Responsabilità del dipendente pubblico: il nuovo possibile ruolo delle polizze assicurative

Carolina Fiata 18/09/24

Con la pronuncia n. 132/2024 la Corte costituzionale conferma la legittimità costituzionale del c.d. scudo erariale, ossia della disposizione normativa introdotta con il “decreto semplificazioni” (d.l. 76/2020 convertito con l. 120/2020) che esclude la responsabilità del dipendente pubblico nei casi di condotte commissive gravemente colpose.
La finalità della norma è quella di evitare forme di burocrazia difensiva che paralizzano l’azione amministrativa e minano la ripartenza dell’economia, duramente colpita dal periodo emergenziale COVID-19.
Per farlo, il legislatore interviene con una norma a carattere temporaneo che circoscrive la responsabilità del dipendente pubblico in caso di dolo o omissioni, creando una sorta di “scudo” per la colpa grave, purché la condotta sia posta in essere nel periodo indicato dalla norma.
Sin da subito, ci si è interrogati circa la legittimità di uno strumento che potrebbe alterare il sistema della responsabilità amministrativa improntata sul binomio colpa grave/dolo, oltre a deresponsabilizzare gli agenti della Pubblica Amministrazione; i quali resterebbero impuniti anche per le gravi negligenze[1].
Tali dubbi sono stati raccolti e sintetizzati dalla Corte dei Conti, sez. giurisdizionale per la Regione Campania, con la remissione della questione di legittimità costituzionale, oggetto della trattazione in esame.
La Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi, con la sentenza n. 132/2024 ha, da un lato, ha confermato la legittimità della norma censurata e, dall’altro, lanciato un monito al legislatore, sulla necessità di una riforma complessiva della responsabilità amministrativa in linea con le nuove sfide che la pubblica amministrazione si trova ad affrontare.
Tra le proposte di riforma offerte dalla Corte Costituzionale spicca il richiamo ad un maggior impiego dello strumento assicurativo in favore del personale della Pubblica Amministrazione, sulla scia delle innovazioni introdotti in materia dal nuovo codice dei contratti pubblici, a cui abbiamo dedicato l’articolo “Polizze assicurative in favore del dipendente pubblico alla luce del nuovo codice dei contratti”[2] .
La polizza assicurativa potrebbe, quindi, assumere un nuovo ruolo nella gestione del personale alle dipendenze della Pubblica amministrazione e, in particolare, nella prospettiva di una “nuova” responsabilità amministrativa.
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Indice

1. Il fatto: la responsabilità del dipendente pubblico


Come anticipato, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei Conti, sez. giurisdizionale per la Regione Campania, in riferimento all’art. 21 d.l. 76/2020 convertito con l. 120/2020, relativamente alla parte in cui circoscrive la responsabilità amministrativa-contabile della l. 20/1994 ai soli casi di condotta dolosa o omissiva[3].
Il caso prende le mosse dall’accertamento di una illegittima sottrazione di denaro da parte di un cassiere in danno del Comando legione dei Carabinieri Campania, mediante la riscossione di assegni non autorizzati nel periodo compreso dal maggio 2010 al gennaio 2021. Oltre al cassiere convenuto a titolo di dolo, sono stati convenuti in giudizio anche coloro che nel periodo di riferimento avessero svolto funzioni di capo del servizio amministrativo e capo della gestione finanziaria, mediante la firma degli assegni oggetto di causa (condotta commissiva gravemente colposa) o per non aver prestato i dovuti controlli contabili (condotta omissiva).  
Le condotte contestate avvenivano nel periodo dal 2010 al 2021 e quindi, in parte, sotto la vigenza del decreto semplificazioni con la conseguenza che le condotte commissive gravemente colpose potevano beneficiare dell’esenzione di responsabilità della norma.  
Tale disposizione, a giudizio della Corte dei Conti Campania, riteneva sussistere una serie di violazioni delle norme costituzionali, tra cui gli artt. 3 e 97 Cost, attesa la discriminazione tra coloro che svolgono funzioni di controllo e coloro che hanno funzioni attive, visto che l’esenzione riguarda solo i secondi; oltre all’incidenza sul principio di buon andamento derivante dal fenomeno di deresponsabilizzazione dei pubblici dipendenti, i quali resterebbero impuniti anche in caso di gravi negligenze. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume:

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2. Nel merito


Come anticipato all’inizio della trattazione, la Corte ha confermato la legittimità costituzionale della norma censurata.
Senza pretesa di esaustività, si riportano di seguito alcune delle principali considerazioni alla base della pronuncia in esame e, in particolare, la conformità della norma rispetto agli art. 3 e 97 Cost.
In primo luogo, la Corte osserva come il decreto semplificazione interviene in via temporanea sul modello di responsabilità amministrativa, come descritto dalla l. 20/1994, fondato sul binomio colpa grave/dolo.
Per espressa volontà legislativa, infatti, la colpa grave è individuata come tetto a partire dal quale il dipendente pubblico è chiamato a rispondere.
Tale sistema è in linea con il modello di amministrazione di risultato affermatosi negli anni ’90 e consolidatosi nel tempo, ossia “un’amministrazione che deve raggiungere determinati obiettivi di policy e che risponde dei risultati economici e sociali conseguiti attraverso la sua complessiva attività”.
In tale ottica, la funzione della responsabilità amministrativa è quella di garantire “un assetto normativo in cui il timore della responsabilità non esponga all’eventualità di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell’attività amministrativa” (sentenza n. 371 del 1998).
Il modello sopra descritto – lungi dall’essere immodificabile – ben può essere oggetto di successivi interventi legislativi, purché venga rispettato l’equilibrio tra i pericoli di overdeterrence (quando il rischio dell’attività gravante sul dipendente è tale da disincentivare l’azione amministrativa) e quelli di underdeterrence (quando la responsabilità è limitata alle sole condotte dolose).
Pertanto, una disciplina provvisoria che limita l’elemento soggettivo al dolo non è di per sé irragionevole, ad esempio nei casi in cui l’indebolimento della funzione deterrente riguardi uno specifico contesto e la tutela di interessi costituzionali fondamentali.
Ne consegue che, nel caso di specie, la Corte non ravvisa profili di incostituzionalità nella norma censurata “in ragione del peculiarissimo contesto economico e sociale” in cui si inserisce, ossia quello dell’emergenza pandemica da COVID-19, e del necessario quanto preminente interesse alla ripartenza dell’economia.
Bisogna poi considerare che la volontà di arginare fenomeni di inerzia e inattività (c.d. burocrazia difensiva) è evidente anche laddove il legislatore abbia circoscritto l’esenzione alle sole condotte attive, creando uno “scudo erariale” in favore di coloro che agiscono e contribuiscono alla ripartenza del Paese.  
Allo stesso modo, non può parlarsi di discriminazione tra funzioni di controllo e funzioni attive, visto che anche le prime possono essere attuate con condotte commissive e godere, quindi, dell’esenzione in oggetto.
Si può concludere quindi, senza entrare nel merito delle altre questioni, che la Corte è ferma nel non ritenere fondata la questione.

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3. Il monito al legislatore


La sentenza in commento diventa l’occasione per la Corte Costituzionale di lanciare un monito al legislatore sulla necessità di una riforma complessiva della responsabilità amministrativa.
Infatti, se è innegabile il “consolidamento dell’amministrazione di risultato” e i “i mutamenti strutturali del contesto istituzionale, giuridico e sociale in cui essa opera”, allo stesso modo sarebbe opportuno vagliare nuovi scenari in punto di responsabilità.
Infatti, il rischio concreto è che allo scadere della vigenza della norma censurata possano rivivere fenomeni di burocrazia difensiva che ostacolano l’attuale modello di amministrazione.
In tale contesto, sostiene quindi la Corte, “una complessiva riforma della responsabilità amministrativa è richiesta per ristabilire una coerenza tra la sua disciplina e le più volte richiamate trasformazioni dell’amministrazione e del contesto in cui essa deve operare”.
Si legge ancora che una riforma in tal senso non può limitarsi ad un mero indebolimento della funzione deterrente, ad esempio limitando la risposta punitiva ai casi di dolo, ma deve invece considerare le varie proposte “illustrate nelle numerose analisi scientifiche della materia”.
Tra queste “proposte”, la Corte ne riporta alcune:

  • tipizzazione della colpa grave: posto che “l’incertezza della sua effettiva declinazione affidata all’opera postuma del giudice costituisce uno degli aspetti più temuti dagli amministratori”;
  • limite massimo di debito a carico del dipendente: “oltre il quale il danno, per ragioni di equità nella ripartizione del rischio, non viene addossato al dipendente pubblico, ma resta a carico dell’amministrazione nel cui interesse esso agisce”;
  • rafforzamento delle funzioni di controllo della Corte dei conti: “con il contestuale abbinamento di una esenzione da responsabilità colposa per coloro che si adeguino alle sue indicazioni”;
  • incentivazione delle polizze assicurative: “(che, allo stato attuale, non sono obbligatorie), incentivazione, peraltro, cui ha già fatto ricorso, come rammentato, il nuovo codice dei contratti pubblici”;
  • eccezionale esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti: “ anche solo in relazione a determinate tipologie di atti, in ragione della particolare complessità delle loro funzioni o mansioni e/o del connesso elevato rischio patrimoniale”[4] (Corte Cost. n. 132/2024).

4. Conclusioni


Alla luce dell’analisi svolta, emerge come il problema della “burocrazia difensiva” è ancora uno dei principali ostacoli al corretto funzionamento della macchina amministrativa; tema ben noto che la situazione emergenziale non ha fatto altro che riportare alla luce.
È quindi condivisibile il monito lanciato dalla Corte costituzionale al legislatore di una riforma della responsabilità amministrativa, in linea con il quadro sociale ed economico attuale.
Le trasformazioni della società rendono, infatti, necessaria l’individuazione di nuovi strumenti nella ripartizione dei rischi tra dipendente pubblico e Pubblica Amministrazione e la ricerca di nuovi punti di equilibrio.  
In tal senso, si accoglie con interesse il suggerimento della Corte Costituzionale di incentivare le polizze assicurative in favore del personale, sulla scia del nuovo codice dei contratti pubblici che ha introdotto una serie di obblighi assicurativi a carico delle Stazioni Appaltanti[5].
La ratio del nuovo codice è infatti quella di tutelare i dipendenti che, in ragione degli incarichi tecnici loro affidati (si pensi alla figura del RUP), siano sottoposti a maggiori responsabilità, mediante la stipula di polizze assicurative che li tengano indenni nel caso di richieste risarcitorie avanzate dal terzo, e con premi direttamente a carico della Pa[6].
È evidente come tale meccanismo abbia il merito di calibrare la portata deterrente delle norme sulla responsabilità amministrativa mediante forme di tutela che promuovono l’azione anche in settori particolarmente “rischiosi”. Inoltre, l’individuazione ex ante di risorse destinate al pagamento di tali oneri economici (pagamento del premio) ne facilita l’attuazione in termini applicativi [7].
L’istituto sopra descritto ben potrebbe trovare attuazione con riferimento ad altre attività o per specifiche categorie di dipendenti pubblici che, in base alle mansioni svolte o per gli interessi coinvolti, comportano maggiori “rischi” con effetto paralizzante sull’agire pubblico.
Tuttavia, le riflessioni svolte non possono non tener conto dei limiti di assicurabilità della responsabilità amministrativa previsti dalla legge finanziaria 2008.
L’art. 3 co. 59 della l. 244/2007 (legge finanziaria 2008) [8] vieta, infatti, alla Pubblica Amministrazione di pagare i premi assicurativi dei propri amministratori aventi ad oggetto i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali, al fine di evitare forme di deresponsabilizzazione degli stessi[9].
Come chiarito dalla giurisprudenza contabile, il riferimento agli “amministratori” deve intendersi come esteso a tutti i dipendenti, nei cui confronti la nullità si estende[10].
Va precisato che esulano dall’ambito della nullità sopra descritta le polizze assicurative a copertura della colpa lieve del dipendente pubblico e le ipotesi della responsabilità diverse da quella erariale o ancora le ipotesi di stipula di polizze assicurative stipulate dalla Pubblica Amministrazione in favore dei propri dipendenti ma con oneri a carico di questi ultimi[7].
Alla luce del quadro normativo sopra descritto, bisogna chiedersi se, prima, il nuovo codice dei contratti pubblici e, successivamente, il monito della Corte Costituzionale non vadano nella direzione di un ripensamento del divieto di assicurabilità della responsabilità amministrativa, o se la portata innovatrice dei nuovi indirizzi sia, invece, circoscritta agli spazi vuoti lasciati dalla finanziaria 2008[11].
Nell’uno o nell’altro caso è indubbio, a parere di chi scrive, che un intervento legislativo sulla responsabilità amministrativa sia opportuno, anche per confermare (o meno) il nuovo ruolo delle coperture assicurative in tema di responsabilità e, in senso più ampio, come strumento di gestione del personale alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.

Note

  1. [1]

    Sul punto, cfr. Indelicato A., “Responsabilità e scudo erariale: retrospettive e prospettive dopo la rimessione alla Consulta”, in www.cortedeiconti.it
    Vd. supra

  2. [2]

    D.l.gs. 36/2023

  3. [3]

    La Corte dei Conti, sez. giurisdizionale per la Regione Campania, ha sollevato questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3, 28, 81, 97 e 103 della Costituzione – dell’art. 21, comma 2, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, ai sensi del quale «[l]imitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2024, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente».

  4. [4]

    Corte Cost. n. 132/2024.

  5. [5]

    L’art. 2 co. 4 prevede che: “4. Per promuovere la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti, compresi i piani di formazione di cui all’articolo 15, comma 7”

  6. [6]

    L’art. 45, co. 7 lett. c. dispone che una parte delle risorse di cui al comma 5 è in ogni caso utilizzata:”c) per la copertura degli oneri di assicurazione obbligatoria del personale.”

  7. [7]

    L’art. 45, co. 7 lett. c. dispone che una parte delle risorse di cui al comma 5 è in ogni caso utilizzata:”c) per la copertura degli oneri di assicurazione obbligatoria del personale.”

  8. [8]

    Art. 3, co. 59 l. : “È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile. I contratti di assicurazione in corso alla data di entrata in vigore della presente legge cessano di avere efficacia alla data del 30 giugno 2008. In caso di violazione della presente disposizione, l’amministratore che pone in essere o che proroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo.

  9. [9]

    “La stipula di una polizza assicurativa a tutela della responsabilità amministrativo-contabile del personale, con oneri a carico dell’ente locale e in definitiva della collettività, non è legittima, con conseguenze di danno erariale per l’importo dei relativi premi di polizza posti a carico del bilancio dell’ente, contrastando tale assunzione di spesa con il principio di responsabilità personale cui all’art. 28 cost., tenendo anche conto della peculiare natura di tale forma di responsabilità in relazione alla sua funzione di deterrenza verso dipendenti e amministratori, che ne costituisce contenuto essenziale accanto a quello risarcitorio”: così C. conti, sez. giur. reg. Sicilia, 25 ottobre 2006, n. 3054, in Dir. e pratica amm., 2007, 77.

  10. [10]

    Corte Conti Emilia Romagna, sez. controllo, 27 gennaio 2009, in www.corteconti.it

  11. [11]

    Sul punto, Landini S., “Danno erariale, responsabilità sanitaria e assicurazioni”, in www.dirittoesalute.org

  12. [12]

    Vd. supra

Carolina Fiata

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