Positività al Covid-19 e rimborso del biglietto aereo non utilizzato

La Sentenza n. 153/2024 ha chiarito che la positività al Covid-19 legittima la richiesta di rimborso del biglietto aereo non utilizzato.

Allegati

A cura di Francesco Ruggiero e Marco Direnzo
La positività al Covid-19 legittima la richiesta di rimborso del biglietto aereo non utilizzato. La Sentenza n. 153/2024, emessa dal Giudice di Pace di Andria, ha affrontato, in maniera chiara ed esaustiva, la questione relativa alla compatibilità tra il diritto al rimborso sancito dagli artt. 945 Cod. Nav. e 1463 Cod. Civ. e la positività al Covid-19, alla luce delle più recenti prescrizioni del Ministero della Salute che hanno fatto decadere l’obbligo di isolamento domiciliare. Come approfondimento, consigliamo il volume Il danno da vacanza rovinata -La guida al risarcimento

Giudice di Pace di Andria -sentenza n. 31 dell’1-11-2024

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Indice

1. La vicenda processuale: positività al Covid-19 e rimborso biglietto


La controversia traeva origine dalla richiesta di rimborso del prezzo pagato da un viaggiatore – per un importo complessivo di euro 255,36 – per l’acquisto dei titoli di viaggio relativi alla tratta a/r Bari Palese – Milano Malpensa del 4 e 5 ottobre 2023.
Antecedentemente alla programmata partenza, l’istante, risultato positivo al Covid-19 con manifesta sintomatologia, aveva cura, allegando il test antigenico eseguito presso la A.S.L. di riferimento, di notiziare tempestivamente la Compagnia aerea della propria sopravvenuta impossibilità a viaggiare.
L’istanza restitutoria veniva motivata ai sensi degli artt. 945 Cod. Nav. [Se la partenza del passeggero è impedita per causa a lui non imputabile, il contratto è risolto e il vettore restituisce il prezzo di passaggio già pagato. (…) Al vettore deve essere data tempestiva notizia dell’impedimento e il passeggero è responsabile del danno che il vettore provi di aver sopportato a causa della ritardata notizia dell’impedimento, entro il limite massimo dell’ammontare del prezzo del biglietto] e 1463 Cod. Civ. [Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito].
Iscritta la causa a ruolo, si costituiva la Compagnia aerea manifestando una posizione di ferma opposizione rispetto all’istanza attorea sull’assunto che il passeggero avrebbe dovuto corroborare la propria sintomatologia tramite certificazione medica ulteriore rispetto al solo tampone positivo.
In buona sostanza, quindi, secondo il vettore, la mera positività al Covid-19 non avrebbe costituito valido motivo per rinunciare al viaggio laddove non sorretta da un aggiuntivo certificato medico attestante le condizioni cliniche e sintomatiche del viaggiatore.
Il contrasto tra le parti processuali nasceva, principalmente, dalle nuove prescrizioni, in tema di Covid-19, rilasciate con Circolare n. 25613 dell’11 agosto 2023 dal Ministero della Salute, a mente delle quali, da un lato, decadeva l’obbligo di isolamento e, dall’altro, si raccomandava di rimanere a casa “se e fin quando sintomatici”.
Ebbene, il ricorrente sosteneva di aver diligentemente adempiuto a tali prescrizioni, essendo rimasto presso la propria abitazione fino alla totale cessazione della sintomatologia ed avendo, per tale ragione, perso la possibilità di usufruire dei biglietti aerei.
La Compagnia aerea, invece, insisteva nel ritenere che la sintomatologia dovesse essere provata, categoricamente, tramite certificazione medica, non ritenendo esaustivo il solo test antigenico.
Tesi, quest’ultima, a parere degli scriventi, alquanto bizzarra, poiché la visita medica avrebbe comportato l’abbandono, da parte dell’ammalato, della propria abitazione e l’inevitabile contatto con altri soggetti (ivi compreso, il medico), con elevato rischio di contagio ulteriore e conseguente trasgressione delle summenzionate prescrizioni del Ministero della Salute. Come approfondimento, consigliamo il volume Il danno da vacanza rovinata -La guida al risarcimento

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2. La decisione dell’Organo giudicante


Il Giudice di Pace, nel pervenire alla sua definitiva pronuncia, poneva l’accento sul fatto che la Circolare n. 25613 dell’11 agosto 2023 del Ministero della Salute prevedesse espressamente quanto segue: “Si raccomanda, se si è sintomatici, di rimanere a casa fino al termine dei sintomi; applicare una corretta igiene delle mani; evitare ambienti affollati; evitare il contatto con persone fragili, immunodepresse, donne in gravidanza (…)”.
Evidenziava, segnatamente, come “un aereo, ma anche lo stesso aeroporto, è un luogo ove si viene a stretto contatto con un certo numero di persone e che vi sono altissime probabilità che tra queste vi siano persone fragili, immunodepresse, donne in gravidanza”.
Stigmatizzava le argomentazioni della Compagnia aerea sulla base delle quali “il passeggero positivo al Covid-19 verrebbe costretto a viaggiare, per non perdere il biglietto, anche a rischio di contagiare chi gli sta vicino, che potrebbe anche essere una donna in gravidanza o una persona fragile. Tutto ciò non appare accettabile”.
Il Giudicante, quindi, concludeva per il riconoscimento integrale del domandato rimborso, maggiorato degli interessi al saggio legale, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 945 Cod. Nav. e 1463 Cod. Civ., altresì condannando il vettore al pagamento delle spese di lite.  

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3. Risvolti pratici della pronuncia giudiziale


Il testo della sentenza in esame appare senz’altro idoneo a valorizzare il principio di tutela della salute, sancito dall’art. 32 Cost., quale fondamento del nostro sistema giuridico.
In tal senso, va apprezzato l’approccio tenuto dal Giudice di Pace, il quale ha considerato preminente la tutela della salute collettiva (a fronte di possibili rischi di contagio, in particolare, di donne in gravidanza e/o persone fragili) rispetto ad inutili burocratizzazioni e/o clausole contrattuali limitative imposte dalla Compagnia aerea.

Francesco Ruggiero

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