Servitù di passaggio: limiti alla gestione condominiale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28675 del 7 novembre 2024, si è espressa su una controversia in materia di servitù di passaggio e poteri degli amministratori condominiali.

Chiara Schena 12/11/24
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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28675 del 7 novembre 2024, si è espressa su una controversia in materia di servitù di passaggio e poteri degli amministratori condominiali.

Corte di Cassazione-Sez. II civ.-ord. n. 28675 del 07-11-2024

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Indice

1. La vicenda


Una proprietaria di un fondo confinante aveva citato in giudizio un condominio per ottenere la rimozione dei dissuasori di ferro installati lungo una strada interpoderale. Questa strada, gravata da una servitù di passaggio in favore della proprietaria, era stata ostruita dal condominio, che ne contestava la validità.
Parte attrice ha fondato la propria pretesa su un atto notarile del 1983, regolarmente trascritto, che costituiva una servitù reale di passaggio a vantaggio del suo fondo. Nonostante ciò, il condominio aveva deliberatamente eretto degli ostacoli, negando di riconoscere il diritto, sostenendo inoltre che la strada non fosse più destinata a uso servente.
In primo grado, il Tribunale di Napoli aveva dato ragione alla proprietaria, confermando l’esistenza e la validità della servitù. Ma il condominio, non accettando la decisione, aveva presentato appello, cercando di ribaltare l’esito giudiziale.

2. Usucapione e decadenza della servitù


Di fronte al giudice d’appello, il condominio ha dimostrato che la servitù fosse venuta meno per non uso protratto e, in via riconvenzionale, tentando di ottenere il riconoscimento dell’usucapione della porzione di terreno su cui si trovava la strada interpoderale.
La Corte d’Appello, tuttavia, ha respinto tutte le richieste del condominio, ribadendo che la trascrizione immobiliare dell’atto notarile del 1983 fosse sufficiente a rendere opponibile il diritto di servitù anche ai terzi. Nessun documento successivo, compresi i titoli di acquisto degli immobili condominiali, poteva prevalere su un diritto reale trascritto regolarmente.
Inoltre, i giudici hanno escluso che l’amministratore condominiale potesse avanzare pretese di usucapione, considerando che tali iniziative, dirette ad ampliare il patrimonio comune, esulano dai poteri conferiti dall’assemblea condominiale se non espressamente deliberate.

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3. Analisi della Cassazione


Il condominio ha successivamente presentato ricorso in Cassazione: tra i punti di discussione, il condominio ha lamentato la mancata considerazione delle proprie istanze istruttorie, la presunta insufficienza della trascrizione per rendere opponibile la servitù e il rigetto delle sue richieste riconvenzionali.
La Suprema Corte ha esaminato a la questione, respingendo il ricorso con una motivazione articolata. In primo luogo, ha chiarito che la trascrizione dell’atto costitutivo della servitù è pienamente valida anche se non specifica dettagli specifici sui fondi coinvolti, purché tali elementi siano desumibili dall’atto. In secondo luogo, ha ribadito l’impossibilità, per l’amministratore condominiale, di promuovere azioni straordinarie senza uno specifico mandato unanime dell’assemblea.

4. Il ruolo della trascrizione immobiliare


Uno degli aspetti dirimenti dell’ordinanza riguarda la riaffermazione del valore della trascrizione immobiliare. La Corte ha sottolineato che il sistema della pubblicità immobiliare è concepito per garantire la certezza del diritto e tutelare gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nelle transazioni immobiliari.
La Cassazione ha spiegato che:“La trascrizione dell’atto costitutivo della servitù garantisce la sua opponibilità ai terzi aventi causa, a prescindere dall’omissione di riferimenti specifici negli atti di trasferimento successivi, purché gli estremi essenziali del negozio e dei beni siano individuabili.”

5. I limiti dell’amministratore condominiale


La decisione pone l’accento sui confini dei poteri dell’amministratore condominiale. In questo caso, il condominio aveva cercato di giustificare l’azione riconvenzionale di usucapione come un’iniziativa volta alla tutela della proprietà comune. Tuttavia, la Cassazione ha precisato che un’azione del genere, diretta ad ampliare il patrimonio del condominio, non può essere promossa senza una delibera unanime.
La Corte ha ribadito:“L’amministratore non è legittimato a proporre azioni dirette all’ampliamento del patrimonio comune, quali l’usucapione di aree adiacenti al condominio, senza un mandato specifico e unanime da parte di tutti i condomini.”

6. Conclusioni


In questo caso, la servitù di passaggio, pur limitando il godimento del fondo servente, è stata riconosciuta come un diritto reale imprescindibile, protetto da principi come la trascrizione e il rispetto delle norme procedurali.

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