Mancato conferimento di PO senza motivazione: perdita di chance

Nell’ambito della procedura di conferimento di posizione organizzativa, l’atto di individuazione del personale a cui viene assegnata la PO (oggi nell’ente locale Elevata Qualificazione) deve essere adeguatamente motivato e non può prescindere da una valutazione comparativa degli aspiranti, ed al conseguente esame dei loro curricula ricavabili dai rispettivi fascicoli. L’obbligo di motivazione, in altri termini, non può prescindere dalla scelta di un aspirante anziché di un altro, anche in mancanza di una formale proceduta concorsuale[1]. Per approfondimenti sul lavoro pubblico, consigliamo il volume “Il lavoro pubblico”.

Indice

1. I fatti: mancato conferimento di PO senza motivazione


La Corte d’Appello di Firenze ha condannato il Comune di Firenze a rimborsare al dipendente mancato assegnatario di PO il danno da perdita di chance in relazione alla procedura per l’assegnazione di posizione organizzativa (PO).
Nel caso di specie, il lavoratore dipendente del Comune di Firenze dal 1993, con qualifica di funzionario amministrativo livello giuridico D3 e livello economico D6, già responsabile di posizione organizzativa, partecipava al bando per l’assegnazione della PO “giuridica gestione del personale e affari generali” per triennio 2015-2017, ma non risultava vincitore, venendo assegnata la PO ad altro dipendente. Il lavoratore impugnava l’assegnazione della PO.
Per la Cassazione della sentenza di appello ricorre il Comune di Firenze prospettando cinque motivi di ricorso. Per approfondimenti sul lavoro pubblico, consigliamo il volume “Il lavoro pubblico”.

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A cura di Alessandro Boscati | Maggioli Editore 2021

2. I primi due motivi di ricorso


Per la Cassazione della sentenza di appello ricorre il Comune di Firenze prospettando cinque motivi di ricorso, di seguito si analizzato i primi due:

  • Con il primo motivo di ricorso è contestata la statuizione con la quale la Corte d’Appello ha affermato che non è ammissibile l’integrazione in sede giudiziale della motivazione posta a fondamento del provvedimento di conferimento di incarico, mediante la produzione in giudizio di rapporto informativo di provenienza del Direttore dei servizi tecnici. Tale principio non sarebbe applicabile agli atti del datore di lavoro privatizzato;
  • Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la nullità della sentenza per vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità manifesta in violazione dell’art. 132, comma 2, n.4, cpc, e dell’art. 118, disp. att. cpc, denunciabile ex art. 360, n.3, cpc;

Gli stessi sono inammissibili in quanto non considerano l’ampia ratio decidenti della sentenza di appello. Difatti, la motivazione dell’atto di scelta del personale da assegnare alla posizione in questione non può prescindere da una valutazione comparativa degli aspiranti, ed al conseguente esame dei loro curricula ricavabili dai rispettivi fascicoli. L’obbligo di motivazione, in altri termini, non può prescindere dalla scelta di un aspirante anziché di un altro, anche in mancanza di una formale proceduta concorsuale. Ai fini del conferimento delle posizioni organizzative, la P.A. è tenuta al rispetto dei criteri di massima indicati dalle fonti contrattuali ed all’osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede, senza tuttavia che la predeterminazione dei criteri di valutazione comporti un automatismo nella scelta, la quale resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro, che non è comunque chiamato a svolgere una valutazione comparativa[2].
In particolare, la Corte di Cassazione ha formulato il seguente principio di diritto:
la motivazione degli atti di individuazione delle Posizioni Organizzative da parte degli Enti Locali, deve essere operata ed espressamente diretta anche con riferimento ad una valutazione comparativa degli aspiranti alle posizioni in contestazione[3].
Nella specie la Corte d’Appello, nel fare corretta applicazione dei suddetti principi, ha accolto la domanda del lavoratore non per la sola mera formale mancanza di motivazione della determina di conferimento della PO quanto alla comparazione degli aspiranti e all’esame dei relativi profili, non integrabile ex post, come assume il dipendente mancato assegnatario di PO.
Il Comune di Firenze, nella scelta effettuata rispetto agli altri candidati e, in particolare, al dipendente mancato assegnatario di PO [4] avrebbe dovuto sostenere tale scelta con una motivazione particolarmente stringente, idonea a dar conto in maniera espressa e compiuta delle ragioni della scelta, mentre quella adottata si palesava apparente. Nella stessa, ricorda il giudice di appello, si faceva generico riferimento a capacità ed esperienza professionali, a requisiti culturali e attitudinali dimostrati del funzionario scelto, tali da assicurare la piena assunzione di responsabilità e delle funzioni ascritte alla PO, senza una effettiva illustrazione e comparazione. Correttamente la Corte d’Appello ha poi escluso che ex post, mediante un documento successivo non solo alla determina dirigenziale ma anche alla contestazione in giudizio – rapporto informativo proveniente dal direttore dei servizi tecnici- potesse essere integrata la suddetta motivazione. Tale documento non può che costituire corredo alla difesa tecnica, che peraltro la Corte d’Appello ha preso in esame nel merito, rilevando tuttavia che le argomentazioni esposte confliggevano con la chiara declaratoria dell’incarico in questione, che investiva ambiti amministrativi, come quelli di competenza del dipendente mancato assegnatario di PO, e non tecnici come quelli del funzionario scelto.

3. Gli altri motivi di ricorso


Di seguito vengono analizzati gli altri tre motivi di ricorso:

  • Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, artt. 1218, 1223, 1226, 2043, cc (art. 360, n.3, cpc). L’Amministrazione non aveva proceduto a una motivata valutazione comparativa dei candidati precludendo al dipendente mancato assegnatario di PO la possibilità di ottenere con la PO una chance professionale avente un effettivo contenuto economico rappresentato in primo luogo dalla retribuzione corrispettiva dell’incarico di PO;
  • Con il quarto motivo di ricorso è denunciata la nullità della sentenza per vizio di motivazione. La Corte d’Appello ha valutato nel 90% la chance del lavoratore di ottenere la PO ove la comparazione fosse stata effettivamente e adeguatamente compiuta. Ad avviso del Comune di Firenze tale valutazione è illogica in quanto, secondo il Comune, la Corte d’Appello ha fatto riferimento a maggiori requisiti in capo al controricorrente circa la sottocategoria di appartenenza, l’anzianità di servizio, la passata titolarità di PO;
  • Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, n.3, cpc, degli artt. 1218, 1223, 1226, 2043 cc.

La Corte di Cassazione considera anche questi motivi inammissibili nella parte in cui si sostanziano nella richiesta di una rivalutazione dell’accertamento effettuato dalla Corte d’Appello. Sono nel resto infondati, atteso che la Corte d’Appello ha correttamente riconosciuto il danno da perdita di chance.

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4. Conclusione


In tema di impiego pubblico locale l’illegittimo diniego di una posizione organizzativa comporta il diritto del dipendente al risarcimento del danno per perdita di chance. Al fine della liquidazione del danno patrimoniale da perdita di “chance” la concreta ed effettiva occasione perduta di conseguire un determinato bene non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione autonoma, che deve tenere conto della proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto[5]. Ove sussista la prova di una concreta ed effettiva occasione perduta, il danno, che non coincide con le retribuzioni perse, va liquidato in via equitativa ed a tal fine l’ammontare delle retribuzioni perse può costituire un parametro[6].
Tuttavia, occorre considerare il grado di probabilità e la natura del danno da perdita di chance, che è un danno futuro, consistente nella perdita non di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale[7].

Note


[1] Cassazione ordinanza n. 25632 del 25 settembre 2024.
[2] Cass. n. 25083 del 2018.
[3] Cass. 16247 del 2014.
[4] di inquadramento più elevato rispetto a tutti gli altri, titolare di PO di contenuto professionale praticamente identico a quello di interesse e perciò portatore di esperienza professionale più specifica e significativa.
[5] Cass., n. 18207 del 2014.
[6] (Cass., n. 18207 del 2014.
[7] Cass. n. 13483 del 2018.

Armando Pellegrino

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