La Corte di Cassazione, con sentenza n. 33471 del 3 settembre 2024, ha chiarito che il Gip, nell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari, può riprendere elementi della richiesta del Pm.
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Indice
1. I fatti
Il Tribunale di Milano, in funzione del giudice del riesame delle misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano che ha applicato all’indagato la misura cautelare della custodia in carcere in relazione alle imputazioni provvisorie di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di furti di autovetture e di sessantadue furti pluriaggravati dello stesso tipo.
Avverso tale ordinanza è stato proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo con il quale è stata denunciata la violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. e vizio di motivazione, sul rilievo ch il Tribunale avrebbe rigettato l’eccezione di nullità dell’ordinanza applicativa di misura sulla base di un’argomentazione totalmente illogica. Ad avviso della difesa, questa sarebbe stata fondata sulla considerazione secondo cui, benché il Giudice per le indagini preliminari avesse ripreso testualmente alcuni brani della richiesta del Pubblico Ministero, l’esposizione dei fatti seguiva un ordine diverso, tanto dimostrando un autonomo confronto di quel giudice con il dato indiziario e con gli elementi atti a giustificare l’esistenza delle ravvisate esigenze cautelari.
Di contro, ad avviso del deducente, non solo il Gip aveva riportato integralmente la richiesta del Pm, sia pure in ordine narrativo invertito, ma aveva omesso di esplicitare le ragioni maturate in esito al proprio vaglio critico dei fatti, per le quali aveva inteso aderire alla prospettazione del Pm in ordine alla sussistenza sia della gravità indiziaria che delle esigenze cautelari.
2. Autonoma valutazione delle esigenze cautelari: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare infondato il ricorso, rammenta un principio di diritto secondo il quale, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, “la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice ripercorra gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, potendo egli condividere integralmente le argomentazioni del pubblico ministero stesso, purché dia conto, in motivazione del proprio esame critico dei predetti elementi, e delle ragioni per cui egli ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura“.
La Corte sottolinea che la regola dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari dei gravi indizi di colpevolezza impone soltanto che il giudice espliciti le valutazioni sottese all’adozione della misura e che gli è certamente consentito trascrivere nel provvedimento di adozione gli elementi fattuali come indicati nella richiesta del pubblico ministero e senza alcuna aggiunta, costituenti il dato oggettivo posto alla base della richiesta.
Non essendo previsto uno schema rigido la cui osservanza permetta di ritenere soddisfatto il requisito dell’autonoma valutazione, il giudice è, dunque, libero di adottare le formule più opportune a giustificare la decisione assunta.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha affermato che, per un verso, il requisito dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza impone al giudice l’obbligo del vaglio critico delle risultanze investigative tramite un’attività ricostruttiva ed esplicativa che, tuttavia, non implica la necessità di una loro riscrittura originale rispetto all’esposizione fattane dal Pubblico ministero nella richiesta di applicazione della misura cautelare e che la verifica del rispetto del detto obbligo deve riferirsi alla motivazione del provvedimento nel suo complesso e non a ciascuna contestazione e ad ogni singolo indagato, poiché con esso si esprime l’esito finale della verifica compiuta dal giudice sulla richiesta cautelare.
Per altro verso, invece, in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti “de libertate“, il ricorrente per Cassazione che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate.
Nel caso di specie, il Tribunale, dopo avere riprodotto il passaggio dell’ordinanza applicativa della misura cautelare in cui il Gip aveva esplicitato il criterio cui si sarebbe attenuto nella redazione del provvedimento, ossia quello di “riportare pedissequamente quanto meno la ricostruzione di elementi di fatto che riferiscono dati incontrovertibili, lasciando poi spazio ad autonome valutazioni e specifiche considerazioni del giudicante in relazione all’interpretazione di tali dati“, ha spiegato come è avvenuta l’attuazione al criterio enunciato.
Per questi motivi, la Cassazione ha rigettato il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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