Lotta alla criminalità transnazionale: nuova disciplina europea

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Un nuovo strumento per la lotta alla criminalità transnazionale: la nuova disciplina europea sul recupero e la confisca dei beni

Indice

1. La disciplina precedente


Con la Direttiva 2024/1260/UE[1] del Parlamento europeo e del Consiglio, è stato aggiunto un ulteriore tassello nella cooperazione giudiziaria predisposta dall’Unione europea nella lotta alla criminalità transnazionale.
Dopo, infatti, l’emanazione dei recenti interventi normativi di cooperazione giudiziaria in materia penale, quali, a titolo esemplificativo, il Reg. 2023/1543/UE in tema di introduzione dell’Ordine Europeo di Produzione (EOP) e dell’Ordine Europeo di Conservazione (EOC) di Prove elettroniche[2] e il Reg. 2023/2131/UE in tema di scambio digitale di informazioni nei casi di terrorismo[3], l’attenzione del legislatore europeo si è spostata sul recupero e la confisca dei beni nell’ambito della lotta della criminalità transnazionale, con ciò nuovamente implementando gli strumenti di cooperazione transazionali a disposizione degli Stati membri.
Prima dell’emanazione di tale Direttiva, è necessario constatare come la materia relativa al recupero e alla confisca dei beni era già stata oggetto di disciplina europea per il tramite della Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, della decisione 2007/845/GAI del Consiglio e della decisione quadro 2005/212/GAI, tutti interventi che sono stati ritenuti insufficienti per il contrasto della criminalità organizzata e delle altre forme gravi di criminalità dalla stessa Commissione europea che è stata portavoce della proposta[4].
Nonostante, infatti, i numerosi sforzi di cooperazione giudiziaria che si sono susseguiti nel tempo, l’inadeguatezza dei precedenti strumenti volti al recupero e alla confisca dei beni tra Stati membri si inserisce nel più ampio contesto della lotta alla criminalità organizzata transnazionale che pare essere tuttora dilagante all’interno del territorio europeo[5].

2. La nuova Direttiva in vigore


La nuova disciplina prevista dalla Direttiva 2024/1260/UE, introdotta per sanare l’inadeguatezza dei precedenti strumenti sul punto, stabilisce una serie di norme minime cui gli Stati membri devono conformarsi entro il 23 novembre 2026 in tema di reperimento, identificazione, congelamento, confisca e gestione dei beni in materia penale, con ciò escludendo dalla sfera di applicazione di tale normativa eventuali analoghe misure applicate nel caso concreto in procedimenti civili o amministrativi.
Sempre in relazione alla citata materia penale oggetto della direttiva in esame, risulta necessario effettuare due ulteriori considerazioni che contribuiscono a delineare l’ambito di applicazione della Direttiva.
In primo luogo, si sottolinea come all’interno del considerando n. 7 della Direttiva venga affermato che il termine “procedimento in materiale penale” sia concetto autonomo del diritto dell’Unione europea così come interpretato dalla CIG e ferma restando la giurisprudenza della CEDU, con ciò sancendo la rinuncia da parte dell’atto euro-unitario in questione di fornire una definizione di tale concetto.
In secondo luogo, si constata come all’interno dell’art. 2 della presente Direttiva sia stata inserita una lunga lista di reati a cui deve applicarsi la disciplina in esame. Tali reati, più precisamente, vengono invidiati per relationem attraverso il richiamo di altre normative europee e tra le molteplici condotte criminose possono essere certamente menzionate, a titolo esemplificativo e senza alcun intento di esaustività, i reati relativi alla partecipazione ad un’organizzazione criminale, il terrorismo, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il riciclaggio, gli attacchi contro i sistemi di informazione, il traffico illecito di armi da fuoco e gli abusi di mercato.
Effettuate le dovute premesse in termini di applicazione della Direttiva, è necessario ora prendere in considerazione le novità principali della stessa, a cominciare dal recepimento e dall’identificazione dei beni, prime fasi del procedimento volto al recupero e alla confisca dei beni.
A tal proposito, si sottolinea come la Direttiva in esame dispone all’art. 4 che ciascuno Stato membro sia tenuto ad adottare, nell’ottica della cooperazione transfrontaliera, misure che siano in grado di garantire l’agevole e rapido reperimento ed identificazione di beni strumentali, proventi o beni che sono o potrebbero essere oggetto di un provvedimento di congelamento o confisca nelle more di un procedimento penale.
A tal proposito, ogni Stato membro è inoltre tenuto, ai sensi dell’art. 5, ad istituire almeno un ufficio per il recupero dei beni che possiede come scopo precipuo quello di facilitare la cooperazione transfrontaliera per il reperimento e l’identificazione dei beni poc’anzi citati e che deve a tal fine avere reciproco accesso, ove risulti necessario e proporzionato, ad una serie cospicua di informazioni indicate all’interno dell’art. 6, tra le quali, a titolo esemplificativo, i registri immobiliari nazionali, i registri anagrafici delle persone fisiche, i registri dei veicoli a motore, degli aeromobili e dele unità da diporto, i registri immobiliari ed i registri centralizzati dei conti bancari.
La Direttiva in esame prevede che gli uffici per il recupero dei beni possano avere accesso anche ad informazioni più personali (come quelle relative alle ipoteche, ai prestiti o ai bilanci annuali delle società), ma vi è da segnalare come per alcune di esse vige una peculiare regola di garanzia: lo stesso art. 6 par. 5 dispone che gli uffici possano richiedere anche l’accesso ai dati fiscali, ai dati sulla sicurezza sociale nazionale e alle informazioni rilevanti che sono in possesso delle autorità per la prevenzione, l’accertamento, l’indagine o il perseguimento dei reati, ma in tali casi la richiesta può essere respinta in determinati casi; più precisamente, il diniego di accesso avverrà nei casi in cui  la comunicazione delle informazioni richieste metta a repentaglio il buon esito di un’indagine in corso, sia palesemente sproporzionata rispetto agli scopi per cui è stata effettuata o includa informazioni fornite da altro Stato Membro o da un paese terzo in cui non sia possibile ottenere il consenso per un’ulteriore trasmissione.
Chiudono infine la disciplina relativa il reperimento e l’identificazione dei beni ulteriori disposizioni dedicate al futuro procedimento di scambio di informazioni tra uffici, con regole specifiche relative, tra l’altro, allo specifico iter della richiesta di scambio di informazioni (art. 9) e ai termini per la comunicazione delle stesse (art. 10).
Dopo aver disciplinato il reperimento e l’identificazione dei beni, la Direttiva in esame prende in considerazione le fisiologiche fasi successive rappresentate dal congelamento e dalla confisca.
Procedendo con ordine ed analizzando la disciplina relativa al congelamento, vi è da segnalare come l’art. 11 della Direttiva in esame prescriva agli Stati membri di predisporre le misure necessarie per consentire il congelamento dei beni al fine di garantire un’eventuale confisca, misure che possono consistere o in provvedimenti di congelamento o in azioni immediate che sono funzionali a conservare il bene in attesa dell’emissione dei primi.
In relazione a tali misure, la Direttiva dispone in aggiunta che gli Stati membri debbano far si che le stesse siano emesse da un atto motivato dell’autorità competente e che lo stesso provvedimento di congelamento resti efficace per il tempo strettamente necessario a conservare i beni in attesa di un eventuale provvedimento di confisca; viene inoltre previsto che i beni dovranno tornare nell’immediata disponibilità del titolare secondo la normativa nazionale nel caso in cui il provvedimento di confisca non venga infine emesso nel caso concreto.
A seguito delle misure volte al congelamento dei beni, la Direttiva in esame disciplina la confisca vera e propria (artt. 12-16) e sancisce anche in tale sede che gli Stati membri debbono adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca totale o parziale dei beni strumentali o dei proventi derivanti da reato (o del loro valore corrispondente in via secondaria o alternativa) a seguito di condanna definitiva, anche se quest’ultima sia stata pronunciata senza la partecipazione del reo al procedimento penale (cd. contumacia).
Più nello specifico, si sottolinea come la Direttiva in esame prevede la presenza di quattro differenti tipologie di confisca: la confisca nei confronti di terzi, la confisca estesa, la confisca non basata sulla condanna e la confisca di patrimonio ingiustificato collegato a condotte criminose.
Procedendo con ordine, in merito alla confisca nei confronti di terzi, L’art. 13 della Direttiva dispone che gli Stati membri devono predisporre le misure necessarie affinché si possa procedere alla confisca di proventi da reato o del valore corrispondente che siano stati trasferiti dall’indagato o imputato al terzo oppure siano acquistati da quest’ultimo. Tale tipologia di confisca, tuttavia, risulta possibile solo ed esclusivamente nel caso in cui l’autorità giurisdizionale nazionale abbia accertato che il terzo era a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che l’operazione di trasferimento o acquisizione aveva come scopo quello di evitare la confisca, altrimenti il suo acquisto pare esser salvo.
Quanto alla confisca estesa, possibile soltanto per i reati prima esemplificati (art. 2 parr. 1-3) nel caso in cui gli stessi siano punibili con una pena privativa della libertà personale di durata massima non inferiore a quattro anni, la Direttiva in esame dispone all’art. 14 che gli Stati membri devono adottare misure necessarie per la confisca dei beni che appartengono ad un soggetto che abbia commesso un reato qualora nel caso concreto sussistano due circostanze: il reato compiuto può essere produttivo, direttamente o indirettamente, di un vantaggio economico e l’organo giurisdizionale nazionale sia convinto che, sulla base delle circostanze di fatto concrete, quel bene sia frutto di condotte criminose.
In merito alla terza tipologia di confisca, ovvero quella non basata sulla condanna, viene sancito all’interno dell’art. 15 della Direttiva il consueto dovere da parte degli Stati membri di prevedere misure necessarie per poter procedere alla confisca nel caso in cui il procedimento penale nei confronti del confiscando sia iniziato, ma non sia potuto giungere al termine a causa di malattia, fuga o decesso dell’indagato o imputato, oppure per scadenza in pendenza di procedimento dei termini di prescrizione del reato qualora siano stabiliti dal diritto nazionale in misura inferiore ai 15 anni.
A completare il quadro della disciplina di tale confisca interviene, infine, il secondo paragrafo dell’art. 15, il quale dispone che ad ogni modo la tipologia di confisca in esame deve essere possibile solo ed esclusivamente nei casi in cui, alternativamente, il procedimento penale si sarebbe concluso con una condanna penale per i reati che sono produttivi in via diretta o indiretta di un vantaggio economico considerevole oppure l’autorità giurisdizionale nazionale procedente sia convinta che l’oggetto della confisca derivi dal reato o sia connesso allo stesso.
Quanto, infine, alla confisca di patrimonio ingiustificato collegato a condotte criminose, viene disposta dall’art. 16 della Direttiva che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per poter procedere, qualora secondo il diritto nazionale non sia possibile procedere alle forme precedenti ex artt. 12-15, alla confisca dei beni identificati nel contesto di un indagine connessa ad un reato, a patto che l’organo giurisdizionale nazionale sia convinto, secondo le circostante del caso, che i beni identificati derivino da condotte criminose perpetrate da un’organizzazione criminale e che tali condotte possano produrre in via diretta o indiretta un vantaggio economico considerevole.
Anche per tale confisca si segnala che vengono esplicitamente fatti salvi i diritti legittimamente acquistati dal terzo in buona fede e che vigono le medesime restrizioni di applicazione previste per la confisca estesa all’art. 14 par. 3.
Terminano, infine, le disposizioni relative al procedimento di recupero e confisca dei beni, alcune indicazioni in tema (tra l’altro) di risarcimento delle vittime (art. 18) e di ulteriore utilizzo dei beni confiscati (art. 19).
La Direttiva in esame procede successivamente a predisporre una disciplina relativa alla gestione dei beni congelati e confiscati, prescrivendo tra l’altro che gli Stati membri adottino delle misure particolari nel caso in cui la confisca abbia riguardato imprese (art. 20 par. 1) o abbia riguardato dei beni che per forza di cose devono essere trasferiti o venduti durante il congelamento e prima che intervenga il provvedimento di confisca; tali particolari beni sono, nello specifico, quelli deteriorabili o che perdono facilmente valore, quelli con dei costi di conservazione o manutenzione sproporzionati rispetto al valore id mercato oppure quelli per i quali la gestione richiede competenze particolari non facilmente reperibili (art. 21).
Interessante pare inoltre la scelta di incaricare ciascuno degli stati membri di istituire almeno un’autorità che funga da ufficio per la gestione dei beni, con l’evidente compito di curare la gestione del bene congelato e confiscato fino all’emissione del provvedimento definitivo di confisca.
Degne di nota risultano, infine, come elementi di prima facie principale importanza, le garanzie previste per il soggetto raggiunto dai provvedimenti disciplinati dalla Direttiva in esame, nonché le varie forme di cooperazione predisposte.
Quanto alle garanzie previste per l’interessato, l’art. 23 della Direttiva in esame sancisce che il soggetto raggiunto da un provvedimento di congelamento, di confisca o di vendita debba essere informato senza indebito ritardo e che all’interno della decisione debbano essere inseriti i motivi di adozione delle misure, i diritti a disposizione dell’interessato ed i mezzi di ricorso percorribili. È proprio in relazione a tali mezzi di ricorso che la disciplina si incentra successivamente, prevedendo all’interno dell’art. 24 una serie di garanzie fondamentali, tra le quali, a titolo esemplificativo, l’obbligo da parte degli Stati membri di provvedere affinché le persone raggiunte dai provvedimenti di congelamento e di confisca abbiano il diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un giudice imparziale, affinché i diritti di difesa siano assicurati e affinché vengano preservate anche le posizioni giuridici degli altri soggetti interessati e collegati ai beni.
Quanto, infine, alle disposizioni relative alla cooperazione, due dati paiono meritare una attenzione particolare.
In primo luogo, l’impegno da parte della Commissione di predisporre una rete di cooperazione per il recupero e la confisca dei beni al fine di un più facile coordinamento tra gli uffici per il recupero dei beni e gli uffici per la gestione dei beni (art. 29).
In secondo luogo, la predisposizione di forme di collaborazione degli uffici non solo con gli organismi e le agenzie dell’Unione europea (Procura europea, Europol ed Eurojust) conformemente ai loro settori di competenza, ma anche con i paesi terzi.

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3. Conclusioni


Enunciata la disciplina della Direttiva in esame, è necessario ora attendere gli ulteriori sviluppi della stessa per le successive considerazioni.
Ad ogni modo, pare il caso di sottolineare un dato di fatto che pare certo: indipendentemente dagli sviluppi e dalle implicazioni future di tale Direttiva, la stessa rappresenta comunque un ulteriore passo in avanti verso una cooperazione sempre più stringente tra gli Stati membri dell’Unione europea in tema di lotta alla criminalità transazionale.

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Note

  1. [1]

    Testo integrale della Direttiva in esame disponibile al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L_202401260.

  2. [2]

    Per ulteriori informazioni cfr. GUALDIERI, A., Novità in tema di cooperazione giudiziaria: i nuovi ordini europei di conservazione e produzione delle prove elettroniche, in Diritto penale e processo, fasc. 9/2023, p. 1235.

  3. [3]

    Cfr. sul punto Cisterna, A., Il contrasto al terrorismo online e la tutela delle infrastrutture informatiche, in Diritto penale e processo, fasc. 11/2023, p. 1433.

  4. [4]

    Per maggiori informazioni si legga la Relazione della Commissione europea all’interno della proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del consiglio, pp. 1-2, disponibile al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52022PC0245.

  5. [5]

    A tal proposito pare, infatti, il caso di richiamare la valutazione SOCTA (Serious and Organised Crime Threat Assessment) del 2021 di Europol, citata anche all’interno del considerando 1 della nuova Direttiva sul recupero e la conquista dei beni, la quale ha evidenziato la crescente minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata e dall’infiltrazione criminale all’interno dell’Unione europea al fine di contribuire a determinare le priorità EMPACT tra il 2022 e il 2025. Per un’analisi approfondita sul punto si rinvia al testo integrale della valutazione SOCTA del 2021, disponibile al seguente link:
    https://www.europol.europa.eu/cms/sites/default/files/documents/socta2021_1.pdf.

Christian Bianco

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