Le elezioni comunali a Bari si sono concluse con la netta vittoria del candidato del centro sinistra Vito Leccese supportato anche dal movimento 5stelle, come era prevedibile. Tuttavia non può ignorarsi che nel comune capoluogo pugliese in precedenza è stata nominata una commissione di accesso antimafia che concluderà i lavori nel prossimo settembre. Tale nomina è stata determinata da un procedimento penale per mafia che ha portato all’esecuzione di oltre 130 misure cautelari, tra cui una riguardante una consigliera comunale sottoposta alla misura della custodia cautelare degli arresti domiciliari oltre al commissariamento della municipalizzata del trasporto pubblico Amtab. Al riguardo non può disconoscersi che nella fattispecie vi siano degli obiettivi elementi sintomatici e che, pertanto, si potrebbe arrivare allo scioglimento del Comune e alla nomina di tre commissari straordinari per un periodo massimo di due anni.
Indice
1. Le elezioni comunali a Bari
Il Ministro dell’Interno in data 19 marzo 2024, a pochi mesi dalle elezioni comunali, ha nominato, per la prima volta in un capoluogo di Regione, una commissione di accesso finalizzata a verificare un’ipotesi di scioglimento del comune di Bari legata all’inchiesta c.d. “codice interno”.[1] Fanno parte della citata commissione il prefetto in quiescenza Claudio Sammartino già prefetto di Savona, Taranto, Reggio Calabria e Catania, il viceprefetto Antonio Giannelli e il maggiore dello Scico della guardia di finanza Pio Giuseppe Stola.
Tale provvedimento è stato adottato in conseguenza dell’inchiesta che aveva portato a Bari all’arresto di oltre 130 persone, tra cui la ex consigliera comunale Maria Carmen Lorusso, eletta con il centro destra e poi passata con il centro sinistra, suo marito Giacomo Olivieri avvocato ed ex consigliere regionale, il padre di lei l’oncologo Vito Lorusso.[2]
Già nell’ottobre 2022 un’altra consigliera comunale di Bari Francesca Ferri, sempre eletta nel centrodestra, era stata arrestata e poi rinviata a giudizio con il suo compagno e l’ex consigliere regionale Nicola Canonico per presunto voto di scambio nella stessa tornata elettorale a Bari e nel vicino comune di Valenzano. Gli imputati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale per le elezioni di Bari e di voto di scambio elettorale politico-mafioso per quelle di Valenzano.
L’inchiesta ha determinato il commissariamento della municipalizzata del trasporto pubblico Amtab nella cui sede si sarebbero svolti incontri tra esponenti della criminalità organizzata, anche se si deve rilevare che il Procuratore della Repubblica in sede di conferenza stampa ha chiaramente riferito di ritenere sostanzialmente estranea l’amministrazione comunale all’indagine.
In relazione al provvedimento di accesso ispettivo nei confronti del comune di Bari, di cui ha dato notizia l’ex Sindaco De Caro, il Ministero dell’Interno ha anche precisato che “lo stesso si è reso necessario in esito ad un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di cento arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina da parte del Tribunale, ai sensi del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’Azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interamente partecipata dallo stesso comune”.
Il Viminale ha poi riferito che “l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di precise disposizioni di legge, a Bari come in diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del comune, bensì ad una approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.
In questo clima di strisciante incertezza si sono svolte la campagna elettorale e le elezioni nel Comune in questione.
Al primo turno lo spoglio delle schede ha avuto come esito il ballottaggio tra Vito Leccese e Fabio Romito, che si è svolto il 23 e il 24 giugno scorsi. Leccese, supportato da Pd, Europa Verde e altre 5 civiche, ha ottenuto il 48,02% dei voti (pari 73.735 voti), sfiorando così la vittoria al primo turno. Romito, invece, sostenuto da Fdi, Fi, Udc-Prima l’Italia, e altre 7 liste, ha conseguito il 29,12% dei consensi, pari a 44.709 voti. Terzo, invece, Michele Laforgia (M5S e altre 5 liste tra sinistra, civiche e centro), suffragato con il 21,75% delle preferenze (corrispondenti a 33.402 voti). Al quarto e al quinto posto, rispettivamente, Nicola Sciacovelli (2 liste civiche – 0,76% pari a 1.170 voti) e Sabino Mangano (Oltre) che ha ottenuto lo 0,34% dei consensi (523 voti).
I cittadini del capoluogo pugliese sono, quindi, stati chiamati di nuovo alle urne, domenica 23 e lunedì 24 giugno 2024, dal momento che nessun candidato era riuscito a conquistare la maggioranza assoluta al primo turno.
In conseguenza del ballottaggio, come era ampiamente prevedibile, Vito Leccese è stato eletto sindaco di Bari. Il candidato sostenuto da una coalizione di centrosinistra ha ottenuto il 70,27% dei voti, superando il candidato di centrodestra Fabio Romito, fermo al 29,73% L’affluenza definitiva è stata del 37,53%: al primo turno aveva votato il 58,17% degli aventi diritto.
Si deve anche rilevare che non c’è stato un apparentamento ufficiale, ma Laforgia al ballottaggio ha dato il suo sostegno a Leccese.
Il dato più allarmante resta tuttavia quello dell’assenteismo. In generale ai ballottaggi ha votato meno di un elettore su due (il 47,7%) contro il 68,2% del primo turno; mentre a Bari addirittura hanno votato poco più di tre elettori su dieci. Ciò ha spinto le forze politiche di centro destra a criticare l’attuale meccanismo del doppio turno. In particolare, il presidente del Senato ritiene che l’attuale sistema elettorale dei sindaci “non è salvifico, anzi incrementa l’astensione perché in qualche caso si viene letti con solo il 20% degli aventi diritto” e talvolta “viene addirittura eletto chi ha meno voti assoluti dell’avversario al primo turno”. Per questo la seconda carica dello Stato auspica idonei correttivi sul modello del doppio turno siciliano, dove per essere eletti al primo turno nei Comuni con più di 15.000 abitanti è sufficiente il 40% dei voti. Al riguardo si ritiene che il fenomeno dell’assenteismo elettorale è più complesso e riguarda soprattutto la mancanza di senso civico e la sfiducia nei confronti delle istituzioni da parte dei cittadini elettori che nel corso degli anni si stanno assottigliando sempre di più.
2. La “Spada di Damocle” dello scioglimento per mafia
Preliminarmente si osserva che l’origine dell’istituto dello scioglimento per mafia dei comuni risale all’ultimo decennio del secolo scorso; infatti, si era preso atto per il contrasto alla criminalità organizzata dell’insufficienza delle misure penalistiche anche se estese ai profili patrimoniali (confisca e sequestro).
Si tratta di una normativa con funzione preventiva e cautelare e non punitiva e sono stati sollevati profili di illegittimità costituzionale di questa normativa dal carattere altamente discrezionale in ordine ai presupposti; ma la Corte costituzionale[3] ha ritenuto legittimo l’istituto e successivamente la legge di riforma n. 94/2009 ha fornito adeguate indicazioni sui presupposti dello scioglimento, sulla scansione procedimentale, sulle attività da svolgere e sulla tempistica.[4]
Tale strumento si può considerare un’extrema ratio di prevenzione e di contrasto della criminalità organizzata, come sintesi tra i principi di libertà, garantiti dalle libere elezioni democratiche e quelli di imparzialità e buon andamento della vita amministrativa.
Infatti, lo Stato, con valutazione altamente discrezionale, attraverso Commissari straordinari, si sostituisce per un tempo determinato agli organi elettivi al fine del ripristino della legalità, del buon andamento e della trasparenza della gestione pubblica e la salvaguardia della corretta funzionalità dell’Amministrazione. In questo modo, le esigenze di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata prevalgono sui risultati delle libere consultazioni elettorali.
In base alla sua ultima formulazione, l’art. 143 del TUEL n. 267/2000, prevede “la possibilità di scioglimento dei consigli comunali (e provinciali)[5] in presenza di elementi concreti (valenza fattuale), univoci (non contradditori) e rilevanti (indicativi della presenza mafiosa), che rivelino collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, ovvero forme di condizionamento degli stessi soggetti”.[6]
Ovviamente, poiché il D.Lgs. n.29/1993 ha attribuito all’apparato amministrativo la gestione dei comuni, vi è l’estensione del controllo in presenza contestuale dei tre elementi anche ai segretari comunali, ai direttori generali e ai dipendenti dell’ente locale.
L’accertamento mira a verificare degli indici sintomatici valutati complessivamente, ricavabili da eventi afferenti all’attività dell’ente (alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi o amministrativi) o da eventi attinenti ad una situazione ambientale di più ampia portata (grave pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica), che devono rivelare una patologia nella funzionalità dell’ente.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario anche la presenza di un elemento soggettivo e cioè che il condizionamento da parte della criminalità organizzata deve postulare “la consapevolezza di indirizzare le azioni degli amministratori al soddisfacimento degli interessi delle consorterie malavitose”.[7] A tale riguardo si rileva che non sempre tale requisito è stato messo in evidenza dai decreti di scioglimento.
In primo luogo deve svolgersi un premonitoraggio informale a seguito di notizie apprese da qualunque fonte (ex multis, ispezioni parlamentari, annotazioni di polizia, provvedimenti giurisdizionali, notizie di stampa), ma ovviamente non ci si può basare solo su esposti o denunce anonimi. Nella fattispecie in esame l’origine della procedura deve rinvenirsi nel citato procedimento giurisdizionale.
Pertanto, il Prefetto, avvalendosi di una Commissione di accesso, verifica la sussistenza dei presupposti per l’emanazione del provvedimento dissolutorio. Tale commissione viene nominata con i poteri di accesso attribuiti dal Ministero dell’Interno al Prefetto dalla legge n. 410/1991, ed è composta da tre funzionari della P.A., integrati da rappresentanti delle forze dell’ordine e/o da un gruppo tecnico, come avvenuto a Bari.
Viene, quindi, effettuata un’indagine ad ampio spettro in ambito preventivo e di difesa sociale che si realizza con l’accesso presso l’ente locale, gli enti pubblici e le società partecipate (nel caso in esame l’AMTAB di Bari) ed altri enti (come quelli sottoposti a controllo per il contrasto al riciclaggio); la relazione conclusiva deve essere redatta entro 3 mesi, prorogabili di altri 3 mesi come nella fattispecie in esame. Pertanto, la Commissione di accesso a Bari terminerà i propri lavori nel prossimo mese di settembre.
La procedura prevede che, entro 45 giorni dalla trasmissione della relazione della Commissione di accesso, deve essere redatta da parte del Prefetto la relazione destinata al Ministero dell’Interno; in tal caso è necessaria l’integrazione con eventuali ulteriori elementi in possesso del Prefetto (ad esempio, ulteriori risultanze dell’attività di polizia o provvedimenti della magistratura).
E’ stabilito anche l’obbligo di convocare il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ed è prevista l’acquisizione non obbligatoria di informazioni dal Procuratore della Repubblica anche in deroga all’art. 329 c.p.p. (segreto d’ufficio).
Il decreto di scioglimento e di nomina della Commissione straordinaria da parte del Presidente della Repubblica avviene su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro tre mesi dalla data della trasmissione della relazione prefettizia.
Le risultanze della relazione prefettizia non sono vincolanti per il Ministero e non vi è l’obbligatorietà di concludere l’iter procedimentale con uno scioglimento, ma con un provvedimento. Ecco perché anche nel caso del comune di Bari in teoria il procedimento potrebbe concludersi con una archiviazione, come fatto presente anche dal Ministro dell’interno.
È necessaria anche la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di scioglimento, della proposta ministeriale e della relazione prefettizia per indicare alla cittadinanza le ragioni dello scioglimento ed è anche prevista la facoltà di secretare alcune parti con adeguata motivazione.
A seguito della pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale cessano dalla carica i consiglieri, il Sindaco e i componenti delle giunte.
L’incarico ha una durata da 12 a 18 mesi, con possibilità proroga a 24 mesi disposta almeno 50 giorni prima della scadenza dello scioglimento; tali termini devono considerarsi perentori. Al riguardo si presume, come di solito avviene, che l’eventuale commissariamento si protrarrà per due anni considerata anche l’estensione del Comune di Bari.
Per quanto concerne il contenzioso, il provvedimento è impugnabile dinnanzi al Giudice amministrativo, TAR del Lazio, per assicurare l’uniformità dell’indirizzo giurisprudenziale e una maggiore specializzazione dei giudici, con valutazione di legittimità (idoneità dell’attività istruttoria, veridicità dei fatti, motivazione logica).
Successivamente, il Presidente della Repubblica nomina un collegio composto da tre membri scelti tra funzionari dello Stato e magistrati ordinari e amministrativi, che di solito non prestano servizio nella stessa provincia.
Con la nomina della Commissione si configura la risoluzione di tutti gli incarichi di cui all’art.110 TUEL (nomina dei dirigenti a contratto), di revisori dei conti e i rapporti di consulenza e collaborazione coordinata e continuativa, ma vi è però la possibilità di rinnovare gli incarichi citati entro 45 giorni dall’insediamento della Commissione per evitare la paralisi dell’ente.
3. Conclusioni
In primo luogo non può ignorarsi che alcuni giorni prima dell’annuncio della nomina della Commissione di accesso si sia tenuta presso il Viminale una riunione presieduta dal Ministro dell’Interno alla presenza degli esponenti pugliesi della maggioranza di governo, tra l’altro immortalata da una foto scattata dal viceministro alla giustizia Francesco Paolo Sisto e postata sui social.
Altrettanto innegabile è la circostanza che il Sindaco De Caro, che successivamente ha stravinto le elezioni europee conseguendo quasi 500.000 preferenze, sia un politico in prima linea contro la criminalità organizzata dotato di uno spessore morale indiscusso, tanto che è stato eletto Presidente nazionale dell’ANCI e da circa nove anni è titolare di una misura di protezione personale in conseguenza delle ripetute minacce ricevute in seguito all’adozione di numerosi provvedimenti di contrasto alle mafie.
Tuttavia, la fattispecie deve essere esaminata esclusivamente da un punto di vista giuridico, scevro da valutazioni politiche.
Compito della Commissione di accesso prima, del Prefetto, del Ministero dell’Interno e del Consiglio dei ministri dopo, è, come detto, quello di accertare la presenza di elementi sintomatici che devono rivelare “collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, ovvero forme di condizionamento degli stessi soggetti”[8], ma anche circostanze fattuali, pregnanti e concrete dell’ingerenza della consorteria criminale nella vita politica dell’ente.
Un altro elemento in grado di incidere sulla procedura di scioglimento potrebbero essere le affermazioni pubbliche del Procuratore di Bari, sentito anche dalla Commissione Parlamentare Antimafia, il quale ha dichiarato in sede di conferenza stampa che “L’amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata: è stata una parziale, circoscritta attività di inquinamento del voto alle comunali su cui noi siamo intervenuti”. In occasione, poi, il successivo 4 marzo, di una stipula con l’amministrazione comunale di un protocollo di legalità lo stesso Procuratore ha riferito che “L’amministrazione comunale di Bari ha dato una grandissima collaborazione alla Procura per raggiungere importanti risultati sulla legalità”.
Ci si chiede, pertanto, qualora la Commissione di accesso proponesse lo scioglimento, quale sarà il parere formale del Procuratore che necessariamente dovrà esprimere nell’ambito del Comitato Provinciale per la sicurezza pubblica convocato dal prefetto ai sensi della vigente normativa e a cui dovrà partecipare necessariamente.
In conclusione si ritiene che nella fattispecie in esame sussista il fumus boni juris per l’avviamento della procedura di nomina della Commissione di accesso che sta approfondendo tutti gli elementi sintomatici accertati nel corso dell’indagine, ascoltando gli amministratori e i funzionari del comune e degli altri enti pubblici coinvolti, nella consapevolezza che tale organismo è obbligato a proporre al Prefetto un provvedimento e non necessariamente uno scioglimento, come anche precisato dal Ministro dell’Interno, anche se si ritiene probabile la caducazione degli organi elettivi del Comune.
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Note
[1] E. Montani, Bari, il Ministero valuta lo scioglimento per mafia Decaro: atto di guerra, in Il Quotidiano di Puglia del 20 marzo 2024.
[2] P. Gentilucci, Accesso antimafia al comune di Bari: la prima volta in un capoluogo di regione, in Diritto.it del 22 marzo 2024.
[3] Cfr. Sentenza n. 103/1993.
[4] M. Teresa Sempreviva, Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno, Dike editore, 2017.
[5] Secondo la dottrina prevalente lo scioglimento per mafia della Provincia non è più possibile ai sensi della legge n. 56/2014.
[6] S. Guerra, Lo scioglimento per infiltrazioni mafiose: gestione straordinaria e profili di responsabilità, in Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno cit. pp. 623-642.
[7] Cfr. Cons. Stato n.748/2016.
[8] Art. 143 TUEL.
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