Foglio di via obbligatorio: difetto di duplice intimazione determina illegittimità

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 33606 del 4 settembre 2024, ha chiarito che il difetto di duplice intimazione nel foglio di via obbligatorio ne determina l’illegittimità.

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Corte di Cassazione – Sez. I Pen. – Sent. n. 33606 del 04/09/2024

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Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza di condanna alla pena di mesi uno di arresto per il reato di cui all’art. 76, comma 3, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nei confronti dell’imputato dal Tribunale di Salerno, per aver contravvenuto al foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Salerno facendo rientro nel territorio del comune dal quale era stato allontanato.
In particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto condivisibili sia la ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice sia la motivazione posta a fondamento della decisione.
Avverso tale sentenza, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo con un unico motivo la inosservanza o la erronea applicazione della legge penale.
In particolare, è stato evidenziato che il foglio di via obbligatorio emesso nei confronti dell’imputato mancasse “di una delle due prescrizioni che risultano imprescindibili e inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio” e, dunque, era da ritenersi illegittimo.

2. Foglio di via obbligatorio e difetto di duplice intimazione: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare fondato il ricorso, ha premesso che il fatto per il quale si procede è stato commesso sotto la vigenza della precedente formulazione dell’art. 2 d.lgs. n. 159 del 2011, il quale prevedeva che, nel caso di persone ritenute pericolose per la sicurezza pubblica trovate fuori dai luoghi di residenza, il questore potesse “rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate“.
Il testo di tale disposizione è stato recentemente modificato dall’art. 3, comma 2, lett. a), d.l. 15 settembre 2023, n. 123, il quale ha stabilito che, “nel medesimo caso di persone ritenute pericolose per la sicurezza pubblica trovate in un comune diverso dai luoghi di residenza o di dimora abituale, il questore, con provvedimento motivato, può ordinare loro di lasciare il territorio del medesimo comune entro un termine non superiore a quarantotto ore, inibendo di farvi ritorno, senza preventiva autorizzazione“.
Dunque la nuova formulazione manca della previsione, nel provvedimento del questore, dell’obbligo di rimpatriare nel comune di residenza il soggetto allontanato.
La Suprema Corte riprende, poi, un consolidato principio di diritto secondo il quale, in tema di misure di prevenzione, “le prescrizioni di fare rientro nel luogo di residenza e di non tornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento costituiscono condizioni imprescindibili e inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio, sicché la mancanza di una delle prescrizioni determina illegittimità del provvedimento, rilevabile dal giudice penale al fine di disapplicarlo per difformità dalla fattispecie tipica, con conseguente insussitenza del reato di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha osservato che il provvedimento del Questore di Salerno conteneva il solo divieto di fare ritorno nel Comune in questione, ma non anche la prescrizione di fare ritorno nel comune di residenza, pur risultando dal testo del foglio di via che l’imputato non avesse residenza anagrafica, né dimora abituale.
La Suprema Corte ha, dunque, ritenuto che il difetto della duplice intimazione nel foglio di via obbligatorio, quale che sia la nazionalità dell’allontanato, non sia affatto irrilevante e determini piuttosto l’illegittimità del provvedimento, la cui inosservanza è sanzionata dall’art. 76, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011, per la mancanza di uno dei requisiti di validità dell’atto.
Per questi motivi, la Cassazione ha imposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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