Quando il diritto di critica “scrimina” il delitto di diffamazione?

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Quando il diritto di critica “scrimina” il delitto di diffamazione? Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n. 33463 del 2-07-2024

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Indice

1. La questione: l’esimente del diritto di critica di cui all’art. 51 cod. pen.


Il Tribunale monocratico di Patti confermava una sentenza di condanna, anche agli effetti civili, pronunciata nei confronti dell’imputato dal Giudice di pace di Mistretta per il reato di diffamazione.
Ciò posto, avverso questa decisione la difesa dell’accusato ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costei deduceva vizio di manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 533 c.p.p., perché il giudice d’appello non avrebbe valutato la sussistenza dell’esimente del diritto di critica di cui all’art. 51 cod. pen. e le parole usate dall’imputato costituirebbero soltanto una risposta alle altrui offese. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

FORMATO CARTACEO

Codice penale e di procedura penale e norme complementari

Il presente codice per l’udienza penale fornisce uno strumento di agile consultazione, aggiornato alle ultimissime novità legislative (la riforma Nordio, il decreto svuota carceri, modifiche al procedimento in Cassazione).L’opera è corredata dalle leggi speciali di più frequente applicazione nel corso dell’udienza penale e le modifiche del 2024 sono evidenziate in grassetto nel testo per una immediata lettura delle novità introdotte.Gli articoli del codice penale riportano le note procedurali utili alla comprensione della portata pratica dell’applicazione di ciascuna norma.Il volume è uno strumento indispensabile per avvocati e magistrati, ma anche per studenti universitari e concorsisti.Completa il codice una sezione online che mette a disposizione ulteriori leggi speciali in materia penale e gli aggiornamenti normativi fino al 31 gennaio 2025.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma, già componente del Collegio per i reati ministeriali presso il medesimo Tribunale. Docente della Scuola Superiore della Magistratura, è autore di numerose pubblicazioni.Luigi TramontanoGiurista, già docente a contratto presso la Scuola di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, è autore di numerose pubblicazioni, curatore di prestigiose banche dati legislative e direttore scientifico di corsi accreditati di preparazione per l’esame di abilitazione alla professione forense.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto infondato.
In particolare, gli Ermellini osservavano prima di tutto che il diritto di critica, rappresentando l’esternazione di un’opinione relativamente a una condotta, ovvero a un’affermazione altrui, si inserisce nell’ambito della libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall’art. 21 della Carta costituzionale e dall’art. 10 della Convenzione EDU.
Premesso ciò, per i giudici di piazza Cavour, proprio in ragione della sua natura di diritto di libertà, tale “diritto” può essere evocato quale scriminate, ai sensi dell’art. 51 cod. pen., rispetto al reato di diffamazione, purché venga esercitato nel rispetto dei limiti della veridicità dei fatti, della pertinenza degli argomenti e della continenza espressiva, evidenziandosi al contempo che i limiti de quibus sono rinvenibili, secondo le linee ermeneutiche tracciate dalla giurisprudenza e dalla dottrina, nella difesa dei diritti inviolabili, come quello previsto dall’art. 2 Cost., sicchè non è consentito attribuire ad altri fatti non veri, perché viene a mancare, in tale evenienza, la finalizzazione critica dell’espressione, né trasmodare nella invettiva gratuita, salvo che l’offesa sia necessaria e funzionale alla costruzione del giudizio critico (Sez. 5 n. 37397 del 24/06/2016).
Quanto, in particolare, al requisito della continenza, sotto il profilo formale, i giudici di legittimità ordinaria osservavano, nella pronuncia qui in esame, come esso postuli una forma espositiva proporzionata, “corretta“, e cioè astrattamente funzionale alla finalità di disapprovazione, che non precipiti nella gratuita ed immotivata aggressione all’altrui reputazione e non risulti sovrabbondante rispetto al pensiero da esprimere.
Più nel dettaglio, secondo il consolidato canone ermeneutico elaborato in sede nomofilattica, al fine di valutare il rispetto del canone della continenza, occorre contestualizzare le espressioni intrinsecamente ingiuriose, ossia valutarle in relazione al contesto spazio – temporale e dialettico nel quale sono state proferite, e verificare se i toni utilizzati dall’agente, pur accesi e sferzanti, non risultino meramente gratuiti, ma siano invece pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato e al concetto che si intende illustrare (Sez. 5, n. 17243 del 19/02/2020; Sez. 5 n. 32027 del 23/03/2018); in altri termini, sono, in definitiva, gli interessi in gioco che segnano la “misura” delle espressioni consentite (Sez. U n. 37140 del 30/05/2001; Sez. 1, n. 36045 del 13/06/2014; Sez. 5, n. 21145 del 18/04/2019) e si deve tener conto, in particolare, delle caratteristiche dei soggetti coinvolti e delle vicende concrete interessate dalla discussione.
Compito del giudice, per la Corte di legittimità, è, dunque, quello di verificare se il negativo giudizio di valore espresso sia suscettibile, in qualche modo, di una giustificazione nell’ambito del contesto critico e risulti funzionale all’argomentazione, così da non scadere nell’invettiva personale volta ad aggredire personalmente il destinatario (Sez. 5 n. 31669 del 14/04/2015), con espressioni inutilmente umilianti e gravemente infamanti (Sez. 5 n. 15060 del 23/02/2011).
Orbene, delineata la cornice entro la quale deve essere valutata l’eventuale sussistenza della predetta scriminante, e applicando tali principi alla fattispecie in esame, la Suprema Corte riteneva come i giudici del merito avessero ravvisato, nelle espressioni oggetto d’imputazione, profili esorbitanti dal diritto di critica, ovvero non continenti rispetto al contesto dialettico nel quale si erano inserite, con valutazione reputata dalla medesima Cassazione “condivisibile”.
Da ciò se ne faceva quindi conseguire la reiezione della doglianza summenzionata.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando il diritto di critica rappresenta una causa esimente in riferimento al delitto di diffamazione.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che il “diritto” di critica può escludere la responsabilità per diffamazione, ai sensi dell’art. 51 cod. pen., nei limiti in cui siano rispettati i limiti della veridicità dei fatti, della pertinenza degli argomenti e della continenza espressiva.
Tale provvedimento, quindi, può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba verificare se la critica proferita sia in grado di escludere la rilevanza penale del fatto previsto dall’art. 595 cod. pen..
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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