La ritenzione precaria costituisce appropriazione indebita? Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Indice
1. La questione: violazione di legge in relazione all’art. 646 c.p. (elemento soggettivo del dolo specifico) e mancanza di motivazione
La Corte di Appello di Palermo confermava una sentenza emessa dal G.u.p. del Tribunale di Termini Imerese, emessa in esito a giudizio abbreviato, di condanna di un imputato alla pena di un anno di reclusione ed € 600,00 di multa (pena sospesa) per il reato di appropriazione indebita.
L’imputato proponeva quindi appello rivolto alla Corte militare di appello, che lo rigettava, confermando la decisione di primo grado.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’accusato ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b)in relazione all’art. 646 c.p. (elemento soggettivo del dolo specifico) ed e) per mancanza di motivazione. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Codice penale e di procedura penale e norme complementari
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione: la ritenzione precaria non costituisce appropriazione
Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto fondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, posto che l’omessa restituzione della cosa non realizza la fattispecie di reato di cui all’art. 646 cod. pen. se non quando si ricolleghi oggettivamene a un atto di disposizione uti dominus e soggettivamente all’intenzione di convertire il possesso in proprietà, la mera ritenzione cosiddetta precaria, attuata a fini di garanzia di un preteso diritto di credito conservando la cosa a disposizione del proprietario e condizionandone la restituzione all’adempimento della prestazione cui lo si ritiene obbligato, non costituisce appropriazione perché non modifica il rapporto giuridico tra il possessore e il bene (Sez. 2, n. 15788 del 23/12/2016; Sez. 2, n. 17295 del 23/03/2011; Sez. 2, n. 10774 del 25/01/2002).
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3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito se la ritenzione precaria costituisce appropriazione indebita.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che la ritenzione precaria, finalizzata a garantire un credito e mantenendo la cosa a disposizione del proprietario con la condizione di restituirla solo al soddisfacimento della prestazione, non costituisce appropriazione indebita, in quanto non altera il rapporto giuridico tra il possessore e il bene.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, sostenere la sussistenza di siffatto illecito penale ove si verifichi una situazione di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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