Composizione negoziata della crisi e banche

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L’istituto della composizione negoziata della crisi ed i suoi riflessi nel rapporto impresa-banche anche alla luce delle novità introdotte con il D.lgs. 13 settembre 2024, n. 136. Per approfondimenti sulla composizione negoziata consigliamo il volume: Come gestire la composizione negoziata nel risanamento dell’impresa

Indice

1. Composizione negoziata della crisi


L’art. 12 CCII stabilisce che l’imprenditore commerciale (o anche agricolo) può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della C.C.I.A.A. del luogo ove abbia sede l’impresa, quando, esso imprenditore, si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendano probabile la crisi o addirittura l’insolvenza, a patto che al momento della richiesta il risanamento dell’impresa risulti ragionevolmente perseguibile.
In tale cornice, la figura dell’esperto nominato dalla C.C.I.A.A. assolve ad una funzione di mediazione, agevolando le trattative tra imprenditore, creditori ed eventuali altri soggetti interessati, in vista del superamento delle condizioni di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario che attanagliano l’imprenditore.
Naturalmente, affinché tale funzione di mediazione possa essere efficacemente e trasparentemente svolta, è necessario, come previsto dall’art. 16 CCII, che l’esperto sia innanzitutto in possesso dei requisiti di indipendenza che il Codice civile all’art. 2399 richiede per i sindaci di Spa e dunque non può essere nominato esperto e se lo è decade:

  • l’interdetto, l’inabilitato, il fallito, chi è stato condannato ad una pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi;
  • il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori dell’impresa che ricorre alla composizione negoziata della crisi e gli amministratori e i parenti di questi ultimi come poc’anzi individuati delle società controllate o che controllano quella che è ricorsa alla composizione negoziata;
  • coloro che sono legati all’impresa che ricorre alla composizione negoziata o alle imprese che sono da questa controllate o la controllano da rapporti di lavoro, anche autonomo o di mera collaborazione, tali da poterne compromettere l’indipendenza nell’esercizio della funzione.

Allo stesso modo, l’esperto non deve avere con le altre parti interessate all’operazione di risanamento rapporti di natura personale e professionale, ma deve garantire terzietà rispetto a tutte le parti e la capacità di operare in modo professionale, riservato, parziale e indipendente.
Sotto il profilo generale, la flessibilità e snellezza della composizione negoziata della crisi, per certi versi, avvicina l’istituto ad una normale trattativa extragiudiziale fra imprenditore e creditori finalizzata al superamento della situazione di difficoltà/crisi in cui versa l’impresa. E infatti, avviato il percorso di composizione negoziata, a norma dell’art. 21 CCII, l’imprenditore conserva nel corso delle trattative la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, al netto però dell’importante limitazione rappresentata dall’obbligo per l’imprenditore di adottare un profilo di gestione tale da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria della società, che si tramuta in obbligo di gestire l’impresa nel prevalente interesse dei creditori nel caso in cui, nel corso della composizione negoziata, l’impresa diventi insolvente.
Tuttavia, oltre quanto poc’anzi detto non si va. Nel senso che, poi emergono in maniera chiara e caratterizzata le esigenze di protezione che la composizione negoziata mira ad assicurare da un lato all’imprenditore e dall’altro alle terze parti interessate, incluse le banche.
L’imprenditore, in primo luogo, con l’istanza di nomina dell’esperto o successivamente alla sua presentazione può chiedere l’applicazione di misure protettive del patrimonio (art. 18 CCII), in virtù delle quali i creditori interessati non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercita l’attività di impresa.
In secondo luogo, sempre con l’istanza di nomina dell’esperto o successivamente può semplicemente dichiarare, ai sensi dell’art. 20 CCII, che sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti le norme del Codice civile (artt. 2446, 2447, 2482-bis, 2482-ter, 2484 e 2545-duodecies) che impongono la riduzione del capitale quando ne risulti diminuita l’entità oltre un terzo in conseguenza di perdite, sino ad arrivare nei casi più gravi allo scioglimento della società.
Per converso, è indubbio che lo strumento della composizione negoziata esplica nei confronti dei creditori un effetto protettivo che all’interno di una trattativa di natura extragiudiziale mai si potrebbe conseguire.
In primis, infatti, l’art. 24 CCII, al secondo comma, stabilisce che non sono soggetti all’azione revocatoria di cui all’art. 166, comma 2, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere dall’imprenditore nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, se coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono compiuti. Mentre, dal canto loro, gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto sono revocabili ai sensi degli articoli 165 e 166 CCII se in relazione ad essi l’esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese o il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata a norma dell’art. 22 CCII. Per approfondimenti sulla composizione negoziata consigliamo il volume: Come gestire la composizione negoziata nel risanamento dell’impresa

FORMATO CARTACEO

Come gestire la composizione negoziata nel risanamento dell’impresa

La crisi emergenziale conseguente alla pandemia ha indotto il legislatore a intervenire in modo significativo in ambito concorsuale, fornendo alle imprese in difficoltà nuovi strumenti per gestire in una prospettiva quanto più possibile anticipata la crisi di impresa.Lo strumento della composizione negoziata – una delle innovazioni più incisive – consente all’imprenditore, che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, di perseguire un tempestivo risanamento dell’impresa con il supporto di un esperto indipendente, che agevoli le trattative con i creditori e gli altri soggetti interessati.Il volume, aggiornato alla recentissima Legge 21 aprile 2023, n. 41 di conversione del D.L. 13/2023 (Decreto PNRR), è un utile ausilio per il professionista chiamato a confrontarsi con il procedimento di composizione negoziata della crisi di impresa, affrontando la disciplina in una prospettiva multidisciplinare che valorizza dal punto di vista giuridico, ma non solo, i molteplici e distinti aspetti di un istituto che pare destinato ad essere utilizzato con sempre maggior frequenza.Filippo GhignoneAvvocato del Foro di Bologna, Dottore di ricerca in Diritto Fallimentare presso l’Università di Bologna. Svolge la professione e l’attività di ricerca nell’ambito del diritto fallimentare e concorsuale in genere, occupandosi prevalentemente di ristrutturazione del debito, di distressed investments e di c.d. special opportunities. È autore di diverse pubblicazioni in materia di diritto commerciale e fallimentare.

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2. Banche: posizione ed obblighi


In termini generali, l’avvio del percorso di composizione negoziata della crisi comporta l’obbligo per il debitore e i creditori di “comportarsi secondo buona fede e correttezza” (art. 4, comma 1, CCII). Il che, come in maniera più stringente declinato dall’art. 4, comma 4, CCII, si traduce nel dovere posto in capo ai creditori di collaborare lealmente con il debitore e con l’esperto durante le trattative di composizione negoziata e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite.
È poi l’art. 16, comma 5, CCII a chiamare specificamente in campo le banche. Esso, infatti, stabilisce che “le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato. L’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore. In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta”. E da ciò si deduce che le banche:

  • hanno un dovere di buona fede per così dire “rafforzato”, nel senso che la loro partecipazione alle trattative non può limitarsi ad essere passiva, improntata alla semplice presa d’atto dello status quo, ma deve al contrario essere attiva, cioè fattivamente volta alla ricerca di soluzioni idonee a favorire il superamento della situazione di squilibrio/crisi in cui versa l’impresa. Le banche, in altri termini, non possono partecipare alle trattative adottando atteggiamenti né di mera acquiescenza, né di pregiudiziale chiusura verso le proposte avanzate dall’imprenditore, atteso che piuttosto si richiede alle stesse di apportare al tavolo delle trattative un approccio consulenziale finalizzato all’individuazione delle migliori soluzioni di risanamento, peraltro, soggiacendo all’ulteriore obbligo (comune a tutte le parti della trattativa) di dare “riscontro alle proposte e richieste che ricevono … con risposta tempestiva e motivata” (art. 16, comma 6, CCII);
  • sono soggette ad un vero e proprio vincolo operativo, giacché  se da una parte l’accesso alla composizione negoziata della crisi con costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari, dall’altra è la stessa composizione negoziata a far emergere una situazione di squilibrio economico/patrimoniale/finanziario, che, ove conosciuta dalla banca, al di fuori della cornice di protezione assicurata dalla procedura, ben potrebbe indurla ad assumere posizioni di maggior rigore circa l’opportunità di mantenere in essere e fruibili gli affidamenti accordati. Ciò è reso ancora più evidente dal fatto che, seppure sia sempre pienamente ipotizzabile la sospensione e la revoca degli affidamenti per giusta causa fondata sul merito del rapporto contrattuale, in realtà, la circostanza che la norma individui solo come “possibile” la sospensione o revoca degli affidamenti in essere anche quando ciò sia richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, la dice lunga circa la disponibilità di effettivi spazi di manovra a disposizione delle banche per muoversi concretamente sul terreno della sospensione o della revoca.

Viene, infine, in rilievo il disposto dell’art. 18, ultimo comma, CCII il quale, con portata ancora più vasta, stabilisce che i creditori e dunque anche le banche nei cui confronti operano le misure di protezione del patrimonio eventualmente richieste dall’imprenditore non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto.

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3. Le novità introdotte dal D.lgs. 13 settembre 2024, n. 136


Il D.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 ha introdotto numerose modifiche (correttivo ter) al CCII e nello specifico alla disciplina della composizione negoziata della crisi, relativamente alla quale:

  • è riscritto il comma 5 dell’art. 16 CCII, cosicché in base alla nuova versione del medesimo non più l’accesso, ma ancor prima “la notizia dell’accesso alla composizione negoziata della crisi” e il coinvolgimento nelle trattative non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore e, ancora più rilevante, nemmeno costituiscono “ragione di una diversa classificazione del credito”. Inoltre, si è con il novellato comma 5 previsto che “l’eventuale sospensione o revoca delle linee di credito determinate dalla applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale deve essere comunicata agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa, dando conto delle ragioni specifiche della decisione assunta.” E dunque, rispetto alla disciplina previgente, non la generica comunicazione delle ragioni che hanno portato alla sospensione o alla revoca, bensì la comunicazione delle “ragioni specifiche” che giustificano la decisione assunta;
  • l’aggiunta all’art. 18 CCII del comma 5-bis, in base al quale “dal momento della conferma delle misure protettive, le banche … nei cui confronti le misure sono state confermate non possono mantenere la sospensione relativa alle linee di credito accordate al momento dell’accesso alla composizione negoziata se non dimostrano che la sospensione è determinata dalla applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale”;
  • con l’importante previsione, in chiusura di entrambi i due commi in precedenza richiamati, che “la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario.”

Dott. Carmine Di Palo

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