Diffusione di servizi televisivi con dati personali di amministratore di sostegno in ragione del suo ruolo

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È lecita la diffusione di servizi televisivi aventi ad oggetto i dati personali di un amministratore di sostegno in ragione del ruolo assunto del medesimo.

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Indice

1. I fatti

Una amministratrice di sostegno presentava, in nome proprio e per conto del proprio amministrato, un reclamo al Garante per la protezione dei dati personali in cui lamentava la pubblicazione di numerosi servizi televisivi da parte di una nota trasmissione TV, presenti anche sul sito web dell’emittente, in cui erano stati diffusi senza alcun consenso i propri dati personali e quelli del proprio amministrato (precisamente le immagini dei volti e di ambienti privati, certificati medici e relazioni peritali, stralci di estratti di conti correnti e operazioni bancarie).
In particolare, la reclamante sosteneva di essere stata nominata dal Tribunale nell’ottobre 2020 quale amministratore di sostegno di una persona di 92 anni, già sottoposta alla misura dell’amministrazione di sostegno e che viveva in casa del proprio badante senza alcuna autorizzazione da parte del giudice tutelare, e di aver effettuato un accesso – accompagnata dai Carabinieri – presso la predetta abitazione per prelevare l’amministrato e trasferirlo prima in un reparto di psichiatria del locale ospedale e poi in una RSA, in quanto dalla relazione peritale effettuata sull’amministrato erano emersi aspetti importanti di compromissione della sua capacita critica e di giudizio che gli impedivano una adeguata cura dei propri interessi patrimoniali, personali e di salute.
In considerazione di quanto sopra, la reclamante sosteneva di essere stata avvicinata per strada da una troupe televisiva del predetto programma e poi di aver avuto notizia di numerosi servizi che erano stati trasmessi su una rete televisiva nazionale e poi pubblicati sul sito web aziendale relativi alla predetta vicenda che aveva cisto coinvolta la reclamante e il suo amministrato. All’interno di detti servizi erano contenuti numerosi dati personali e anche sanitari propri e del suo amministrato e il messaggio che emergeva era che la reclamante avesse preso le decisioni di cui sopra non nell’interesse dell’amministrato ma al solo fine di privarlo della libertà e appropriarsi del suo ingente patrimonio. In conseguenza dei predetti servizi, la reclamante aveva subito un grave effetto diffamatorio e una campagna d’odio nei suoi confronti caratterizzata da innumerevoli insulti e minacce.
Infine, la reclamante segnalava che le numerose denunce per sequestro di persona e peculato che aveva ricevuto erano state tutte ritenute infondate dal Tribunale locale, che aveva smentito la versione dei fatti esposta nel programma televisivo, ed anzi aveva condannato in primo grado l’ex badante dell’amministrato – fonte principale dei giornalisti che avevano preparato i servizi televisivi in questione – per circonvenzione di incapace.
In conclusione, la reclamante lamentava di aver diffidato più volte il programma televisivo dal diffondere i propri dati e quelli del suo amministrato, senza però ottenere alcun riscontro da parte del titolare del trattamento.  
Il Garante invitava l’emittente televisiva a fornire la propria versione dei fatti e quest’ultima si difendeva affermando che la normativa in materia di privacy prevede che non è necessario il consenso dell’interessato per trattare i suoi dati personali (anche relativi alla salute) quando il trattamento avvenga per finalità giornalistiche e che, nel caso di specie, la vicenda aveva un indubbio interesse sociale (in quanto riguardava un noto benefattore della locale comunità, che aveva suscitato molto interesse tra i consociati, tutti gli organi di informazione e addirittura in ambito istituzionale).
Infine, il titolare del trattamento affermava che sussisteva nel caso di specie l’essenzialità dell’informazione relativamente alla vicenda narrata e che la decisione di diffondere informazioni sullo stato di salute dell’amministrato e su alcune transazione effettuate sul suo conto corrente era stata imposta dalla necessità di raccontare la notizia, in quanto non si trattava di elementi accessori bensì della notizia stessa.
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I ricorsi al Garante della privacy

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2. Diffusione di servizi televisivi con dati personali di amministratore di sostegno: la valutazione del Garante

Preliminarmente, il Garante per la protezione dei dati personali ha dato conto che nelle more della procedura l’amministrato era venuto a mancare e che pertanto gli aspetti relativi al trattamento dei suoi dati personali non potevano essere esaminati, in quanto era venuto meno il presupposto per la reclamante per promuovere l’adozione di provvedimenti da parte dell’autorità. Conseguentemente, il Garante ha potuto esaminare la vicenda solo con riferimento al trattamento dati dell’amministratore di sostegno.
A tal proposito, il Garante ha evidenziato come al fine di contemperare il diritto alla riservatezza di una persona con la libertà di manifestazione del pensiero degli altri, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per finalità giornalistiche, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati e sempre che si svolgano nel rispetto del principio dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.
Nel caso di specie, secondo il Garante, le informazioni relative alla reclamante contenute nei servizi televisivi in questione hanno riguardato un caso di indubbia rilevanza sociale che ha coinvolto non solo l’amministrato, noto benefattore della Comunità di riferimento, ma anche lo stesso reclamante proprio in ragione della sua funzione di amministratore di sostegno del primo. Tra l’altro, l’interesse pubblico a conoscere la vicenda ed il ruolo di primario rilievo in essa rivestito dall’amministrato è stato confermato anche alla luce di una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, intervenuta poco prima del decesso dell’interessato, che riguardava la sua condizione e le sue aspirazioni.
In considerazione di ciò, secondo il Garante, i dati relativi alla reclamante (cioè quelli identificativi, le videoriprese e le audioriprese ad essa riferite, nonché quelli inerenti al suo studio professionale) risultano trattati, nell’ambito dell’attività giornalistica d’inchiesta, nel rispetto del principio di essenzialità dell’informazione, tenuto proprio conto della natura di tali informazioni, di carattere sostanzialmente identificativo, del ruolo assunto dalla medesima e della peculiarità della storia narrata.

3. La decisione del Garante

In considerazione di tutto quanto sopra, il Garante ha ritenuto che il trattamento dati posto in essere dalla rete televisiva e sopra descritto è avvenuto nell’esercizio del diritto di cronaca giornalistica senza travalicare il principio dell’essenzialità dell’informazione e senza ledere la dignità della reclamante. Conseguentemente il Garante ha ritenuto infondato il reclamo con riferimento alle richieste della reclamante relative alla diffusione dei suoi dati personali mediante i citati servizi televisivi.
In conclusione, però il Garante ha ritenuto che la condotta del titolare del trattamento, consistita nel non aver dato riscontro alla richiesta di interrompere la diffusione dei propri dati personali da parte della reclamante, sostanzia una violazione della normativa privacy.
A tal proposito, infatti, il Garante ha ricordato che il titolare del trattamento è tenuto a dare riscontro alle richieste dell’interessato (come quella di cancellazione dei dati), anche ove non intenda ottemperarvi, nel termine di un mese dal ricevimento, informando quest’ultimo dei motivi dell’inottemperanza e della possibilità di proporre reclamo ad un’autorità di controllo e di proporre ricorso giurisdizionale; ciò anche nel caso in cui il titolare si rifiuti di soddisfare le richieste dell’interessato in ragione della loro manifesta infondatezza.
Pertanto, posto che nel caso di specie il titolare del trattamento non aveva risposto alla reclamante comunicandole il rifiuto alla sua richiesta di cancellazione dei dati e spiegando i motivi del rifiuto, il Garante ha ritenuto di ammonire il predetto titolare del trattamento (ritenendo comunque la predetta violazione non sufficiente per irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria).

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