro 1.000 di multa in ordine ai reati di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per detenzione a fine di cessione di grammi undici di sostanza stupefacente del tipo crack; all’art. 337 cod. pen., per avere opposto resistenza nei confronti degli agenti di P.G. intervenuti in occasione della perquisizione e del controllo effettuati con riguardo alla verifica del possesso di droga. Inoltre, è stata disposta la confisca del denaro in sequestro, ai sensi dell’art. 85-bis D.P.R. 309/1990.
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo con il quale si eccepiva inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 85-bis D.P.R. n. 309/1990 in relazione all’art. 240-bis cod. pen., nonché mancanza di motivazione, lamentando la sussistenza di un difetto grafico di motivazione in ordine alla disposta confisca del denaro in sequestro.
In particolare, il ricorrente deduce che l’effettuata confisca del denaro in suo possesso sarebbe stato disposta al di fuori del patto, senza esplicare le ragioni di ricorrenza dei relativi presupposti applicativi, nello specifico costituiti dalla mancata giustificazione della provenienza del denaro e della sproporzione di esso rispetto al reddito percepito dall’imputato.
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2. Patteggiamento e misure di sicurezza: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso, osserva, con riferimento all’ammissibilità dello stesso, che “la sentenza di patteggiamento che abbia applicato una misura di sicurezza è ricorribile per Cassazione nei soli limiti di cui all’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., ove la misura sia stata oggetto dell’accordo tra le parti – come non accaduto nel caso di specie – diversamente essendo ricorribile per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. pen.“.
La Corte sottolinea, inoltre, che, nel giudizio di Cassazione, l’illegalità della pena e della misura di sicurezza (come la confisca del denaro) è rilevabile di ufficio anche nel caso in cui il ricorso sia inammissibile, salvo che nell’ipotesi di tardività del ricorso.
Premesso ciò, ritenuta l’ammissibilità del proposto ricorso deve essere osservato come nella fattispecie la statuizione con cui è stata disposta la confisca del denaro in sequestro risulti, ad avviso della Suprema Corte, del tutto immotivata, in quanto priva di una qualsiasi argomentazione a supporto, non essendo state esplicate le specifiche ragioni di assunzione di tale decisione.
Nello specifico, non sono stati rappresentati i motivi di applicazione della “confisca allargata” di cui all’art. 240-bis cod. pen. ledendo, così, un consolidato principio secondo il quale “in tema di patteggiamento, la sinteticità della motivazione tipica del rito non può estendersi all’applicazione della misura di sicurezza della confisca, sicché il giudice che dispone l’ablazione obbligatoria di denaro o di beni ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356 (oggi art. 240-bis cod. pen.), ha l’obbligo di motivare sia sulle ragioni per cui non ritiene attendibili giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati, sia sull’esistenza di una sproporzione tra i valori patrimoniali accertati ed il reddito dell’imputato o la sua effettiva attività economica“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha rilevato che, nel caso di specie, l’imputazione ascritta al pervenuto ha ad oggetto una condotta non di cessione, ma di detenzione illecita di stupefacenti, il che avrebbe imposto un ben diverso onere motivazionale, atteso che, in ossequio ad un consolidato principio, in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato può essere sottoposto a confisca solo nel caso in cui ricorrano le condizioni previste dall’art. 240-bis cod. pen., applicabile in ragione del rinvio operato dall’art. 85-bis D.P.R. n. 309/1990, non essendo invece consentite, in relazione a tale delitto, né la confisca ex art. 240 cod. pen. né quella prevista dall’art. 73 comma 7-bis, D.P.R. n. 309 del 1990, solo applicabili alla diversa ipotesi della cessione di sostanze stupefacenti.
Per questi motivi, la Corte ha disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del denaro in sequestro.

Riccardo Polito

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