La Convenzione di Istanbul – Scheda di Diritto

Redazione 02/10/24
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La Convenzione di Istanbul è un trattato internazionale promosso dal Consiglio d’Europa, firmato il 7 aprile 2011 a Istanbul e ratificato dall’Italia con la Legge n. 77 del 27 giugno 2013. Essa è entrata in vigore il 1 agosto 2014 e rappresenta il primo strumento giuridicamente vincolante per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. La Convenzione ha un’importanza centrale nel diritto internazionale perché sancisce in modo chiaro che la violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione.

Indice

1. Contesto storico e motivazioni


La Convenzione di Istanbul è nata in risposta alla necessità di fornire agli Stati europei uno strumento concreto per affrontare una delle più gravi forme di violenza basate sul genere. La violenza contro le donne ha rappresentato a lungo un problema strutturale, radicato in disuguaglianze di genere e stereotipi culturali. Nonostante i progressi legislativi in diversi Paesi, la mancanza di un quadro normativo comune che stabilisse standard minimi di protezione ha portato il Consiglio d’Europa a redigere questo trattato.
La Convenzione mira non solo a fornire una protezione giuridica adeguata alle vittime di violenza di genere, ma anche a promuovere una cultura del rispetto dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere, incoraggiando gli Stati membri ad adottare politiche più inclusive e coordinate in tal senso.

2. Obiettivi della Convenzione


La Convenzione di Istanbul si basa su quattro pilastri principali:

  • Prevenzione: La prevenzione della violenza di genere è il primo e fondamentale obiettivo della Convenzione. Essa impone agli Stati di promuovere campagne di sensibilizzazione, programmi educativi e iniziative di formazione per contrastare gli stereotipi di genere e ridurre la tolleranza sociale verso la violenza contro le donne. In questo contesto, la sensibilizzazione della società e delle istituzioni gioca un ruolo cruciale.
  • Protezione: Gli Stati firmatari devono garantire una protezione efficace alle vittime di violenza. Ciò implica l’adozione di leggi che facilitino l’accesso a misure di protezione come ordini restrittivi e allontanamenti immediati per gli aggressori, oltre a servizi di supporto come rifugi, assistenza legale e psicologica.
  • Persecuzione e punizione: La Convenzione richiede che gli Stati introducano sanzioni penali per punire efficacemente i reati di violenza di genere, inclusi lo stalking, lo stupro, le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e altre forme di abuso. Viene anche stabilito che tali reati non devono essere subordinati alla denuncia da parte della vittima e che i procedimenti penali possono essere avviati d’ufficio.
  • Politiche integrate: Per contrastare efficacemente la violenza contro le donne, la Convenzione richiede agli Stati di adottare politiche coordinate e integrate, coinvolgendo diversi settori come l’istruzione, la sanità, la giustizia e il welfare. Gli Stati devono cooperare con organizzazioni non governative e altri attori sociali per garantire un’azione sinergica.

3. Definizione di violenza contro le donne


La Convenzione di Istanbul definisce la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. Essa include tutte le forme di violenza basate sul genere che colpiscono in modo sproporzionato le donne, in particolare:

  • Violenza fisica: qualsiasi atto che comporti lesioni fisiche alle donne.
  • Violenza psicologica: abusi che mirano a intimidire, controllare o isolare la vittima.
  • Violenza sessuale: atti sessuali non consensuali, compreso lo stupro.
  • Mutilazioni genitali femminili: pratiche che comportano l’alterazione o la rimozione dei genitali femminili per motivi non medici.
  • Matrimoni forzati: il matrimonio imposto contro la volontà della donna.
  • Stalking: comportamenti molesti e minacciosi che creano nella vittima un senso di insicurezza e paura.

4. Obblighi per gli Stati firmatari


La Convenzione impone agli Stati firmatari di adottare misure legislative e amministrative per conformarsi alle sue disposizioni. Gli Stati devono assicurare che i reati di violenza contro le donne siano perseguiti in modo efficace, garantendo alle vittime il diritto all’accesso alla giustizia e a misure di protezione adeguate. In particolare, sono previsti i seguenti obblighi:

  • Modificare la legislazione nazionale per criminalizzare tutte le forme di violenza di genere.
  • Istituire servizi di supporto per le vittime, come centri antiviolenza, rifugi sicuri e linee di emergenza.
  • Fornire formazione specifica a tutti gli operatori coinvolti nel processo di aiuto alle vittime, incluse forze dell’ordine, magistrati e personale sanitario.
  • Raccogliere dati statistici accurati sulla violenza di genere, al fine di monitorare l’efficacia delle misure adottate e migliorare le politiche di prevenzione.

5. Monitoraggio e applicazione


Il meccanismo di monitoraggio della Convenzione è affidato al GREVIO (Gruppo di esperti sull’azione contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica). Il GREVIO valuta periodicamente l’implementazione della Convenzione attraverso rapporti nazionali e visite sul campo negli Stati membri. Inoltre, la Convenzione prevede un sistema di dialogo con le autorità nazionali per affrontare eventuali carenze e promuovere il miglioramento delle misure di protezione.

6. La situazione in Italia


L’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul nel 2013, impegnandosi ad adottare misure per prevenire e contrastare la violenza di genere. A seguito della ratifica, sono stati introdotti vari interventi legislativi, come il Piano Nazionale contro la Violenza di Genere e lo Stalking e il rafforzamento delle tutele per le vittime di violenza domestica. Tuttavia, nonostante questi progressi, restano sfide significative, tra cui la necessità di garantire risorse finanziarie adeguate all’implementazione delle politiche previste dalla Convenzione.

7. Critiche e sfide


La Convenzione di Istanbul ha ricevuto critiche in alcuni Stati per la sua presunta interferenza con le leggi nazionali e per la promozione di una definizione ampia di genere. Tuttavia, il dibattito pubblico ha evidenziato che la sfida principale riguarda l’effettiva implementazione delle disposizioni. In particolare, si osservano ancora carenze nel sostegno finanziario e nella sensibilizzazione della società sul tema della violenza di genere, nonché resistenze culturali che ostacolano il cambiamento.

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