Ai fini del risarcimento per malpractice medica rileva soltanto l’inadempimento del medico astrattamente idoneo a causare il danno. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
1. I fatti: malpractice medica
Una signora conveniva in giudizio la locale ASL e un medico dipendente di quest’ultima per chiedere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni patiti, ritenendola responsabile della erronea diagnosi che aveva fatto il medico che l’aveva assistita durante un ricovero presso il nosocomio.
In particolare, l’attrice sosteneva di essersi rivolta all’ospedale locale per essere curata a seguito di una caduta e che il medico che l’aveva presa in cura aveva erroneamente diagnosticato una frattura di Colles. L’attrice lamentava, quindi, che i danni fisici riscontrabili sulla medesima erano da attribuirsi a tale erronea diagnosi.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda della paziente, in quanto infondata in fatto e in diritto.
Analogamente, anche il medico contestava la ricostruzione in fatto e in diritto della domanda attorea e ne chiedeva pertanto il rigetto integrale. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
Il Tribunale calabrese ha in primo luogo passato in rassegna i principi che governano la responsabilità medico – sanitaria, soffermandosi in particolare sul nesso di causalità e sulla condotta posta in essere dal medico, con il conseguente onere probatorio gravante sul danneggiato.
In particolare, secondo il giudice, qualora il paziente deduca una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione medica, grava sul paziente medesimo l’onere di provare l’esistenza del contratto e dell’aggravamento della propria situazione patologica (oppure dell’insorgenza di una nuova patologia come effetto della prestazione sanitaria), nonché del relativo nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del medico e il predetto evento dannoso (aggravamento o nuova patologia).
Assolto detto onere probatorio, resta a carico del danneggiante provare che egli ha eseguito la prestazione professionale in modo diligente e che gli esiti dannosi lamentati dal paziente sono stati determinati da un evento imprevedibile e inevitabile.
In altre parole, il paziente danneggiato deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto o del contatto sociale con la struttura sanitaria / con il professionista medico e poi dovrà allegare un inadempimento del medico che sia astrattamente idoneo a provocare il danno che egli lamenta.
Pertanto, nell’ambito della responsabilità medica, non è rilevante qualunque tipo di inadempimento del sanitario, ma soltanto l’inadempimento che costituisce una causa oppure una concausa efficiente del danno lamentato dal paziente.
In altri termini, il paziente non può genericamente dedurre un qualsiasi inadempimento del sanitario, ma – per assolvere al proprio onere probatorio – dovrà dedurre un inadempimento qualificato del medico: cioè tale da essere astrattamente idoneo a produrre il danno.
Tale onere probatorio può ritenersi assolto nel caso in cui il paziente riesca a dimostrare che la specifica condotta inadempiente imputata al sanitario è stata, secondo il criterio del più probabile che non, causa del danno subito dal paziente.
Nel caso in cui il paziente non riesca a fornire detta prova e pertanto la causa del danno sia rimasta ignota, la domanda risarcitoria dovrà essere rigettata.
Il medico, invece, dovrà successivamente provare che non vi è stato l’inadempimento dedotto dal paziente danneggiato oppure che, pur essendoci stato detto inadempimento, lo stesso non è stato rilevante dal punto di vista causale nella determinazione del danno.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, il giudice ha fatto proprie e ritenuto condivisibili le risultanze della CTU svolta nel corso del giudizio.
Secondo i periti ausiliari del giudice, il sanitario, dopo una valutazione ortopedica sul polso sinistro dell’attrice effettuata sulla base della radiografia che era stata eseguita al pronto soccorso, ha ritenuto che il trattamento più idoneo a trattare la patologia della paziente fosse il trattamento conservativo. Tale tipo di trattamento, secondo i periti, è da ritenersi maggiormente adatto, rispetto al trattamento chirurgico, per le fratture al polso.
Conseguentemente, i CTU hanno concluso che non vi è stata alcuna attività omissiva o commissiva da parte del sanitario e la necessità di effettuare una TAC tridimensionale non è emersa nel caso di specie, in quanto le linee guida vigenti non la prevedevano.
Il giudice ha quindi aderito con i periti, ritenendo che la scelta di un trattamento conservativo era la più consona e che l’iniziale ed errata diagnosi di frattura di Colles non ha precluso alla paziente il miglioramento dalla frattura (come riscontrato durante la visita medica svolta in sede di CTU).
Inoltre, sempre in linea con quanto emerso dalla relazione tecnica dei periti d’ufficio, la frattura al polso non ha determinato particolari deficit invalidanti e i postumi subiti dalla paziente (quantificabili nel 2%) sono causa diretta ed immediata della lesione riportata nel trauma; mentre nella sua causazione non ha avuto alcun ruolo la condotta omissiva posta in essere dal sanitario.
In considerazione di quanto sopra, il giudice ha rigettato la domanda formulata da parte attrice e l’ha condannata a rifondere le spese di lite sostenute da entrambi i convenuti.
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