“Cedevolezza invertita” in caso di vuoto normativo: interviene il Consiglio di Stato

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Il Consiglio di Stato spiega la “cedevolezza invertita” quando lo Stato è inerte a legiferare. La cedevolezza ravvisata nel caso di specie opera al contrario rispetto al suo normale funzionamento: il vuoto normativo era invece provocato dallo Stato ed è stata la regione, in forza di competenze in parte anche a essa attribuite (trasporti pubblici locali e regionali), che è intervenuta in via suppletiva per il tempo strettamente necessario all’adozione della normativa statale di riferimento (Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 13 agosto 2024, n. 7124).

Consiglio di Stato -Sez. V- Sentenza n. 7124 del 13-08-2024

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Indice

1. La deliberazione dei criteri per ridefinire le quote trasporto


Nel dicembre 2017 la Giunta regionale lombarda aveva deliberato i criteri per la determinazione di costi standard, fabbisogni di mobilità e premialità nel settore del trasporto pubblico locale per ridefinire le quote di riparto delle risorse regionali. Si trattava della definizione dei costi standard da utilizzare per la ripartizione delle quote di contributi regionali da corrispondere in favore delle agenzie locali di trasporto pubblico. La decisione regionale veniva impugnata dalla Agenzia dei trasporti locali di Milano. Il TAR Lombardia in parte dichiarava inammissibile e in parte infondato il gravame; quindi, la pronuncia viene impugnata al Consiglio di Stato.

2. Le competenze in ambito trasporto locale


Il collegio, nel ritenere il ricorso fondato, tra le altre considerazioni osserva che la possibile “antinomia normativa” la competenza a definire costi standard del servizio di trasporto pubblico in capo sia alla Regione Lombardia, sia in capo allo Stato d’intesa con regioni ed enti locali va risolta non tanto in base al criterio cronologico (legge n. 147/2013, che prevede la competenza ministeriale di intesa con la Conferenza Unificata, è successiva rispetto alla legge regionale n. 6/2012, che prevede una competenza solo regionale) ma, piuttosto, in virtù dei criteri che regolano il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Si tratta di intervenire non solo sulla materia del “trasporto pubblico locale” (di competenza regionale residuale, ex art. 117, c. 4, Cost.) ma anche su quella della concorrenza, dei livelli essenziali delle prestazioni e della armonizzazione dei bilanci pubblici (criteri di applicazione delle tariffe e dei costi), materie di competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, c. 2, Cost. Per la giurisprudenza costituzionale (n. 303/2003) la corretta “attrazione in sussidiarietà” del potere regolamentare, atteso il cd. “intreccio o crocevia di materie” e in considerazione del rispetto del principio della leale collaborazione (previo raggiungimento dell’intesa normativa/regolamentare in Conferenza Unificata) garantito per mano del medesimo legislatore statale.

3. L’adozione in ritardo del d.m.


Il regolamento di cui alla legge n. 147/2013 riguarda la fissazione dei costi standard da utilizzare per la ripartizione sia del fondo nazionale, sia dei singoli fondi regionali. Tale regolamento doveva essere adottato entro il 31 marzo 2014 ma è stato approvato il 28 marzo 2018. Nel frattempo le regioni sono rimaste prive di indicazioni ministeriali. Di qui la decisione della Regione Lombardia di definire autonomamente i criteri di definizione di tali costi standard con propria DGR del 28 dicembre 2017. Il collegio ha condiviso l’approccio secondo cui le Regioni non potrebbero rimanere “a tempo indeterminato” in attesa dell’intervento statale ma è anche vero che, una volta che tale intervento statale si è finalmente spiegato, allora le regole regionali medio tempore adottate debbono “cedere” dinanzi alla disciplina statale successivamente intervenuta. Ciò anche in considerazione del fatto che i termini come quelli indicati nell’art. 1, c. 84, legge n. 147/2013, hanno comunque natura ordinatoria e non perentoria, a differenza dei termini indicati nelle leggi di delegazione legislativa. L’eventuale infruttuosa scadenza di un termine non comporta, in ogni caso, la consumazione del potere regolamentare in capo all’organo titolare di una siffatta competenza. Pertanto, pur in presenza di una normativa regionale che abbia eccezionalmente e provvisoriamente occupato il “campo normativo” (di livello regolamentare) riservato allo Stato in collaborazione con regioni ed enti locali, non si può poi pretendere che tale “occupazione” si mantenga inalterata allorché lo Stato, che non perde la titolarità del potere regolamentare assegnatogli dalla normativa primaria, riesca poi finalmente ad intervenire in siffatte materie. In queste ipotesi (esercizio pur tardivo della potestà regolamentare statale) le regioni debbono in un certo senso “arretrare”, non potendo di certo costringere lo Stato (oppure altri enti a ciò interessati, come nel caso di specie) a esercitare simili “azioni di rilascio del campo normativo”. Nessuno spazio, dunque, per l’ultrattività delle determinazioni regionali. Si introduce, per tale via, una sorta di “cedevolezza invertita” (pure ammessa dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 1/2019 e n. 222/2020) in base alla quale, ove si intreccino anche competenze regionali (trasporto pubblico locale), le Regioni possono sì intervenire e disciplinare provvisoriamente ed eccezionalmente la materia, in caso di inerzia statale, ma solo sino all’adozione dei prescritti atti generali ministeriali (comunque approvati di intesa con le regioni e gli enti locali).

4. La cedevolezza invertita


È stato affermato che, con la “cedevolezza invertita” … l’intervento che il legislatore regionale può anticipare nell’inerzia del legislatore statale attiene pur sempre (e soltanto) a materie di competenza concorrente della Regione. La sentenza n. 398/2006 afferma: «[l]a legittimità dell’intervento legislativo di una Regione in funzione [immediatamente] attuativa di una direttiva comunitaria», e al contempo precisa che tale intervento dipende «dalla sua inerenza ad una materia attribuita alla potestà legislativa regionale»” (Corte cost. n. 1/2019). La c.d. “cedevolezza invertita” è consentita, sì, ma solo in caso di inerzia statale e comunque allorché vengano allo stesso tempo in discussione competenze “anche della regione” (principio della inerenza con una materia di competenza regionale, inerenza qui garantita dalla materia dei trasporti pubblici regionali e locali che, al netto dei profili sopra considerati di concorrenza ed armonizzazione dei criteri di bilancio, comunque spetta alla competenza residuale regionale ex art. 117, c. 4, Cost.).

5. Quando la Regione interviene in via suppletiva


Una cedevolezza che opera al contrario rispetto al suo normale funzionamento, quello ossia in base al quale lo Stato, onde evitare vuoti normativi nell’ordinamento giuridico e dunque allo scopo di scongiurare il pericolo di lacune normative nel sistema (lacune date dalla lentezza più o meno generalizzata e, in alcuni casi, da un vero e proprio immobilismo), disciplina ambiti riservati alla competenza regionale sino a quando le Regioni non interverranno con propri provvedimenti. In questa evenienza il vuoto normativo/regolamentare è invece provocato dallo Stato ed è la regione, in forza di competenze (trasporti pubblici locali e regionali) almeno in parte pure a essa attribuite, che può decidere di intervenire in via suppletiva per il tempo strettamente necessario alla adozione della normativa statale di riferimento. Sulla base di una lettura costituzionalmente orientata della normativa regionale (art. 17, legge regionale n. 6/2012) il collegio ha ritenuto che:

  • i costi standard debbono di regola essere definiti dallo Stato di intesa con regioni ed enti locali (Conferenza Unificata);
  • allorché i criteri statali tardino ad intervenire la regione (ove a tanto autorizzata con propria legge) potrebbe supplire in via eccezionale e temporanea, ossia fino a quanto lo Stato eserciterà effettivamente tale competenza sui costi standard;
  • nel momento in cui tale normativa statale entra poi effettivamente in vigore, la normativa regionale cedevole cede il passo a quella statale.

6. La cessazione della materia del contendere


Deriva che nella specie, dopo avere ritenuto ammissibile il gravame, andava comunque dichiarata la cessazione della materia del contendere poiché, dopo la proposizione del ricorso avverso la delibera del dicembre 2017, nel 2018 è stato adottato il d.m. di intesa con la Conferenza Unificata, che ha tra l’altro sostituito la precedente disciplina regionale del dicembre 2017 in tema di definizione di costi standard. Normativa regionale che dunque si rivela inidonea a esplicare ulteriore efficacia nella definizione dei costi standard per i trasporti pubblici regionali e locali. Il ricorso in appello è stato accolto e, per l’effetto, quanto al ricorso di primo grado, ritenuto comunque ammissibile, è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere visto che la normativa regionale del dicembre 2017, per quanto attiene alla definizione dei costi standard, è stata superata dalla normativa regolamentare statale (d.m. adottato d’intesa con la Conferenza Unificata) del 2018.

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Avv. Biarella Laura

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