Struttura del reato -Scheda di Diritto

Redazione 16/09/24
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Il reato è un comportamento umano che viola una norma penale, stabilita dal legislatore per tutelare beni giuridici fondamentali per la collettività e l’individuo. La struttura del reato è un concetto cardine del diritto penale ed è composta da tre elementi principali: fatto tipico, antigiuridicità e colpevolezza. Questi elementi devono coesistere affinché un comportamento sia qualificato come reato. Vediamoli nel dettaglio.

Indice

1. Il fatto tipico


Il fatto tipico è la condotta descritta dalla norma penale come illecita e vietata. Perché ci sia un reato, deve essere commesso un fatto corrispondente alla descrizione contenuta in una fattispecie di reato.
Il fatto tipico si articola in quattro sub-elementi:

  • Condotta: la condotta può essere un’azione o un’omissione. L’azione è il comportamento attivo che viola la norma, come rubare o ferire qualcuno. L’omissione, invece, è il mancato compimento di un’azione dovuta, come l’omissione di soccorso (art. 593 c.p.).
    • Esistono reati di mera condotta, dove non importa se l’azione produca un risultato (es. atti osceni in luogo pubblico), e reati di evento, dove è necessario che l’azione provochi un certo risultato (es. l’omicidio richiede la morte della vittima).
  • Evento: alcuni reati richiedono che la condotta produca un evento determinato, come la morte nel caso dell’omicidio. In questi casi si parla di reati di evento, che si distinguono dai reati di mera condotta, in cui il solo compimento dell’atto costituisce reato.
  • Rapporto di causalità: nei reati di evento, la condotta deve essere la causa dell’evento. Secondo l’art. 40 c.p., una condotta è causa dell’evento se, in sua assenza, l’evento non si sarebbe verificato, secondo il principio della “conditio sine qua non”. Il rapporto causale è ulteriormente regolato dal criterio della “sussunzione sotto legge scientifica”, che valuta se la condotta sia idonea a determinare l’evento secondo le leggi scientifiche generalmente accettate.
  • Soggetto attivo e passivo: il soggetto attivo è colui che commette il reato, mentre il soggetto passivo è colui che subisce il danno o il pericolo. Generalmente, qualsiasi persona può essere soggetto attivo, ma esistono eccezioni in cui il reato può essere commesso solo da soggetti specifici (es. pubblici ufficiali nel peculato). Analogamente, il soggetto passivo è colui il cui bene giuridico viene leso o messo in pericolo dal reato.

2. L’antigiuridicità


L’antigiuridicità è l’illiceità del fatto tipico. Non è sufficiente che un fatto sia tipico per costituire reato: deve anche essere antigiuridico, cioè non giustificato da alcuna causa di giustificazione.
Le cause di giustificazione sono situazioni eccezionali che legittimano la condotta altrimenti illecita. Le principali cause di giustificazione sono:

  • Legittima difesa (art. 52 c.p.): permette a chi si trova in una situazione di pericolo per la propria o altrui incolumità, di difendersi con mezzi proporzionati all’offesa.
  • Stato di necessità (art. 54 c.p.): si configura quando una persona, per salvare sé o altri da un pericolo attuale e inevitabile, compie un fatto che altrimenti sarebbe considerato illecito.
  • Consenso dell’avente diritto: alcuni reati possono essere scriminati se vi è il consenso della persona il cui bene giuridico viene leso, purché si tratti di beni disponibili (es. il consenso dell’offeso nelle lesioni lievi).

In assenza di una causa di giustificazione, il fatto tipico è anche antigiuridico e costituisce reato.

3. La colpevolezza


La colpevolezza rappresenta l’elemento soggettivo del reato e si riferisce alla possibilità di rimproverare al soggetto attivo la condotta illecita posta in essere. Essa richiede che il soggetto abbia agito con dolo, colpa o preterintenzione. Vediamo cosa significano questi termini:

  • Dolo: il dolo consiste nella volontà cosciente di commettere il fatto tipico. Si distingue in:
    • Dolo intenzionale, quando il soggetto agisce con l’intenzione diretta di realizzare il fatto tipico.
    • Dolo diretto, quando l’agente vuole il fatto tipico come conseguenza necessaria della sua condotta.
    • Dolo eventuale, quando il soggetto accetta il rischio che il suo comportamento provochi il fatto tipico.
  • Colpa: la colpa si ha quando l’agente non vuole commettere il fatto tipico, ma lo realizza per negligenza, imprudenza o imperizia, o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. La colpa può essere generica (negligenza, imprudenza, imperizia) o specifica (violazione di regole determinate).
  • Preterintenzione: la preterintenzione si verifica quando l’agente ha l’intenzione di commettere un reato meno grave di quello che effettivamente si verifica. Ad esempio, colui che aggredisce una persona per ferirla ma ne provoca la morte commette omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.).

4. Il tentativo


Il tentativo (art. 56 c.p.) è una figura che si applica ai reati dolosi. Si ha tentativo quando l’agente compie atti idonei a realizzare il reato, ma l’evento non si verifica per cause indipendenti dalla sua volontà. Il tentativo è punibile se l’agente, attraverso atti idonei e univoci, ha manifestato chiaramente l’intenzione di commettere un reato.

5. Circostanze del reato


Le circostanze del reato sono fattori che incidono sulla gravità del reato, e quindi sulla pena. Si distinguono in circostanze aggravanti, che aumentano la pena, e circostanze attenuanti, che la diminuiscono. Le circostanze possono essere comuni o speciali, a seconda che siano previste per tutti i reati o solo per alcuni.

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