Atto privo di requisiti di forma testamentaria: parere del Tribunale di Palermo

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Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 722/2023, ha chiarito che l’atto con disposizioni successorie ma privo dei requisiti di forma testamentaria integra una donazione nulla.

Tribunale di Palermo – Sez. II Civ. – Sent. n. 722 del 08/02/2023

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Indice

1. I fatti

La vicenda riguarda le disposizioni di un anziano signore, che, come spesso accade, lucidissimo ma non più in buona salute fisica, era stato accudito da una badante. La stessa, alla morte del datore di lavoro, con estrema sorpresa dei figli, comunicava che il padre le aveva lasciato due appartamenti.
Gli eredi convenivano in giudizio la badante del de cuius per far dichiarare che la scrittura che la stessa aveva fatto pubblicare, che le attribuiva la proprietà di alcuni immobile, non rappresentava una scheda testamentaria, ma una donazione nulla per difetto di forma.
Evidenziavano gli eredi che il de cuius, uomo colto e appassionato di diritto, fosse ben consapevole che l’atto non costituisse né un testamento olografo né una donazione valida, ma che l’aveva redatto esclusivamente al fine di evitare l’abbandono della badante che lavorava per lui da parecchi anni.

2. Atto privo di requisiti di forma testamentaria: l’analisi del Tribunale di Palermo

A conferma della natura non testamentaria della scrittura devono farsi alcune precisazioni.
Il de cuius  era un uomo colto e uno studioso appassionato di diritto, di talchè mai avrebbe equivocato o errato nel redigere il proprio testamento nelle sue piene capacità mentali, anche considerando che, per oltre un trentennio, era stato parte, come attore, in una causa ereditaria nei confronti dei fratelli, con profili di diritto anche sulle donazioni che erano state da lui contestate.
Tra l’altro, il de cuius aveva stipulato numerosi atti notarili, ivi incluse donazioni, per cui conosceva il rigido formalismo richiesto per gli atti di liberalità.
Si poteva ritenere, quindi, che  il de cuius  ben sapesse che quella scrittura non aveva alcun valore di testamento, ma sapeva anche che tale scrittura non poteva costituire alcuna donazione valida in quanto scrittura privata e non atto di notaio alla presenza di due testimoni, come richiesto per le donazioni.
Era infatti  verosimile che la badante avesse ripetutamente sollecitato di disporre in suo favore di alcuni beni, al fine di assicurarsi una buona posizione economica dopo la morte dell’anziano assistito. Il de cuius, forse temendo l’abbandono o la rivalsa della domestica in caso si mancata tacitazione delle sue  pressanti richieste, aveva scritto  una “carta” .
Il Tribunale di Palermo, applicando istituti di interpretazione degli atti di ultima volontà, ha accolto la domanda degli attori sul presupposto che all’interno del documento fossero presenti elementi che «lasciavano intendere la volontà del disponente di beneficiare subito la badante» e che risultano «avvalorati dall’utilizzo ripetuto del verbo donare».
Il de cuius, inoltre, non aveva  compilato testamenti olografi né aveva comunicato di avere redatto un testamento e non vi era alcun elemento interno o esterno all’atto che portasse a ritenere che avesse inteso disporre
Secondo il Tribunale di Palermo, «l’atto integra una donazione nulla poiché priva dei requisiti di forma ad substantiam chiesti dall’art. 782 c.c.» (atto pubblico redatto da un notaio alla presenza di due testimoni)

3. La decisione del Tribunale di Palermo

Il Tribunale di Palermo, dunque, ha ritenuto la fondatezza della domanda di restituzione dei beni ereditari detenuti dalla convenuta formulata dagli attori ai sensi dell’art. 533 c.c. nonché della domanda di restituzione dei frutti maturati sui beni sin dalla notifica della citazione, in considerazione del fatto che la convenuta avesse posseduto i beni in buona fede, ritenendo per errore di avere avuto un titolo a succedere al de cuius.

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