La Corte di Cassazione, con sentenza n. 33429 del 3 settembre 2024, ha fornito chiarimenti in merito alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Indice
1. I fatti
La Corte di appello di Reggio Calabria, quale giudice dell’esecuzione, su richiesta del pubblico ministero, ha revocato ex art. 168, primo comma, n. 1 cod. pen., il beneficio della sospensione condizionale con riferimento alle pene cui l’imputato è stato condannato.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che la revoca ex art. 168, quarto comma, cod. pen., del beneficio della sospensione condizionale di una delle pene non poteva essere dichiarata, posto che, dalla lettura del casellario giudiziale versato in atti, risultavano le due precedenti condanne a pena sospesa, pertanto vi era prova del fatto che la cause ostative fossero documentalmente note al giudice della cognizione.
In ogni caso, i benefici concessi dovevano essere revocati, poiché il ricorrente, nel quinquennio dal passaggio in giudicato dei provvedimenti concessivi dei benefici aveva commesso un nuovo reato, per il quale era intervenuta sentenza di condanna irrevocabile.
Avverso tale ordinanza è stato proposto ricorso per Cassazione con il quale è stata denunciata erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 168 cod. pen. e 445, comma 2, cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice avrebbe omesso di considerare che il reato per cui è stata applicata una delle pene oggetto di beneficio si era estinto, posto che il ricorrente, nei cinque anni successivi, non aveva posto in essere alcun reato. Per tale ragione, ad avviso della difesa, gli ulteriori benefici concessi non avrebbero potuto essere revocati.
2. Revoca della sospensione condizionale: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, premette che, ai sensi dell’art. 168, primo comma, cod. pen., la sospensione condizionale della pena è revocata di diritto se, nei termini durante i quali la condanna rimane sospesa, il condannato: 1) commetta un delitto, ovvero una contravvenzione, della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva o non adempia agli obblighi impostigli; 2) riporti un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pene che, cumulata a quelle precedentemente sospese, superino i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen. L’effetto estintivo riguarda solo la pena, mentre restano in vita gli altri effetti penali della condanna.
In questi casi, specifica la Corte, “la revoca della sospensione condizionale della pena ha natura dichiarativa e opera di diritto al momento del verificarsi dei suoi presupposti” e il provvedimento di revoca, quindi, “ha mera funzione ricognitiva della condizione risolutiva del beneficio ed i relativi effetti si producono ex tunc, retroagendo al momento in cui la condizione si è verificata“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha osservato che, nel caso di specie, contrariamente a quanto rilevato nel ricorso, nel quinquennio dal passaggio in giudicato delle sentenze di condanna, il ricorrente aveva commesso un ulteriore reato per il quale era stato condannato.
Il giudice dell’esecuzione ha, quindi, correttamente evocato ex art. 168, primo comma, n. 1, cod. pen., i benefici concessi in precedenza, perché le condanne sommate tra loro oltrepassano i limiti stabiliti per la concedibilità del beneficio agli effetti dell’art. 163, primo comma, cod. pen., pertanto deve ritenersi corretto l’iter motivazionale dell’impugnata ordinanza.
Per questi motivi, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento