Abuso di Trattati internazionali contro le doppie imposizioni e Mutual Agreement Procedure

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L’articolo 3 della legge delega n. 211/2023 incarica il Governo di allineare la normativa sulle società e sugli enti diversi dalle società alla migliore prassi internazionale. Sotto quest’aspetto, viene in rilievo l’Azione 6 del Progetto BEPS, che mira a evitare l’abuso dei Trattati contro le doppie imposizioni, tentando di prevenire l’estensione indebita dei benefici tratti da questi ultimi a giurisdizioni terze. Ciò implica un potenziamento delle misure per verificare l’effettiva residenza delle entità estere e contrastare il cd. treaty shopping.
Un’attenzione particolare viene riservata dal BEPS alla Mutual Agreement Procedure (MAP), per risolvere conflitti di residenza tramite accordi tra Stati. L’implementazione delle Azioni BEPS, specialmente attraverso la MAP, offre l’opportunità di calibrare i criteri per determinare la residenza fiscale, migliorando la chiarezza della normativa fiscale interna e rendendola consentanea con le necessità internazionali.

Indice

1. L’abuso dei trattati internazionali contro le doppie imposizioni in ottica BEPS

L’art.3 della legge delega n. 211/2023, ha incaricato il Governo di provvedere alla revisione della disciplina delle società e degli enti diversi dalle società, per adeguare la normativa nazionale alla migliore prassi internazionale e armonizzarla con il dettato dei trattati contro le doppie imposizioni stipulati dall’Italia.
In particolare, il primo comma, lett. b) punta ad “assicurare la coerenza dell’ordinamento interno con le raccomandazioni dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nell’ambito del progetto BEPS (Base erosion and profit shifting) nel rispetto dei principi giuridici dell’ordinamento nazionale e di quello dell’Unione europea”.
Tra le varie azioni raccomandate nel Progetto BEPS per armonizzare le normative nazionali con quelle unionali, ai nostri fini è di sicuro interesse l’Azione 6.
Infatti, questa azione prescrive agli Stati di adottare contromisure normative per evitare un utilizzo abusivo dei trattati contro le doppie imposizioni.
Sebbene si tratti di fonti di diritto di sicura efficacia nell’orientare, in primis, la funzione nomofilattica delle corti nazionali, quanto della CGUE, e nel dirimere controversie che vedano coinvolte più giurisdizioni, attesa la prevalenza, in sede di controllo giurisprudenziale diffuso, del trattato internazionale sulla norma interna incompatibile, permane infatti, secondo gli strateghi del BEPS, un pericolo di abuso dei Trattati.
Una delle preoccupazioni sottese all’Azione 6 è quella per cui i benefici previsti da un Trattato tra due Stati potrebbero, surrettiziamente, venire estesi a giurisdizioni terze, come effetto collaterale della normativa interstatale, e ciò in modo non originariamente previsto dalle parti.
Essendo, spesso, tali giurisdizioni situate fuori dello SEE, o essendo, comunque, giurisdizioni extra UE, il BEPS pone in evidenza come possa venir violato il principio di reciprocità fiscale tra gli Stati coinvolti, uno o più dei quali, sono estranei alla trattatistica de qua.
Ciò che perlopiù accade è che l’utilizzo elusivo dei trattati sulle doppie imposizioni comporta un azzeramento della tassazione o una tassazione che, secondo i parametri BEPS, in quanto molto bassa, sarebbe ingiustificata e ingiustificabile.
Naturalmente, la giurisdizione di residenza del beneficiario finale del reddito, non ha interesse a stipulare un Trattato con la giurisdizione-fonte, in quanto può godere, indirettamente, dei benefici del Trattato in vigore presso quest’ultima, e che, dunque, viene utilizzato in modo strumentale per fini elusivi o evasivi.
Per arginare tali pratiche, il BEPS suggerisce di lavorare sulla verifica dell’effettiva residenza di una data entità estera, a partire dalla giurisdizione in cui è posta la sede.
Ciò perché, non è raro il caso che in queste transazioni siano utilizzate shell companies: una corretta individuazione della sede reale dell’entità coinvolta che si giova abusivamente dei trattati, aiuterebbe a porre un freno al cd. treaty shopping.
Quest’orizzonte di azioni normative viene ad essere oggetto anche della riforma fiscale italiana, che impegna il Governo, ma anche la dottrina e la giurisprudenza, a elaborare direttrici per riorganizzare, in chiave sovranazionale e per assecondare i dettami del BEPS, la legislazione in ambito di residenza e attività delle società e delle altre entità estere.

2. Dall’Effettive Management alla Mutual Agreement Procedure

Le Azioni BEPS non influiscono solamente sulle normative nazionali, ma riscrivono anche le coordinate della stessa normativa unionale.
La citata Azione 6, infatti, comporta una modifica in seno al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni, elaborato dall’OCSE (ma ormai trasmigrato nelle fonti delle Nazioni Unite, che ne hanno così sancito la valenza internazionale, inserendo il tema in una più ampia confrontazione tra paesi emergenti, paesi in via di sviluppo e sviluppati, notazione che rende atto del disegno imperante a livello internazionale in tema di fiscalità, e a cui direttamente si richiama la legge delega quando ne suggerisce lo scrutinio al Governo) in quanto, se l’art. 4, par. 3 del Modello stabilisce una predilezione per il criterio dell’effettività, ora il concetto di residenza delle entità estere volge verso un esito contrattualistico interstatale.  
L’art. 4, par. 3 favorisce il concetto di sede di direzione effettiva (place of effective management) per individuare lo Stato di residenza della società, laddove, invece, il BEPS vira verso l’art. 25 del Modello OCSE, che suggerisce una soluzione degli eventuali conflitti di residenza analizzando i casi di specie, senza dunque fare riferimento, immediatamente, al luogo di coordinazione e direzione delle società estere e degli enti equiparati.
Dice, infatti, l’art. 4 par. 3 Modello OCSE che: “quando, in virtù delle disposizioni del paragrafo 1, una persona diversa da un individuo è residente in entrambi gli Stati contraenti, essa sarà considerata residente esclusivamente dello Stato in cui è situata la sua sede di direzione effettiva”.
L’art. 25, dal canto suo, in materia di azioni volte a ottenere un sindacato sulla conformità o meno della tassazione applicata alle disposizioni della Convenzione, stabilisce che, qualora non si giunga a una soluzione soddisfacente, il caso dovrà essere risolto mediante accordo tra le autorità competenti degli Stati coinvolti.
Si prevede cioè il ricorso alla cd. Mutual Agreement Procedure (MAP).
E tale accordo prescinde dalle eventuali decadenze previste dal diritto nazionale dei paesi coinvolti (comma 2).
Il che di per sé è già indice di una sorta di ultrattività dell’accordo raggiunto.
Nello specifico, l’accordo può prevedere soluzioni ai casi di doppia imposizione anche nei casi non previsti dalla Convenzione (comma 3).
L’accordo tra Stati assume così una ulteriore valenza suppletiva.
Inoltre, gli Stati possono istituire apposite commissioni di esperti per facilitare l’accordo (comma 4).
L’Azione 6 aumenta così il tasso di intervento diretto della compagine UE sulla materia fiscale e sulle deviazioni da una applicazione non discriminatoria (i.e. consentanea con l’equa tassazione voluta dell’OCSE e dai suoi apparati esecutivi e di controllo) dei trattati.
Una prima, seppur apparentemente facile, messa a sistema delle disposizioni citate, esige una loro interpretazione congiunta.
Non si può, ragionevolmente, supporre che il riferimento alle citate disposizioni veda quella più recentemente menzionata surclassare quella tradizionalmente chiamata in causa, non potendosi demandare all’accordo tra Stati, pena la disarticolazione di quesito diritto comunitario e nazionale, la soluzione dei conflitti tributari in chiave puramente volontaristica.
Piuttosto, la questione è fino a che punto la MAP possa calibrare gli indici tradizionalmente utilizzati per stabilire dove allocare la residenza delle società.
In quanto, certamente tali accordi dovranno prendere in considerazione, prima di ogni altro criterio ritenuto rilevante, i tradizionali criteri della sede legale, della direzione effettiva, della gestione ordinaria, della stabile organizzazione.
Il ricorso alla MAP, può così rappresentare un’occasione per raffinare l’interdipendenza tra questi criteri.
Per esempio, con riguardo ai criteri sostanziali della direzione effettiva e della gestione ordinaria, come disposti dall’art. 73, comma 3, TUIR.
Se la prima può essere dedotta dall’esistenza di postazioni e documentazione che individuino una concreta attività di direzione, la seconda si identifica con l’attività effettivamente svolta nel territorio dello Stato.
Ora, la norma non stabilisce una gerarchia tra i due criteri, ma ne dispone l’utilizzo alternativo, il che consente di fare ricorso a quello, tra i due criteri, che meglio intercetti l’attività effettiva dell’entità.
Tale attività potrebbe essere individuata nell’azione diretta, per esempio da parte di una società, su un mercato estero.
Se ne dovrà dedurre che il luogo di messa a profitto della società è anche quello della sua residenza fiscale?
Ciò produrrebbe non pochi disordini.
Il requisito dell’effettività va invece interpretato come criterio condizionante, nel senso che se non vi fosse una attività gestoria e di amministrazione corrente, non potrebbe essere realizzato l’oggetto sociale.
La presa in considerazione del mercato di riferimento è certamente rilevante, ma qualora le decisioni strategiche per rendere profittevole quel mercato, venissero prese altrove, qui dovrebbe radicarsi la residenza fiscale.
Semmai, la presenza di addentellati della società in questione in territorio straniero, ai fini di una miglior conduzione delle operazioni nel mercato di riferimento, può produrre conseguenze in tema di arm’s lenght della società, e portare la questione sull’altro, seppur connesso, criterio della stabile organizzazione estera.
Come si vede, il ricorso alla MAP, offre l’occasione agli Stati contraenti, non solo di dirimere controversie fiscali per mutuo accordo, ma anche di chiarificarne la portata e i limiti in base alle esigenze fatte proprie dal dettano normativo del diritto interno.

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Avv. Savino Mauro

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