La struttura sanitaria risponde del danno causato al paziente a causa di un intervento errato per ridurre una frattura causata da un incidente stradale. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Indice
1. I fatti: intervento errato per frattura
A seguito di un incidente stradale e della conseguente frattura subita ad una gamba, una signora veniva trasportata al Pronto Soccorso di un ospedale, dove – dopo essere stata trasferita al reparto di Rianimazione a seguito degli accertamenti eseguiti – veniva sottoposta ad un intervento chirurgico per la riduzione della frattura, mediante inserimento di un chiudo nel femore sinistro. Successivamente alle dimissioni, la paziente seguiva un percorso di riabilitazione e si sottoponeva a diversi successivi controlli radiografici e ortopedici.
Circa tre mesi dopo l’intervento, la signora cadeva accidentalmente e riportava una frattura della rotula, come veniva accertato dagli esami svolti presso l’Ospedale cui era stata costretta a recarsi nuovamente, che veniva trattata con l’applicazione di un apparecchio gessato.
Dopo 4 mesi, la signora decideva di effettuare una visita ortopedica presso un professore romano, il quale sospettando che vi fosse una sporgenza del chiodo in precedenza posizionato nel femore della signora, richiedeva lo svolgimento di una TAC alla gamba. L’esito di detto ultimo esame confermava il sospetto diagnostico dell’ortopedico e quindi la signora si sottoponeva ad un nuovo intervento per la rimozione del chiodo.
Nonostante la rimozione, la signora continuava comunque ad avere delle problematiche nel funzionamento del ginocchio sinistro.
In considerazione di ciò, la signora adiva il Tribunale di Ragusa per richiedere la condanna della struttura sanitaria presso cui aveva eseguito il primo intervento ortopedico, successivo all’incidente stradale, al risarcimento dei danni dalla medesima subiti in conseguenza dell’errore commesso dai sanitari.
In particolare, l’attrice sosteneva che i sanitari, durante il predetto intervento successivo all’incidente stradale e volto alla soluzione della problematica ad esso conseguente (cioè la frattura del femore), avevano mal posizionato il chiodo, che pertanto aveva sfregato con la superficie interna della rotula e determinando così insorgenza di una condropatia femoro-rotulea e causando la frattura della rotula avvenuta durante la successiva caduta della signora.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio escludendo una responsabilità dei sanitari nella causazione delle due suddette problematiche lamentate dall’attrice e eccependo una carenza di legittimità di quest’ultima ad agire contro la struttura sanitaria.
A tale ultimo proposito, l’Ospedale sosteneva che fosse verosimile che l’attrice avesse già ricevuto un risarcimento per le lesioni subite dalla compagnia assicurativa del veicolo che l’aveva investita. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
In primo luogo, il Tribunale di Ragusa ha chiarito l’aspetto relativo alla legittimazione della paziente ad adire il Tribunale per chiedere il risarcimento dei danni subiti nei confronti della struttura sanitaria.
A tal proposito, infatti, il Tribunale ha rilevato che il giudizio non aveva ad oggetto i danni conseguenti all’incidente stradale subito dall’attrice, bensì riguardava un fatto diverso e successivo rispetto all’incidente: cioè l’intervento chirurgico eseguito presso la struttura sanitaria e volto a curare la signora della frattura alla gamba che aveva subito a causa del predetto sinistro stradale. Conseguentemente, anche i danni oggetto del giudizio riguardavano quelli derivanti dell’intervento chirurgico suddetto e quelli derivanti dalla successiva caduta accidentale della signora che, senza l’errore medico nell’esecuzione del predetto intervento chirurgico, non avrebbe provocato la lesione della rotula lamentata dall’attrice o l’avrebbe provocata in maniera minore.
Conseguentemente, il Tribunale ha affermato la legittimazione attiva della paziente a formulare la richiesta danni nei confronti dell’ospedale, trattandosi di danni discendenti non dal sinistro stradale che l’aveva vista coinvolta, bensì derivanti direttamente dal successivo e conseguente ’intervento chirurgico eseguito presso l’ospedale.
In secondo luogo, il Giudice ha esaminato la responsabilità della struttura sanitaria, come invocata dall’attrice.
In particolare, il magistrato ha ricordato che, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia (cioè l’evento di danno) ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare detto danno lamentato.
Pertanto, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare – anche tramite presunzioni – il nesso di causalità tra l’evento di danno e l’azione o l’omissione dei sanitari.
Infatti, nelle obbligazioni di diligenza professionale (come nel caso della responsabilità medica) sanitaria, il danno evento consta della lesione non dell’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione (cioè perseguimento delle “leges artis” nella cura dell’interesse del creditore), ma del diritto alla salute (interesse primario presupposto a quello contrattualmente regolato).
Una volta che il paziente ha assolto detto onere probatorio, sarà la struttura sanitaria danneggiante a dover provare la sussistenza di una causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione.
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3. La decisione del Tribunale: responsabilità sanitaria
Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto di istruire la causa con lo svolgimento di una CTU medico legale volta a verificare se il primo intervento eseguito presso la struttura sanitaria convenuta (volto a ridurre la frattura alla gamba riportata a seguito del sinistro stradale) fosse stato eseguito a regola d’arte o meno e se fosse stato la causa dei due danni evento lamentati dall’attrice.
I periti nominati dal giudice hanno concluso il loro esame ritenendo che il fatto che il chiodo posizionato nella gamba dell’attrice sporgesse ha determinato verosimilmente una condropatia ed ha altresì facilitato la frattura della rotula avvenuta in seguito alla caduta accidentale dell’attrice. A tale ultimo proposito, i periti hanno ritenuto che l’errato posizionamento del chiodo sia stato una concausa della frattura della rotula, al pari del trauma conseguente alla caduta medesima.
Pertanto, il Tribunale di Ragusa ha accertato la sussistenza di una responsabilità professionale colposa dei medici della struttura sanitaria convenuta, in termini di imperizia, dovuta ad un erroneo posizionamento del chiodo che ha creato una sporgenza intrarticolare non prevista.
Conseguentemente, il giudice ha accolto la domanda risarcitoria formulata dall’attrice e ha condannato la struttura sanitaria a risarcire i danni dalla prima subiti a causa della predetta condotta imperita dei suoi sanitari.
Per quanto concerne la quantificazione del danno, il giudice ha ritenuto che alla fattispecie in esame fosse applicabile la norma in tema di liquidazione del danno prevista dalla legge Balduzzi (e oggi riproposta nel suo contenuto dalla Legge Gelli-Bianco), anche se l’illecito e i danni si erano verificati prima della sua entrata in vigore.
Conseguentemente, applicando il criterio equitativo di liquidazione del danno non patrimoniale fondato sulle tabelle elaborate dal codice delle assicurazioni, ha quantificato il danno biologico permanente e temporaneo in €. 11.011,77.
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