Separazione delle carriere: in cosa consiste il nuovo ddl costituzionale

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Nella seduta del 29 maggio scorso, il Governo ha annunciato il varo di un disegno di legge costituzionale, contenente norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare, in cui, tra le novità più salienti, vi è l’introduzione della separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura requirente.
Orbene, scopo del presente scritto è quello di vedere cosa prevede siffatto disegno di legge.

Indice

1. Le modifiche apportate al Consiglio superiore della magistratura


Fermo restando che, come è noto, l’art. 87, co. 10, Cost. attualmente prevede che il Capo della Stato presiede il Consiglio superiore della Magistratura (d’ora in poi: C.S.M.), ossia l’organo di autogoverno di questo potere dello Stato, la prima novità, contemplata nel progetto di legge qui in commento, riguarda proprio codesto precetto normativo.
Difatti, all’art. 1 di tale disegno di legge costituzionale, intitolato per l’appunto “Modifiche all’articolo 87 della Costituzione”, è ivi disposto che al comma decimo di questo articolo, “dopo le parole «della magistratura» sono aggiunte le seguenti: «giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.»”.
Dunque, per effetto di questa modificazione, si “prevede, di conseguenza, l’istituzione del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente”[1].
Ciò posto, strettamente correlato a questo intervento del Governo, si pone la riformulazione dell’art. 104 della Cost. per effetto dell’art. 3 di questo disegno di legge costituzionale.
Difatti, oltre che a sancire la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura requirente, che esamineremo nel paragrafo seguente, con la riscrittura di questa disposizione legislativa, si modifica radicalmente il modo con cui è strutturato il C.S.M..
Difatti, se questa riforma conferma quanto già previsto ora, ossia che questo organo di rilevanza costituzionale è preseduto dal Presidente della Repubblica, non è però più contemplato un C.S.M. “unico”, come attualmente disposto dal vigente art. 104, co. 2, Cost. (“Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica”), ma da “due” C.S.M. separati l’uno dall’altro, ossia: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura.
In effetti, come stabilito dal comma secondo (primo periodo). dell’art. 104 Cost., così come concepito in questo disegno di legge costituzionale, il “Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica”.
Inoltre, sempre in relazione a quanto disposto in tale “nuovo” secondo comma, se, anche qui, come stabilisce attualmente la normativa vigente, ne “fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione” (secondo periodo), va osservato però che, ad avviso di chi scrive, l’uso dell’avverbio “rispettivamente” prevede che siffatta appartenenza di diritto diviene “separata” nel senso che il Presidente della Suprema Corte fa parte di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante mentre il Procuratore generale sempre della Corte di legittimità fa parte de iure di quella requirente.
Argomentando a contrario, pertanto, non può ritenersi possibile l’opposto, ossia che il Presidente faccia parte del Consiglio superiore della magistratura requirente e il Procuratore generale di quello giudicante.
Precisato ciò, per quanto invece riguarda gli altri componenti, se è adesso disposto, come recita l’attuale comma quarto dell’art. 104 Cost., che gli “altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio”, questa progetto di legge prevede un diverso sistema di cooptazione, strutturato nei seguenti termini: “Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge” (art. 104, co. 2, terzo periodo, Cost. così come previsto in questo disegno di legge costituzionale).
Di conseguenza, per effetto di questa modifica, oltre al Presidente e al Procuratore generale della Cassazione, con le precisazioni di cui sopra, gli “altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previste dalla legge”[2].
Chiarito ciò, per quanto invece riguarda il Vicepresidente, se adesso è disposto che il “Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento” (art. 104, co. 5, Cost.), tale progetto di legge costituzionale prevede una riformulazione di questo terzo comma nel seguente modo: “Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento” (art. 104, co. 3, primo periodo, Cost. così come previsto in questo disegno di legge costituzionale), fermo restando che i “membri designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva” (art. 104, co. 3, secondo periodo, Cost. così come previsto in questo disegno di legge costituzionale).
Viene quindi confermata l’impossibilità per questi componenti del C.S.M. di essere rieletti, nonché fissata la durata di permanenza in questo organo per quattro anni come attualmente già disposto dall’art. 104, co. 6, Cost. (“I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili”).
Allo stesso modo, ora, stante quanto previsto dall’art. 104, co. 7, Cost., come sarebbe anche ora laddove venisse approvato siffatto disegno di legge costituzionale (art. 104, co. 3, terzo periodo, Cost., così come previsto in questo disegno di legge costituzionale), i membri del C.S.M. non “possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale”.
Precisato ciò, sempre per quanto riguarda il C.S.M. si registra anche una modifica per quanto riguardano le sue prerogative.
Invero, se l’art. 105 Cost. adesso stabilisce che spettano “al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”, l’art. 4 del disegno di legge costituzionale qui in commento, pure in tale caso, provvede ad una sostanziale rivisitazione di siffatte funzioni.
Difatti, il primo comma di questo articolo 105, ove venisse approvato codesto progetto normativo, prevedrebbe quanto sussegue: “Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati”.
Dunque, se rimarrebbe confermata la competenza a decidere in materia di assunzioni, assegnazioni ed trasferimenti, verrebbero però meno le sue prerogative in materia di promozioni e provvedimenti disciplinari, mentre sarebbero attribuiti, perlomeno per espresso dettato costituzionale, compiti in materia di valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.
In particolare, tra le novità di maggiore rilevanza, per chi scrive, sicuramente riveste una particolare importanza il fatto che si privi il C.S.M. del potere di comminare provvedimenti disciplinari, che sono invece, conferiti, come vedremo successivamente, ad un altro organo collegiale, vale a dire: l’Alta Corte disciplinare.
Difatti, si ripete, come vedremo da qui a breve, con “le nuove norme, la giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita alla neo-istituita “Alta Corte disciplinare””[3].
Infine, sempre per quanto concerne il C.S.M., per esigenze, ad avviso dello scrivente, di mero coordinamento, si prevede la modifica degli articoli 107 e 110 della Costituzione.
In particolare, per quanto riguarda l’art. 107 della Costituzione, l’art. 6 di questo disegno di legge costituzionale stabilisce che all’“articolo 107, primo comma, della Costituzione, le parole «del Consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «del rispettivo Consiglio»”, in guisa tale che siffatto precetto normativo prevedrebbe quanto segue (la parte emendata è contrassegnata in grassetto): “I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso”.
Alla stessa maniera, per quanto concerne l’art. 110 Cost., il seguente articolo 7, disponendo che all’articolo 110, primo comma, della Costituzione, le parole «del Consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «di ciascun Consiglio»”, fa sì che tale comma statuirebbe quanto sussegue: “”Ferme le competenze di ciascun Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”.
Tali emende, quindi, come accennato poco prima, servono semplicemente per puntualizzare quanto esposto prima, ossia l’istituzione di due distinti C.S.M., uno giudicante e uno requirente, con tutte le conseguenze che ne discendono, anche in relazione a quanto preveduto da questi due dettati normativi di rango costituzionale.

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2. La separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura requirente


Come accennato nella parte introduttiva di questo scritto, la novità più rilevante, preveduta in questo disegno di legge costituzionale, è sicuramente la separazione delle carriere tra la magistratura giudicante e quella requirente.
Difatti, come evidenziato nello stesso comunicato stampa rilasciato dal Consiglio dei Ministri nella seduta tenutasi il 29 maggio scorso, le “nuove norme intervengono allo scopo di distinguere, all’interno della magistratura, che “costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, la carriera dei magistrati giudicanti e quella dei magistrati requirenti, e di adeguare l’ordinamento costituzionale a tale separazione”[5].
In effetti, se l’art. 102 Cost. si limita adesso a stabilire sic et simpliciter che le “funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”, l’art. 2 di questo progetto di legge costituzionale prevede un quid pluris, essendo ivi disposto quanto segue: “All’articolo 102, primo comma, della Costituzione, dopo le parole «ordinamento giudiziario» sono aggiunte le seguenti: «, le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti»”.
La riforma proposta, quindi, è chiara sul punto, senza determinare alcun dubbio di sorta.
L’ordinamento giudiziario deve disciplinare le carriere di questi magistrati in modo distinto e, dunque, separato.
Del resto, il fatto che si tratti di due carriere separate e distinte l’una dall’altra sembra trovare una ulteriore conferma, seppure indiretta e mediata, nella riformulazione del primo comma dell’art. 104 Cost. per effetto dell’art. 3 di tale disegno di legge costituzionale.
Difatti, se questo articolo 104 recita adesso che la “magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, tale riforma modifica tale norma di legge nei seguenti termini: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”.
Quindi, nel confermare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, sia giudicante che requirente, nei confronti di ogni altro potere dello Stato, si prevede però, a differenza di quanto adesso preveduto dalla nostra Legge fondamentale, che tale magistratura si componga di magistrati, per l’appunto, con carriere distinte, quali quella giudicante e quella requirente.

3. L’Alta Corte disciplinare


Come evidenziato già in precedenza, in questo progetto di legge costituzionale, il procedimento disciplinare non è più demandato al C.S.M., ma ad un altro organo Collegiale, vale a dire l’Alta Corte disciplinare.
In particolare, tale organo è previsto e regolato dall’art. 105 Cost. così come previsto in questo disegno di legge costituzionale, dal comma secondo in poi.
Più nel dettaglio, al primo periodo del comma secondo è previsto quanto appena scritto, ossia che la “giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare”.
Quindi, tale giurisdizione spetterebbe a siffatta Corte, senza distinzione alcuna, ossia riguarderebbe sia i magistrati (ordinari, e non dunque anche quelli speciali) giudicanti, che requirenti.
Precisato ciò, per quanto riguarda la sua composizione, al secondo periodo, del secondo comma sempre dell’art. 105 Cost., è ivi disposto che l’“Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità”.
Di conseguenza, nell’intenzione del Governo, l’ “Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità”[6].
Ebbene, una volta “scelti” per estrazione, i membri dell’Alta Corte “durano in carica quattro anni” (art. 105, co. 3, secondo periodo, Cost., così come previsto in questo disegno di legge costituzionale) e l’incarico in questione “non può essere rinnovato” (art. 105, co. 3, terzo periodo, Cost., così come previsto in questo disegno di legge costituzionale).
Ad ogni modo, l’“ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un consiglio regionale o del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge” (art. 105, co. 3, quarto periodo, Cost., così come previsto in questo disegno di legge costituzionale).
Ciò posto, dal canto suo, il Presidente di questo organo collegiale è designato, per elezione, dalla medesima Alta Corte disciplinare “tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento” (art. 105, co. 3, primo periodo, Cost., così come previsto in questo disegno di legge costituzionale).
Chiarite, per somme linee, le modalità attraverso le quali vengono scelti i componenti di questa Corte, nel disegno di legge costituzionale in esame, è altresì previsto un apposito rimedio impugnatorio avverso le decisioni emesse da questo organo collegiale.
Difatti, l’art. 105, co. 4, primo periodo, Cost., così come previsto in questo disegno di legge costituzionale, stabilisce che, contro “le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata”.
Quindi, questa Corte è demandata a decidere, a diversa composizione collegiale, sulle sentenze emesse da essa stessa.
Orbene, ad avviso di chi scrive, l’uso delle parole “anche per motivi di merito” dovrebbe lasciare inferire, argomentando a contrario, che questa Corte, quale giudice dell’impugnazione, sia chiamata a giudicare anche per motivi di legittimità.
Infine, all’art. 105, co. 4, secondo periodo, Cost., così come previsto in questo disegno di legge costituzionale, è ivi disposto che la “legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte, e assicura che i magistrati giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio”.
E’ dunque introdotta una riserva di legge, per chi scrive, assoluta, in relazione al modo con cui: a) devono essere determinati gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni; b) deve essere indicata la composizione dei collegi; c) devono essere stabilite le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte; d) si deve assicurare la rappresentanza, nel collegio, dei magistrati giudicanti o requirenti.

4. Nomina a consiglieri della Corte di Cassazione


L’art. 5 di questo disegno di legge costituzionale, stabilendo che all’“articolo 106, terzo comma, della Costituzione, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo le parole «della magistratura» è aggiunta la seguente: «giudicante»; b) dopo le parole «materie giuridiche,» sono aggiunte le seguenti: «magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni nonché»”, determinerebbe una riformulazione di questo comma terzo nei seguenti termini (le parti emendate sono contrassegnate in grassetto): “Su designazione del Consiglio superiore della magistratura giudicante possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche, magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni nonché avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”.
Quindi, nell’ottica di tale riforma, la designazione all’ufficio di consiglieri della Cassazione avverrebbe esclusivamente da parte del C.S.M. giudicante, fermo restando che, tra siffatti consiglieri, possono essere scelti anche “i magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni” [7].

5. Diritto transitorio


Da ultimo, per quanto inerisce il diritto intertemporale, l’art. 8 di questo disegno di legge costituzionale dispone quanto segue: “1. Le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare sono adeguate alle disposizioni della presente legge costituzionale entro un anno dalla sua entrata in vigore. 2. Fino all’entrata in vigore delle leggi di cui al comma 1 continuano a osservarsi le norme vigenti”.
Quindi, per effetto di tale previsione di legge, si vuole prevedere che “le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare siano adeguate alle nuove disposizioni entro un anno dall’entrata in vigore della legge di riforma costituzionale”[7].

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Note

  1. [1]

    Comunicato stampa, Consiglio dei Ministri n. 83, 29/05/2024, in governo.it, p. 1.

  2. [2]

    Ibidem, p. 1.

  3. [3]

    Ibidem, p. 2.

  4. [4]

    Ibidem, p. 1.

  5. [5]

    Ibidem, p. 2.

  6. [6]

    Ibidem, p. 2.

  7. [7]

    Ibidem, p. 3.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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