Lettera anonima su percorso professionale dell’interessato: violazione privacy

Scarica PDF Stampa

Viola la privacy la pubblicazione di una lettera anonima che ricostruisce il percorso professionale dell’interessato in assenza di riscontri verificabili.

Per avere un quadro completo sui ricorsi al Garante della privacy, si consiglia il seguente volume il quale affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali e le relative sanzioni: I ricorsi al Garante della privacy

Indice

1. I fatti

Un reclamante chiedeva al Garante per la protezione dei dati personali di ordinare a Google la rimozione dai risultati reperibili sul motore di ricerca in associazione al proprio nome e cognome, di un URL che rinviava ad una pubblicazione da parte di un blog del contenuto di una lettera anonima che aveva caratteri diffamatori nei suoi confronti.
A tal proposito, il ricorrente affermava che la predetta lettera era priva di firma e nel suo contenuto l’autore anonimo ricostruiva in maniera fantasiosa e infamante la carriera professionale del reclamante. In particolare, l’autore sosteneva che il reclamante partecipasse alla massoneria e fosse vicino ad ambienti mafiose ed avesse ottenuto un primo posto di lavoro presso la pubblica amministrazione grazie alle pressioni di un ministro, ad un curriculum falso e ad una commissione esaminatrice corrotta.
A ciò, il reclamante aggiungeva che tale ricostruzione dell’autore anonimo non aveva alcun riscontro nella realtà e che egli era incensurato e senza alcun carico pendente, né alcun processo a suo carico. Infine, il reclamante evidenziava di non essere un personaggio pubblico e di non rivestire alcuna carica elettiva o che abbia rilievo per i lettori di una testata giornalistica.
Preso atto del reclamo, il Garante invitava Google a, quale titolare del trattamento, a fornire la propria posizione sulla richiesta di deindicizzazione dell’ URL formulata dal reclamante.
La piattaforma americana confermava che la lettera pubblicata nel blog cui rimandava l’URL in questione denunciava l’implicazione del reclamante in contesti mafiosi in ragione di circostanze di cui lo stesso reclamante aveva contestato la veridicità. Tuttavia, il titolare del trattamento sosteneva che non era stato possibile effettuare una valutazione completa del caso, in quanto non vi erano elementi sufficienti e necessari per poter operare il bilanciamento degli interessi in gioco: conseguentemente, Google non aveva potuto valutare se fosse ancora sussistente un interesse pubblico alle notizie contenute nella lettera.
A tal proposito, Google evidenziava che il reclamante aveva svolto recentemente un ruolo di rilevanza pubblica (come emergeva dal blog) e che allo stato non aveva elementi sufficienti ad escludere che lo stesso continuasse ancora a svolgere un ruolo di rilevanza pubblica. Per quanto riguarda, invece, l’assenza di precedenti nel certificato del casellario giudiziario e nel certificato dei carichi pendenti del reclamante, tali elementi erano del tutto irrilevanti – secondo la piattaforma americana – per la valutazione dell’interesse pubblico della notizia, in quanto non chiarivano comunque le vicende descritte nella lettera contenuta nel blog cui rimandava l’URL in questione.
In considerazione di quanto sopra Google riteneva di non poter compiere il necessario bilanciamento di interessi fra quello del reclamante alla riservatezza e quello del pubblico a conoscere le notizie contenute nella lettera in questione e pertanto si rimetteva alla decisione del Garante.
Per avere un quadro completo sui ricorsi al Garante della privacy, si consiglia il seguente volume il quale affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali e le relative sanzioni:

FORMATO CARTACEO

I ricorsi al Garante della privacy

Giunto alla seconda edizione, il volume affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali, alla luce delle recenti pronunce del Garante della privacy, nonché delle esigenze che nel tempo sono maturate e continuano a maturare, specialmente in ragione dell’utilizzo sempre maggiore della rete. L’opera si completa con una parte di formulario, disponibile online, contenente gli schemi degli atti da redigere per approntare la tutela dei diritti dinanzi all’Autorità competente. Un approfondimento è dedicato alle sanzioni del Garante, che stanno trovando in queste settimane le prime applicazioni, a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa. Michele Iaselli Avvocato, funzionario del Ministero della Difesa, docente a contratto di informatica giuridica all’Università di Cassino e collaboratore della cattedra di informatica giuridica alla LUISS ed alla Federico II, nonché Presidente dell’Associazione Nazionale per la Difesa della Privacy (ANDIP). Relatore in numerosi convegni, ha pubblicato diverse monografie e contribuito ad opere collettanee in materia di privacy, informatica giuridica e diritto dell’informatica con le principali case editrici.

Michele Iaselli | Maggioli Editore 2022

2. Lettera anonima su percorso professionale dell’interessato e privacy: valutazione del Garante

Preliminarmente, il Garante per la protezione dei dati personali ha inquadrato la fattispecie in esame all’interno del diritto all’oblio ed ha ricordato che la decisione di rimuovere un URL passa dalla valutazione dell’esistenza dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo e degli ulteriori criteri espressamente individuati dalle linee guida adottate dalle autorità europee di protezione dei dati.
Nel caso di specie, l’URL si riferisce in effetti ad una notizia pubblicata di recente (cioè il 6 maggio 2021), che riporta il testo di una lettera anonima che, oltre a richiamare una breve biografia del reclamante, contiene commenti dell’autore relativamente ad asserite condotte illecite in ordine al conferimento degli incarichi ricevuti e delle cariche ricoperte dall’interessato nella pubblica amministrazione.
Tuttavia, mette conto altresì rilevare per il Garante, che il testo della lettera è richiamato senza l’aggiunta di alcun ulteriore contenuto di tipo giornalistico relativamente ai fatti ivi descritti e che la ricostruzione operata dall’autore della lettera appare riflettere una sua visione personale connotata da una valenza chiaramente diffamatoria (anche se su tale ultimo aspetto, secondo il Garante, è irrilevante che il reclamante non abbia dedotto o dimostrato di essersi attivato in altre sedi per far accertare il contenuto diffamatorio).
In altri termini, per il Garante, il contenuto della pubblicazione di cui si discute è privo di riscontri puntualmente verificabili e pertanto, anche in considerazione del fatto che è stato provato che il reclamante non è sottoposto a procedimenti giudiziari pendenti, né ne ha avuti in passato, la pubblicazione del predetto contenuto è idoneo a creare un impatto sproporzionato sulla sfera giuridica del reclamante, che non appare bilanciato da un interesse pubblico alla conoscenza di notizie riportate in maniera anonima e senza il supporto di una ricostruzione oggettiva e continente dei fatti ivi riportati.

3. La decisione del Garante

In considerazione di tutto quanto sopra, il Garante ha ritenuto di dover dichiarare il reclamo fondato con riguardo alla richiesta di deindicizzazione dell’URL dove era contenuto il blog che riportava la lettera anonima avente contenuto diffamatorio nei confronti del reclamante.
Conseguentemente, il Garante ha ingiunto a Google di rimuovere il predetto URL quale risultato reperibile all’interno del motore di ricerca della piattaforma americana in associazione al nominativo dell’interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del provvedimento.
Infine, il Garante ha altresì ritenuto sussistenti i presupposti per procedere all’annotazione del provvedimento nel registro interno dell’Autorità, ma, considerato che la misura adottata nel caso in esame nei confronti della predetta società discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso, il Garante ha disposto che l’iscrizione di essa nel predetto registro interno non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti di Google, quale precedente pertinente.
In conclusione, il Garante ha ricordato al titolare del trattamento che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione nei confronti di Google di una sanzione amministrativa così come prevista dal Regolamento europeo per la protezione dei dati personali.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento