Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio si configura come una delle alternative cui l’imprenditore può ricorrere quando sfumano le possibilità di concludere in altro modo le trattative avviate nell’ambito del percorso di composizione negoziata della crisi ex art. 12 CCII. Per approfondire tutte le novità del Correttivo-Ter, consigliamo il corso per professionisti: Il terzo correttivo al Codice della crisi d’impresa: applicazioni pratiche, questioni interpretative e strategie. Consigliamo anche il Corso abilitante e di aggiornamento per Gestore della crisi d’impresa, Curatore, Commissario giudiziale, Liquidatore e Attestatore – IV edizione
Indice
1. Natura del concordato semplificato
Cominciamo col dire che il concordato semplificato non ha nulla a che vedere con il concordato preventivo di cui all’art. 84 e seguenti del CCII. Intanto, perché l’imprenditore che “si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza” (art. 12, comma 1, CCII) non può accedervi direttamente, ma solo residualmente, quando le trattative avviate per il superamento della crisi nell’ambito del percorso di composizione negoziata della crisi non abbiano portato all’individuazione di una soluzione alternativa tra quelle previste dall’art. 23, comma 1 e 2, CCII. In secondo luogo, perché l’orizzonte finalistico del concordato semplificato è ben più ristretto di quello tipico del concordato preventivo.
Come noto, infatti, quest’ultimo può prevedere oltre ad una finalità liquidatoria dell’impresa concordataria, anche, ove ve ne siano le condizioni, una finalità di prosecuzione dell’attività della stessa, in forma diretta o indiretta, quando in quest’ultimo caso tale prosecuzione sia portata avanti da un soggetto diverso dall’imprenditore in virtù di cessione, usufrutto, affitto o conferimento d’azienda in altra società. Viceversa, il concordato semplificato, come peraltro confermato dalla rubrica dell’art. 25 sexies CCII, assolve unicamente allo scopo di addivenire alla liquidazione del patrimonio dell’imprenditore che vi fa ricorso. Il che, beninteso, non vuol dire che sia assolutamente preclusa qualunque possibilità di prosecuzione dell’attività d’impresa, ma tale prosecuzione potrà nei fatti essere solo indirettamente perseguita e a patto che essa sia comunque funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori.
In altri termini, nell’ambito del concordato semplificato, la liquidazione del patrimonio ben potrà attuarsi attraverso la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa, ma ciò potrà concretizzarsi solo se attraverso la cessione del compendio organizzato dei beni aziendali o di parte di essi si raggiungerà un maggiore e più proficuo grado di soddisfazione dei creditori. Di talché l’effettiva continuazione dell’attività d’impresa ne costituirà effetto accessorio ed eventuale. Sul tema, consigliamo il volume Nuovo correttivo alla crisi di impresa -Cosa cambia per professionisti e imprese che raccoglie e illustra le novità di interesse per gli operatori del settore delle procedure concorsuali contenute nel c.d. Decreto Correttivo Ter.
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Il presente volume illustra le novità di interesse per gli operatori del settore delle procedure concorsuali contenute nel c.d. Decreto Correttivo Ter (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136) al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza. Il commento operativo articolo per articolo si propone di fornire una guida completa all’interpretazione ed all’applicazione delle rilevanti modifiche apportate al CCII, a breve distanza dalla sua entrata in vigore. Tra le principali novità, l’ampliamento della composizione negoziata della crisi come procedura per il superamento della situazione di squilibrio dell’impresa prima che si arrivi all’insolvenza e il potenziamento del ruolo dell’esperto. Rilevanti interventi riguardano anche la disciplina del sovraindebitamento e del concor- dato minore, aperto al debitore sovraindebitato diverso dal consumatore, e i requisiti più rigorosi per ottenere il cram down fiscale, uno dei punti più significativi della nuova disciplina, con cui il Legislatore risponde all’esigenza di conciliare la tutela delle ragioni dei creditori pubblici ed il superamento della crisi d’impresa. Per agevolare la lettura delle novità è riportato a confronto il vecchio ed il nuovo testo in cui sono evidenziati i cambiamenti operati dal legislatore.Giorgio CherubiniAvvocato, ammesso al patrocinio innanzi le giurisdizioni superiori, esercita nel settore del diritto commerciale e della crisi d’impresa. Già Presidente e attualmente socio onorario di INSOL Europe, è Vice Presidente dell’ISIR. Founding Partner dell’Associazione professionale Explegal, ricopre incarichi su nomina del Ministero delle Imprese e del Made in Italy in numerose procedure concorsuali. Già curatore fallimentare presso il Tribunale di Roma, commissario liquidatore su nomina dell’IVASS, è autore di pubblicazioni e relatore in conferenze nazionali e internazionali.
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2. Presupposti soggettivi e oggettivi
A livello soggettivo emerge subito una ulteriore, importante peculiarità del concordato semplificato, al quale, in virtù di quanto stabilito dall’art. 12, comma 1, CCII, potrà accedere qualunque imprenditore commerciale o anche agricolo, in senso lato, e dunque anche gli imprenditori cosiddetti minori o sotto soglia, come definiti dall’art. 2, comma 1 e 2, CCII, che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza. E ciò, contrariamente a quanto previsto dall’art. 84 CCII per il concordato preventivo, cui può accedere solo l’imprenditore che, conformemente a quanto statuito dall’art. 121 CCII, (i) abbia la qualifica di imprenditore commerciale, (ii) sia in stato di insolvenza e (iii) non dimostri il possesso congiunto dei seguenti requisiti (art. 2, comma 1, lettera d), CCII):
- un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 300.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di concordato o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
- ricavi per un ammontare annuo non superiore ad euro 200.000 nel periodo temporale come definito al precedente punto 1;
- un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro 500.000.
Sotto il profilo oggettivo, il concordato semplificato presuppone che si siano concluse le trattative portate avanti nel corso della procedura di composizione negoziata della crisi. Si badi bene, non che le predette trattative si siano risolte in un fallimento, ma semplicemente e in maniera più neutra che si siano concluse. E infatti, il terzo correttivo al CCII (D.lgs. 13 settembre 2024, n. 136) ha espunto dall’art. 25 sexies, comma 1, CCII, le parole “che non hanno avuto esito positivo” riferite alle trattative ex composizione negoziata della crisi. Sicché la concreta possibilità di ricorso al concordato semplificato poggia ora solo su due presupposti oggettivi: (i) che le trattative si siano svolte con correttezza e buona fede, secondo quanto attestato dall’esperto con propria relazione finale e (ii) che, terminate le trattative, non sia stato possibile concludere (art. 23, comma 1, CCII):
- un contratto con uno o più creditori oppure – come precisa il terzo correttivo al CCII – “con una o più parti interessate all’operazione di risanamento”;
- la convenzione di moratoria di cui all’art. 62 CCII;
- un accordo sottoscritto dall’imprenditore – e aggiunge il terzo correttivo – “dai creditori aderenti e dalle altre parti interessate all’operazione di risanamento che vi hanno aderito nonché” dall’esperto;
oppure, alternativamente, come previsto dall’art. 23, comma 2, CCII, non sia stato possibile (i) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all’art. 56 CCII, (ii) l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61 CCII, (iii) accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal CCII, dal D.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 o dalla L. 18 febbraio 2004, n. 39.
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3. L’omologazione
Ma in che modo si accede concretamente al concordato semplificato?
L’art. 25 sexies, comma 1, CCII stabilisce che, ricevuta la comunicazione della relazione finale redatta dall’esperto, l’imprenditore può presentare nei 60 giorni successivi una proposta di concordato per cessione di beni chiedendone l’omologazione con ricorso presentato al tribunale.
A questo punto, il tribunale (i) valutata la ritualità della proposta, acquisita la relazione finale dell’esperto attestante che le trattative condotte nell’ambito della composizione negoziata della crisi si sono svolte con correttezza e buona fede ma che ciò nonostante nessuna delle soluzioni individuate ai commi 1 e 2 dell’art. 23 CCII è risultata praticabile e (ii) acquisito inoltre il parere dell’esperto circa i presumibili risultati della liquidazione e le garanzie esperte, (iii) nomina un ausiliario cui spetta il compito di formulare il proprio parere, (iv) ordina la comunicazione della proposta stessa e dei relativi pareri e (v) fissa l’udienza di omologazione.
Non vi è, dunque, contrariamente a quanto avviene per il concordato preventivo, la nomina del giudice delegato e del commissario giudiziale e nemmeno è prevista la votazione della proposta da parte dei creditori, i quali potranno solo proporre opposizione all’omologazione costituendosi nel termine perentorio di 10 giorni prima dell’udienza fissata.
Inoltre, sempre nel concordato semplificato a differenza di quanto stabilito per il concordato preventivo, non è previsto a carico dell’imprenditore l’onere di dover garantire una percentuale minima di soddisfacimento ai creditori chirografari.
Viceversa, la disciplina tipica del concordato preventivo viene richiamata dall’art. 25 sexies, comma 1, come novellato dal terzo correttivo al CCII, laddove aggiunge che la proposta di concordato semplificato per cessione dei beni “può prevedere la suddivisione dei creditori in classi e si applica l’art. 84, comma 5” CCII, il quale ultimo stabilisce che “i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possono essere soddisfatti anche non integralmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.
L’art. 25 sexies, come novellato dal terzo correttivo al CCII, sempre al comma 1 introduce poi una ulteriore, importante novità, laddove consente che l’imprenditore possa proporre la domanda di concordato semplificato “anche con riserva di deposito della proposta e del piano”. Così, altra modifica di rilievo apportata dal terzo correttivo si realizza attraverso la parziale riscrittura dell’art. 54, comma 1, CCII, mediante la quale si estende anche al concordato semplificato l’applicabilità delle misure protettive e cautelari.
Rimane, infine, da affrontare un ultimo punto ed è quello relativo ai poteri del giudice sia nella fase di ammissione che in quella di omologazione della domanda di concordato semplificato.
Nella fase di ammissione il tribunale è chiamato a valutare “la ritualità della proposta”. Si tratta di una verifica che non è solo formale e non si risolve nel mero accertamento del rispetto dei requisiti previsti dalla legge per l’accesso al concordato semplificato.
Certamente, il tribunale verificherà che la relazione finale dell’esperto dia conto di trattative svolte secondo correttezza e buona fede e dell’impraticabilità di una delle soluzioni individuate dall’art. 23, comma 1 e 2, CCII in chiusura di composizione negoziata della crisi. Ma oltre a ciò, il giudice (cfr. Sentenza Tribunale ord. Firenze, Sez. V, 31 agosto 2022) si occuperà di verificare che (i) nel corso delle trattative sia stata effettiva l’interlocuzione con i creditori mediante la messa a disposizione degli stessi di un’informativa completa sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa e i contenuti del piano di risanamento elaborato, (ii) che l’imprenditore abbia effettivamente avanzato una delle proposte di risoluzione della crisi previste dall’art. 23 CCII e che, infine, (iii) abbia compiutamente rappresentato i benefici assicurabili ai creditori mediante la loro adesione ad una delle proposte di cui al predetto art. 23 CCII, in alternativa a quelli conseguibili in sede di liquidazione giudiziale.
Infine, nella fase della vera e propria decisione, il tribunale omologa il concordato semplificato previa verifica della regolarità del contraddittorio e del procedimento, del rispetto dell’ordine delle cause di prelazione, della fattibilità del piano di liquidazione, quando “rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e comunque assicura un’utilità a ciascun creditore”.
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