Atto di abbandono di una strada privata a favore di caseggiati

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Secondo l’articolo 1070 c.c. il proprietario del fondo servente, quando è tenuto in forza del titolo o della legge alle spese necessarie per l’uso o per la conservazione della servitù, può sempre liberarsene, rinunziando alla proprietà del fondo servente a favore del proprietario del fondo dominante. Nel caso in cui l’esercizio della servitù sia limitato a una parte del fondo, la rinunzia può limitarsi alla parte stessa. Naturalmente l’abbandono deve essere fatto per iscritto, sotto pena di nullità, poiché la necessità della forma scritta deriva dall’art. 1350 del c.c. (ma dovrà pure essere trascritto per gli effetti di cui all’ art. 2644 del c.c., trattandosi di un atto traslativo della proprietà di un immobile).

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Indice

1. Abbandono di una strada a favore di caseggiati: un caso recente

Un costruttore, con scrittura privata del 1971, costituiva una servitù di passaggio pedonale e carrabile su una strada di accesso a due caseggiati ed un piccolo condominio.
Successivamente gli eredi del proprietario/costruttore, con atto notarile, abbandonavano, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1070 c.c., i fondi costituendi la strada a favore dei detti immobili, con la motivazione che mantenere la proprietà dell’area rappresentasse unicamente un onere di manutenzione divenuto nel tempo eccessivamente gravoso. L’atto notarile è stato poi notificato ai due condomini della palazzina personalmente ed ai due fabbricati condominiali, in persona dei rispettivi amministratori.
I proprietari della palazzina si rivolgevano al Tribunale sostenendo che l’atto di abbandono era da dichiararsi nullo e/o inefficace in quanto privo dei presupposti di legge, come la sussistenza della servitù; gli attori negavano pure l’esistenza del secondo requisito, ossia l’onere di sostenere le spese di conservazione della servitù, in quanto nel corso degli anni, quali proprietari della palazzina, avevano sempre contribuito alle suddette spese, in ragione di quanto espressamente previsto nell’atto costitutivo della servitù. Inoltre ritenevano che la servitù di passaggio non venisse esercitata sull’intero sedime oggetto di abbandono, ma su porzione inferiore. In sede di prima memoria, poi, aderendo alla tesi cd. contrattualistica circa la natura dell’atto di abbandono sostenevano di non averlo mai accettato, chiedendo in via congiunta o disgiunta rispetto alla declaratoria di nullità del ripetuto atto anche quella della sua inefficacia o comunque inesistenza.
I convenuti, eredi del costruttore, si costituivano affermando, tra l’altro, che l’istituto dell’abbandono liberatorio di cui all’art.1070 c.c., configurabile nel caso di specie, ha natura recettizia e, dato che il relativo atto era stato regolarmente notificato agli attori, esso aveva pienamente spiegato i suoi effetti in termini di passaggio immediato della proprietà del fondo asservito in capo agli attori. Con atto di intervento si costituiva in giudizio uno dei caseggiati, il quale, eccepita la necessaria partecipazione al giudizio anche di altri condomini, chiedeva in via pregiudiziale che il Tribunale valutasse se ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti di detti soggetti; nel merito si associava alla domanda degli attori di nullità/inefficacia dell’atto di abbandono de quo. A fondamento di tali domande, parte intervenuta, nel merito, rilevava, tra l’altro, che l’atto di abbandono era nullo e/o inefficace poiché era stato rogato a favore di tre caseggiati anziché dei singoli immobili componenti ciascun condominio, in evidente contrasto con la particolare natura di “semplice ente di gestione” del condominio che, in quanto tale, non potrebbe essere titolare del diritto di servitù, il quale, tra l’altro, essendo per sua natura indivisibile, non potrebbe formare oggetto di comunione.

2. L’atto di abbandono come atto unilaterale

Il Tribunale ha notato che, attraverso l’art.1070 c.c., il legislatore ha voluto dare al proprietario del fondo servente, gravato da spese per l’uso o la conservazione della servitù che non riesce/vuole più a sopportare, la possibilità di abbandonare unilateralmente tale fondo e, quindi, di liberarsi anche delle relative spese. Secondo il giudicante l’effetto liberatorio è, dunque, immediato e prescinde da un’eventuale accettazione o meno da parte del proprietario del fondo dominante. A parere del Tribunale questa ricostruzione, tuttavia, deve essere contemperata col generale principio per cui l’acquisto della proprietà di un bene non può essere imposto ad alcuno, a causa degli oneri che comporterebbe. Di conseguenza al destinatario dell’atto di abbandono verrebbe data la possibilità di rinunciare a tale acquisto del fondo servente. In altre parole, per lo stesso decidente, in presenza di rinuncia da parte del proprietario del fondo dominante, “l’abbandonante” sarebbe liberato dalla proprietà del fondo asservito e dai relativi oneri, che dovrebbero tornare automaticamente in capo al proprietario del fondo servente. Come è stato chiarito, è necessario che la rinuncia sia espressa e redatta in forma scritta, trattandosi di atto “contrario” all’abbandono.

3. La decisione

La domanda degli attori non è stata accolta.  Il Tribunale ha notato che l’eccedenza dell’area abbandonata rispetto a quella asservita non rileva ai fini di una declaratoria di nullità totale dell’atto di abbandono ma, eventualmente, ne potrebbe comportare solo la nullità parziale. In ogni caso ha aggiunto che gli attori hanno soltanto affermato di non aver “mai accettato l’atto di abbandono, né in maniera esplicita, né in maniera implicita”, affermazione che non può essere qualificata come rinuncia espressa. Di conseguenza, la domanda di inefficacia dell’atto di abbandono fondata sull’inesistenza di accettazione è stata respinta. Inoltre il Tribunale ha evidenziato che come provato dai convenuti, nel 2003 il loro dante causa ha pagato il 50% delle spese per la riparazione della strada oggetto della servitù. Anche il profilo di nullità dell’atto di abbandono fondato sull’inesistenza di oneri economici a carico del fondo servente è stato respinto.
In ogni caso lo stesso decidente ha ricordato che nell’ipotesi di servitù costituita a vantaggio di un edificio condominiale, non si hanno tante autonome servitù a favore delle unità immobiliari in cui è diviso l’immobile, ma va ravvisata una sola servitù, comune a tutti i partecipanti il condominio, in quanto tale servitù, oltre ad accedere all’intero stabile nel suo complesso, comprensivo cioè delle parti comuni e dei singoli appartamenti, viene, altresì, esercitata indistintamente da tutti i condomini nel loro interesse collettivo, del quale è espressione il condominio come organizzazione di gruppo (Cass. civ., sez. III, 01/10/1997, n.9753).

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