Beneficiario di amministrazione di sostegno: può promuovere personalmente un giudizio?

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L’assistenza dell’amministratore di sostegno non esclude che il beneficiario possa promuovere personalmente un giudizio, se ciò non è espressamente escluso dal decreto di nomina”.

Corte di Cassazione – Sez. I Civ. – Sent. n. 14681 del 27/05/2024

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Indice

1. L’istituto dell’amministrazione di sostegno (ADS)

L’istitutodell’amministrazione di sostegno, disciplinato dagli artt. 404 e seguenti del Codice civile, viene in considerazione in tutti quei casi in cui un soggetto si trovi nell’impossibilità, anche solo temporanea, di provvedere ai propri interessi, a causa di un’infermità e/o menomazione fisica o psichica.
L’amministratore di sostegno viene nominato con decreto dal Giudice Tutelare del luogo in cui il beneficiario ha la residenza o il domicilio, sulla base di un ricorso che può essere presentato:
– dal beneficiario stesso (anche se minore, interdetto o inabilitato);
– dal coniuge;
– dal convivente;
– dai genitori se il beneficiario si trova sotto la loro responsabilità genitoriale;
– dai parenti entro il quarto grado;
– dagli affini entro il secondo grado;
– dal tutore;
– dal curatore;
– dal Pubblico Ministero;
– dai responsabili dei servizi sanitari e sociali che siano impegnati nella cura e nell’assistenza del beneficiario e che siano venuti a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno.
La figura dell’amministratore di sostegno può essere un familiare o, in caso di disaccordo tra colui che presenta il ricorso e i parenti del beneficiario, un professionista nominato dal Giudice Tutelare.
Il decreto con cui il Giudice Tutelare nomina l’amministratore di sostegno può essere definito come un “vestito che viene cucito addosso al soggetto che ne beneficerà”: il provvedimento, infatti, contiene espressamente i poteri in capo all’amministratore di sostegno e, dunque, l’elenco degli atti che egli può compiere nell’interesse del beneficiario, quelli per i quali, sarà, invece, necessaria un’ulteriore autorizzazione del Giudice Tutelare e quelli che l’amministrato di sostegno può compiere in autonomia.
Tale istituto è stato creato appositamente per adeguarsi alle esigenze del beneficiario, la cui capacità di agire deve essere limitata il meno possibile, ovvero solo per quegli atti e quelle azioni che il soggetto non riesce per nessun motivo a compiere da solo, se non andando contro i propri stessi interessi.
Di fatto, l’amministrazione di sostegno è volta a preservare, per quanto è possibile, l’autonomia e la libera autodeterminazione del beneficiario e, per questo, risulta meno invasiva della misura dell’interdizione a cui, infatti, si ricorre sempre meno.
L’amministratore di sostegno ha il compito di relazionare periodicamente al Giudice Tutelare, versando in atti un rendiconto – tendenzialmente annuale – relativo al patrimonio del beneficiario e segnalando eventuali modifiche circa lo stato di salute del soggetto interessato.
Pertanto, il decreto di nomina emesso dal Giudice tutelare deve essere specifico e individualizzato e deve, dunque, contenere (art. 405 c.c.):
– le generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno;
– la durata dell’incarico, anche a tempo indeterminato;
– l’oggetto dell’incarico;
– gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
– gli atti che il beneficiario può compiere esclusivamente con l’assistenza dell’amministratore di sostegno;
– i limiti delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha la disponibilità;
– la periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al Giudice Tutelare circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
Il decreto di nomina può riguardare non solo le decisioni di natura patrimoniale da prendere nell’interesse del beneficiario, ma anche quelle relative alla salute di quest’ultimo.

2. Promozione di plurime cause giudiziali e necessità di nomina di un amministratore di sostegno: il caso

Tizio depositava ricorso in Corte d’Appello avverso il decreto del Tribunale che, in accoglimento della domanda formulata dai fratelli Caio e Sempronio, aveva disposto nel suo interesse la nomina di un amministratore di sostegno.
La Corte di appello accoglieva il ricorso di Tizio, non ritenendo sufficiente la CTU psicologica espletata in primo grado e da cui sarebbe emersa un’infermità o una menomazione dell’amministrato tale da alterare la sua capacità di agire o di autodeterminarsi.
La Corte d’Appello escludeva, altresì, che la pendenza di numerosi procedimenti giudiziari volti a recuperare quanto Tizio riteneva di propria spettanza a titolo di liquidazione della quota ereditaria delle aziende di famiglia potesse essere, da solo, motivo sufficiente per la nomina di un amministratore di sostegno.
Avverso la decisione della Corte d’Appello, i due fratelli di Tizio, Caio e Sempronio, hanno proposto ricorso per Cassazione indicando due motivi:
1) “violazione o falsa applicazione dell’art. 404 c.c., per avere la Corte revocato la nomina dell’amministratore di sostegno, pur essendo accertata un’infermità a causa della menomata capacità del beneficiario di gestire i propri interessi.”;
2) “omesso esame circa fatti decisivi controversi, che attesterebbero, a loro parere, l’infermità del fratello e la sua incapacità di curare i propri interessi, e deducono l’omessa considerazione del metodo clinico seguito dal CTU per la diagnosi dell’infermità.”.
Caio e Sempronio, con il loro ricorso, hanno altresì rilevato l’omessa considerazione di fatti specifici che, secondo loro, avevano condotto al depauperamento del patrimonio ereditato dal fratello Tizio e volti a dimostrare “la fragilità del fratello e la sua incapacità di badare (da solo) ai propri interessi, nel contesto delle vicende successorie paterne”.
Tra i fatti, i due ricorrenti, oltre al resto, hanno indicato i plurimi incarichi professionali conferiti da Tizio, il quale, sempre a detta dei fratelli, aveva accettato preventivi legali, salvo poi revocare taluni mandati e subire “aggressioni giudiziarie non facilmente contrastabili”, nonché il rapporto di Tizio con taluni investigatori privati, verso i quali egli si era obbligato a pagare oltre 100.000 euro.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14681 del 27 maggio 2024, ha ritenuto i motivi dei due ricorrenti fondati e accoglieva il ricorso, cassando il decreto e rinviando la causa alla Corte d’Appello competente in diversa composizione.

3. La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza in questione, afferma che l’amministrazione di sostegno, ancorché non preveda che il soggetto eventualmente beneficiario si trovi in uno stato di totale incapacità di intendere o di volere, richiede, in ogni caso, una condizione attuale di menomata capacità, che faccia sì che la persona sia impossibilitata a provvedere autonomamente, in tutto o in parte, ai propri interessi.
Non si può ricorrere a tale istituto nei confronti di chi, dunque, si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, anche se in condizioni di menomazione fisica, poiché ciò si tradurrebbe in un utilizzo improprio di tale strumento, trattandosi di un’ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona.
Sarà, invero, il Giudice Tutelare adito a valutare, secondo il proprio apprezzamento, se e in che misura un soggetto necessiti di essere tutelato attraverso la nomina di un amministratore di sostegno.
Per tali motivi, l’istituto dell’amministrazione di sostegno è un istituto estremamente dinamico e flessibile, che si adatta alle specifiche esigenze di ciascun beneficiario.
La Corte di Cassazione, dunque, alla luce di quanto fin qui esposto, ha affermato che l’assistenza di un amministratore di sostegno non esclude la possibilità per il beneficiario di promuovere personalmente un giudizio, a meno che ciò non sia espressamente escluso dal decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.
Il decreto può prevedere che, laddove l’amministratore di sostegno ritenga ci siano i presupposti per promuovere un giudizio (anche in presenza del dissenso del beneficiario), lo stesso non possa procedervi senza un’espressa autorizzazione del Giudice Tutelare da richiedere a quest’ultimo con apposita istanza.

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