Inammissibilità della spesa per collegamento tra beneficiario e fornitore nei finanziamenti pubblici

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Nella presente disamina viene affrontato un tema particolarmente delicato in tema di non ammissibilità di spese – ovvero revoca in caso di ammissione – nell’ambito di iniziative di finanziamento a valere anche su finanziamenti europei.
Nello specifico si affronta il tema dei requisiti per verificare le incompatibilità interne tra fornitore e beneficiario in relazione all’intreccio della compagine sociale.
La presente disamina non ha pretesa di valore esaustivo ma parte da alcuni principi che meriterebbero un’attenzione particolare da parte del giudice amministrativo (cosa che per altro spesso fa) e a monte maggiore specificità e chiarezza dal predisponente il bando.
Copiare e incollare e ripetere acriticamente articoli di fatto poco chiari non è la risposta giusta alle istanze di chiarezza e predeterminazione della norma. Soprattutto col supporto delle numerose sentenze che condannano interpretazioni arbitrarie, ovvero quelle interpretazioni discrezionali che sfociano nella arbitrarietà per mancanza di certezza, aleatorietà interpretativa, carenza motivazionale di fatto.

Indice

1. Spesa per collegamento tra beneficiario e fornitore nei finanziamenti pubblici: la norma oggetto di discussione

Nel testo di tutti i bandi si legge una non ammissibilità della spesa sostenuta nel caso in cui soci o amministratori tra beneficiario e fornitore siano “collegati”. Per fare degli esempi concreti:
nel bando Cultura Crea (misura gestita da Invitalia) si legge
Non sono ammessi beni d’investimento e servizi acquistati da fornitori con cui intercorrano rapporti di controllo o collegamento societario ai sensi dell’art. 2359 del Codice Civile o per via indiretta (attraverso coniugi, parenti, affini e familiari conviventi), o nella cui compagine siano presenti, anche per via indiretta, soci o titolari di cariche nell’impresa beneficiaria.
nel bando Tecnonidi (misura gestita da Puglia Sviluppo) si legge
Non sono ammessi gli acquisti infragruppo, gli acquisti da soci o amministratori dell’impresa beneficiaria/proponente, da coniugi, parenti o affini entro il secondo grado di uno dei soci o amministratori dell’impresa beneficiaria anche nel caso in cui il rapporto sussista con un soggetto che rivesta il ruolo di amministratore o socio dell’impresa fornitrice;
nel bando Campania Startup (misura gestita da Regione Campania) si legge
Non sono ammesse le spese effettuate e/o fatturate all’impresa beneficiaria: – i. dal legale rappresentante, dai soci dell’impresa e da qualunque altro soggetto facente parte degli organi societari della stessa, ovvero dal coniuge o parenti entro il terzo grado dei soggetti richiamati; – ii. da società con rapporti di controllo o collegamento così come definito ai sensi dell’art. 2359 del Codice Civile, ovvero dai loro soci; 13 – iii. da società nella cui compagine sociale siano presenti i soci e i titolari di cariche e qualifiche dell’impresa beneficiaria, ovvero i loro coniugi e parenti entro il terzo grado;

2. La ratio dell’interpretazione

Per comodità discuteremo della norma “Cultura Crea” (esempio n.1) anche perché è una norma contenuto in un bando nazionale, gestito da una società di servizio che gestisce molte misure simili.
La norma di cui si discute è sindacabile in vari punti.
E ciò per la poca chiarezza del limite di cui al secondo periodo, rispetto a quanto indicato nel primo periodo.
Il primo infatti indica con chiarezza un riferimento normativo – l’articolo 2359 cc – mentre il secondo non prevede una norma di riferimento che indichi esplicitamente diversi rapporti quali-quantitativi.
Non può tuttavia prevedersi una interpretazione “senza alcun limite” o peggio con un “limite discrezionale”, con ogni evidenza.
Le istituzioni europee tuttavia sono intervenute molto spesso con interpretazione unanime sull’argomento, anche perché da un lato le direttive e i regolamenti hanno portata generale per tutti i paesi dell’Unione, ed al contempo ogni paese ha un proprio codice civile ed un proprio criterio civilistico di interpretazione sulla materia.
In via omogenea tuttavia si è adottato un criterio che può essere considerato ormai consolidato secondo cui l’incompatibilità sorge nei casi in cui la partecipazione sia da considerarsi “qualificata” secondo stringenti criteri civilistici, o comunque in altro verso tale da determinare un condizionamento di fatto.
Nel primo caso, il criterio individuato come “partecipazione qualificata” è storicamente quello anglosassone del 25% del capitale, che in molti paesi è stato ridotto al 20% dei diritti di voto attraverso precise norme di legge.
Il secondo criterio invece può generalmente essere desunto, ma va provato con una motivazione “in forma rafforzata”.
In concreto oltre a indicare il “come” tale condizionamento potrebbe avvenire in teoria, è richiesto che tale ipotesi astratta venga motivatamente illustrata in concreto, e soprattutto nel caso concreto.

3. Il contesto della norma

La norma richiamata (articolo 5.5 della Direttiva Operativa N. 237 Del 29/03/2021) non è una norma che il legislatore nazionale ha disposto nell’ambito e nel contesto della sua discrezionalità politica e legislativa.
Si inserisce precisamente nel recepimento organico dei principi più ampi, volti a normare da un lato i conflitti di interessi, e dall’altro a predisporre misure antifrode univoche e omogenee all’interno dell’Unione.
Il punto non è senza conseguenze.
Da un lato indica chiaramente il perimetro normativo e i rimedi regolamentari omogenei – e questo anche nel caso di rapporti di fornitura tra operatori transnazionali e di rapporti transfrontalieri – di riferimento, che devono intendersi anche a livello interpretativo omogenei.
Dall’altro inquadra il riferimento normativo complessivo sotto due profili limitrofi, miranti a scopi precisi ben definiti, anch’essi strettamente collegati: da un lato il conflitto di interessi, dall’altro la tutela anti frode.
È solo in queste direttrici concrete che va letta la norma, senza che possa essere considerata meramente discrezionale, o peggio che possa prevedere arbitrarietà interpretativa.

4. Il quadro normativo nazionale

In questo contesto di scopo della norma è bene richiamare il quadro generale della normativa di riferimento, che costituirà il riferimento coerente cui attenersi nell’interpretazione tecnica della norma oggetto di esame.
Art. 77 c.c. rubricato “Limite della parentela”;
Art. 2391 c.c. rubricato “Interessi degli amministratori”;
Art. 6 bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 – Nuove norme sul procedimento amministrativo, rubricato “Conflitto di interessi”;
D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, recante le “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190” e segnatamente gli articoli 9,11,13, 20 e 21;
D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, recante “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, così come modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2023, n. 81;
art. 16 del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, recante “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici, rubricato “Conflitto d’interessi”;
Piani Nazionali Anticorruzione adottati dall’ANAC e relative delibere (i.e. P.N.A. 2022 e relativo Aggiornamento 2023; Delibera ANAC n. 321 del 28 marzo 2018; Delibera ANAC n. 494 del 5 giugno 2019 – Linee Guida n. 15 recanti “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici; Delibera ANAC n. 177 del 19 febbraio 2020 – Linee Guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche; Delibera ANAC n. 158 del 30 marzo 2022);
Comunicazione della Commissione Europea del 9 aprile 2021 (2021/C 121/01), recante gli “Orientamenti sulla prevenzione e sulla gestione dei conflitti d’interessi a norma del regolamento finanziario”;
PNRR Circolare MEF dell’11 agosto 2022, n. 30: Linee Guida per lo svolgimento delle attività di controllo e rendicontazione degli interventi PNRR di competenza delle Amministrazioni centrali e dei Soggetti attuatori Vers. 1.0 (agosto 2022).

5. Interpretazione tecnica

Sulla base di quanto detto, tenendo conto dello scopo e del quadro normativo complessivo di riferimento, l’articolo 5.5 va così scomposto:
“Non sono ammessi beni d’investimento e servizi acquistati da fornitori con cui intercorrano rapporti di controllo o collegamento societario ai sensi dell’art. 2359 del Codice Civile”
Questo primo “capo” indica un preciso riferimento normativo che esprime un riferimento qualitativo e quantitativo chiaro, ovvero:
“Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.”
Rileva a norma dell’articolo 2359 del codice civile italiano “l’esercizio di una influenza notevole” e questo si presume a sua volta sussistere attraverso l’esercizio del 20% dei diritti di voto (o del 10% in caso di società quotata).
In ogni altro caso escluso da questa presunzione ex lege la motivazione di diversa presunzione va provata con motivazione specifica, e rafforzata dalla definizione dell’ipotesi concreta.
Prosegue la norma in esame con un secondo “capo” in cui si afferma che tale influenza può avvenire
o per via indiretta (attraverso coniugi, parenti, affini e familiari conviventi), o nella cui compagine siano presenti, anche per via indiretta, soci o titolari di cariche nell’impresa beneficiaria.”
Lungi dall’essere anche solo considerabile discrezionale, in assenza di un nuovo vincolo quantitativo, questo secondo capo deve essere interpretato alla stregua del primo.
Deve trattarsi di influenza “notevole”
Tale influenza – comunque qualificata e notevole – può anche essere indiretta
Anche nel caso di influenza indiretta essa deve essere notevole
Ciò implica che si deve tenere conto delle quote totali dei soggetti convergenti presenti specularmente nelle due compagini societarie, e che la somma totale delle quote (o dei voti) sia idonea ad essere qualificata – oggettivamente – come influente.
Ciò viene verificato in via semplificata certamente quando anche solo un socio sia anche amministratore in una delle due soci8età (fornitrice o beneficiario), indipendentemente dalla percentuale di quote detenute o del numero di voti esercitabili.
In mancanza di tale fatto-requisito, farà fede la somma delle percentuali, sino all’occorrenza minima del 20%, in concreto il solo minimo totale idoneo a determinare – con fondamento legale – l’esercizio di “un’influenza notevole”, appunto legalmente determinata.

6. La prova “a contrario”

La prova “a contrario” è quel metodo tecnico che cerca di definire quale situazione giuridica si verificherebbe se si riscostruisse “al contrario” l’interpretazione tecnica.
In caso di interpretazione difforme si verificherebbe che anche il solo fatto di avere un parente di 5° o 6°grado con una quota dell’1% di una società fornitrice genererebbe incompatibilità.
In caso di interpretazione difforme si verificherebbe che anche il solo fatto che un singolo socio all’1% avesse un parente o affine di 6°grado con una quota dell’1% di una società fornitrice genererebbe incompatibilità.
Due ipotesi previste dal combinato disposto dell’articolo 77cc.
È evidente che lo spirito e lo scopo, oltre che il contesto della norma – in coerenza con tutta la normativa richiamata – è diverso.
E non è diversamente interpretabile dalla lettura “in concreto” dell’articolo 6.4 della Comunicazione della Commissione Europea del 9 aprile 2021 (2021/C 121/01), recante gli “Orientamenti sulla prevenzione e sulla gestione dei conflitti d’interessi a norma del regolamento finanziario”, che per altro disciplina proprio il tema trasversale dell’incrocio tra conflitti di interessi e tematica antifrode.
Dal momento che l’articolo 2.1 della Direttiva Operativa N. 237 Del 29/03/2021 statuisce che “per la concessione delle agevolazioni di cui al decreto sono utilizzate le disponibilità finanziarie di cui all’art. 2.3 del decreto dell’11 maggio 2016 e di cui all’art. 1 punto b come previsto dal decreto di modifica del 10 dicembre 2020.” – e quindi trattasi di cofinanziamenti europei – e che ampiamente nelle premesse è a tali regolamenti che si fa riferimento, anche le incompatibilità e i conflitti di interessi e la prevenzione antifrode deve essere verificata in coerenza con tali normative.
Di certo è da escludersi comunque una interpretazione arbitraria da parte di una qualsiasi pubblica amministrazione procedente, laddove non è precisata alcuna limitazione potestativa da parte del legislatore nazionale.
Si fa presente incidentalmente che la Comunicazione della Commissione Europea del 9 aprile 2021 (2021/C 121/01), recante gli “Orientamenti sulla prevenzione e sulla gestione dei conflitti d’interessi a norma del regolamento finanziario”, è la stessa adottata dall’amministrazione procedente per la regolamentazione dei propri conflitti di interessi e delle proprie misure antifrode nei confronti dei propri dirigenti e verso i propri rapporti di fornitura, dal che non si comprende come nell’interpretazione di questa norma non si ricorra alla lettura dell’articolo 6.4. della stessa comunicazione ma si ricorra a differente discrezionalità priva di motivazione.

7. Implicazioni penalistiche dell’interpretazione

Non secondario nell’interpretazione della norma è la disamina delle possibili implicazioni penali in concreto, nel contesto già chiarito in cui la norma si inserisce, ovvero gli strumenti e misure antifrode.
Se è vero che ogni paese dell’Unione ha un proprio diritto penale, consolidato attraverso storie e tradizioni talvolta anche profondamente difformi, anche in questo ramo del diritto l’Unione ha inteso dare garanzie uniformi e unificanti che hanno inciso profondamente e che attualmente hanno una pregnante rilevanza nei procedimenti di adesione per i nuovi paesi.
Dei 33 chapters dello screening process, ben 5 (il 5, il 18, il 23, il 24 e il 32) sono incentrati sulla verifica dello stato di diritto ed in particolare sulla creazione di una omogeneità dei principi fondamentali e generali.
Il diritto penale, anche a livello eurounitario, è retto da quattro principi fondamentali:
Principio di legalità, che in Italia ha ricevuto consacrazione nella Costituzione repubblicana del 1948. È sancito dall’art. 1 del c.p. secondo cui «Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite». L’importanza di questo principio è rafforzata dall’art. 25 comma 2 della Costituzione, che stabilisce: «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».
Il principio di legalità esprime l’applicazione di quattro “sotto principi”: 1) la riserva di legge della fonte penale; 2) l’irretroattività della norma penale; 3) la sufficiente determinatezza e la tassativa applicazione della norma penale; 4) il divieto di analogia in malam parte di norma non eccezionale (cfr art. 14 cd. preleggi.).
Principio di materialità, secondo cui non si può ravvisare un reato se la volontà criminale non si manifesta in una condotta esterna
Principio di offensività per il quale la volontà criminale deve manifestarsi in un comportamento esterno che leda o ponga in pericolo uno o più beni giuridici
Principio di colpevolezza per cui un fatto può essere penalmente attribuito solo se vi sono i presupposti per ritenere sia obiettivamente e soggettivamente imputabile al suo agente. Questo principio si desume dal disposto dell’art. 27, comma 1 della Costituzione, secondo cui “la responsabilità penale è personale”.
Queste premesse non sono senza connessione e prive di dirette conseguenze nell’interpretazione della orma oggetto di interpretazione tecnica.
Se lasciassimo una interpretazione arbitraria senza parametri certi di riferimento nella qualificazione della partecipazione societaria, si creerebbe un insanabile vulnus in tutti i principi richiamati, e ciò sotto l’aspetto della determinazione del numero di quote/azioni, sotto l’aspetto della determinazione dei diritti di voto, e sotto l’aspetto della determinazione di ogni altro criterio volto a chiare quale siano i “rapporti di controllo o collegamento” ovvero l’esercizio di “un’influenza notevole.”
Verrebbe meno 1) la riserva di legge; 2) l’irretroattività; 3) la sufficiente determinatezza e la tassativa applicazione; 4) il divieto di analogia in malam parte di norma non eccezionale (cfr art. 14 cd. preleggi).
Se la norma in sé ha una precisa funzione antifrode, la sua violazione oltre alle conseguenze amministrative, determina una fattispecie anche penalisticamente rilevante, o nel tentativo di frode o nella frode compiuta.
Inoltre in sé la domanda di ammissione – essendo accompagnata da “documento sostitutivo di atto di notorietà” che afferma non esserci tale incompatibilità – determinerebbe che il firmatario sarebbe da ritenersi consapevole delle responsabilità penali previste per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci così come stabilito negli artt. 75 e 76 del DPR 28/12/2000 n. 445.
In assenza di un criterio certo e definito, e non arbitrario o aleatorio, verrebbero violati praticamente tutti i principi appena richiamati.
Ci troveremmo nella situazione in cui l’interpretazione amministrativa di una norma configuri un reato.
Nel caso concreto infatti il firmatario del DSAN ha agito in buona fede nella sua interpretazione – corretta – della norma di cui all’articolo 5.5 in discussione.
Oggi si trova ad essere consapevole delle responsabilità penali previste per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci così come stabilito negli artt. 75 e 76 del DPR 28/12/2000 n. 445.
Ma il principio di legalità impone che egli abbia almeno avuto modo di conoscere prima quali erano le soglie certe di incompatibilità sotto l’aspetto della determinazione del numero di quote/azioni, sotto l’aspetto della determinazione dei diritti di voto, e sotto l’aspetto della determinazione di ogni altro criterio volto a chiare quale siano i “rapporti di controllo o collegamento” ovvero l’esercizio di “un’influenza notevole.”
Tutte fattispecie che l’amministrazione procedente pretende di determinare a posteriori e arbitrariamente.
Ma il principio di materialità, impone che non si può ravvisare un reato se la volontà criminale non si manifesta in una condotta esterna, ma tale condotta è indeterminabile se non si stabiliscono a priori e con formula certa e non discrezionale le soglie di incompatibilità sotto l’aspetto della determinazione del numero di quote/azioni, sotto l’aspetto della determinazione dei diritti di voto, e sotto l’aspetto della determinazione di ogni altro criterio volto a chiare quale siano i “rapporti di controllo o collegamento” ovvero l’esercizio di “un’influenza notevole.”
Tutte fattispecie che l’amministrazione procedente pretende di determinare a posteriori e arbitrariamente.
Ma il principio di offensività impone che la volontà criminale deve manifestarsi in un comportamento esterno che leda o ponga in pericolo uno o più beni giuridici, e non si comprende come una qualsiasi quota indeterminata (per ipotesi di scuola anche solo minimale detenuta da un parente o affine sino al 6° grado nelle due società committente e fornitrice) possa concretizzare tale ipotesi, a meno che le soglie certe di incompatibilità non vengano chiarite determinate in modo certo sotto l’aspetto della determinazione del numero di quote/azioni, sotto l’aspetto della determinazione dei diritti di voto, e sotto l’aspetto della determinazione di ogni altro criterio volto a chiare quale siano i “rapporti di controllo o collegamento” ovvero l’esercizio di “un’influenza notevole.”
Tutte fattispecie che l’amministrazione procedente pretende di determinare a posteriori e arbitrariamente.
Ma il principio di colpevolezza impone che un fatto può essere penalmente attribuito solo se vi sono i presupposti per ritenere sia obiettivamente e soggettivamente imputabile al suo agente. Questo principio si desume dal disposto dell’art. 27, comma 1 della Costituzione, secondo cui “la responsabilità penale è personale”.
Ma in questo caso l’agente diviene colpevole successivamente al fatto, per una interpretazione arbitraria ex post sotto l’aspetto della determinazione del numero di quote/azioni, sotto l’aspetto della determinazione dei diritti di voto, e sotto l’aspetto della determinazione di ogni altro criterio volto a chiare quale siano i “rapporti di controllo o collegamento” ovvero l’esercizio di “un’influenza notevole.”
Tutte fattispecie che l’amministrazione procedente pretende di determinare a posteriori e arbitrariamente.
Una interpretazione della norma in senso difforme da quello indicato violerebbe in sé, di fatto e in concreto, nel contesto del quadro di riferimento antifrode, il principio di legalità ed a cascata tutti i principi fondanti del diritto penale.
Soprattutto una interpretazione della norma in senso difforme da quello indicato, nel contesto del quadro di riferimento antifrode, creerebbe un unicum in cui una autorità amministrativa delegata alla gestione di una misura finanziaria può discrezionalmente determinare quando e in che misura si configurano ben tre fattispecie di reato.
Questi due fatti sono incompatibili con lo stato di diritto eurounitario, e di certo violano il senso e lo spirito della norma europea di riferimento e sottostante la normativa nazionale richiamata.

8. Conclusione

Dovrebbe ritenersi definitivamente – e questo in coerenza con tutte le interpretazioni e pareri e regolamenti europei in materia – che la norma debba leggersi tecnicamente nel seguente modo, onde evitare interpretazioni arbitrarie o analogie non fondate su quadri e scopi normativi:
“Non sono ammessi beni d’investimento e servizi acquistati da fornitori con cui intercorrano rapporti di controllo o collegamento societario ai sensi dell’art. 2359 del Codice Civile o per via indiretta (attraverso coniugi, parenti, affini e familiari conviventi), o nella cui compagine siano presenti, anche per via indiretta, soci che esercitino anche congiuntamente diritti di voto nelle misure previste dall’articolo 2359 cc, o tali da esercitare una influenza notevole o titolari di cariche nell’impresa beneficiaria.”

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Michele Di Salvo

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