La struttura sanitaria risponde dell’errore del medico, ma può rivalersi nei suoi confronti solo in caso di dolo o colpa grave. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Indice
1. I fatti: la rivalsa della struttura sanitaria sul medico
Una signora adiva il tribunale di Livorno chiedendo la condanna di una struttura sanitaria al risarcimento dei danni dalla medesima subiti per un intervento odontoiatrico eseguito in precedenza.
In particolare, la paziente sosteneva di aver avvertito un dolore ad un dente e di essersi recata presso la struttura sanitaria convenuta dove uno dei dottori ivi operanti eseguiva prima delle medicazioni e poi un intervento di estrazione del dento e di posizionamento di un impianto nonché un ulteriore intervento di rimozione e sostituzione di un vecchio lavoro protesico che la paziente aveva sugli incisivi.
Tuttavia, a causa dei disagi patiti successivamente a detto intervento, la paziente si era rivolta ad altri odontoiatri, che le avevano detto che l’impianto posizionato non era protesizzabile e che non era stato eseguito neanche correttamente l’intervento di rimozione e sostituzione del vecchio lavoro protesico sugli incisivi.
In considerazione di ciò, l’attrice chiedeva la condanna della struttura sanitaria alla refusione dell’importo di €. 2.000 che la stessa aveva corrisposto per gli interventi di cui sopra nonché il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente agli errati interventi.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio, senza contestare l’esecuzione dei due interventi sopra descritti, ma ritenendo insussistente alcuna propria responsabilità stante la correttezza delle condotte poste in essere dal personale sanitario. Infine, la struttura sanitaria formulava una richiesta di chiamata in causa del dentista che aveva eseguito gli interventi, formulando azione di rivalsa nei cuoi confronti per l’ipotesi in cui fosse stata condannata a risarcire i danni lamentati dall’attrice. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
In primo luogo, il giudice ha passato in rassegna l’orientamento della Cassazione in tema di ripartizione dell’onere probatorio in materia di responsabilità sanitaria, ricordando che il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l’adempimento deve dare la prova della fonte contrattuale o per legge del suo diritto e deve allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte o dell’inesattezza dell’inadempimento (per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza o per difformità quantitative o qualitative dei beni o ancora per violazione dei doveri accessori). Secondo la giurisprudenza della Cassazione, quindi il paziente danneggiato deve provare l’esistenza del contratto (o del contatto sociale) e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di una nuova patologia nonché allegare l’esistenza del nesso di causalità di detto evento dannoso con la condotta omissiva o commissiva tenuta dal sanitario danneggiate.
Pertanto, l’attore dovrà allegare un inadempimento del sanitario che è astrattamente idoneo a provocare il danno che egli lamenta.
Soltanto a questo punto, il danneggiante avrà l’onere di dimostrare che detto inadempimento non vi è stato oppure, anche se vi è stato, non è eziologicamente rilevante.
Secondo il Tribunale di Livorno, detta impostazione giurisprudenziale è stata confermata anche dalla legge Gelli-Bianco che ha disciplinato la materia della responsabilità sanitaria.
Per quanto concerne, invece, la domanda svolta dalla struttura sanitaria nei confronti del dentista che ha eseguito l’intervento, il giudice ha ricordato che la predetta Legge Gelli-Bianco ha altresì previsto che l’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del medico può essere esercitata soltanto in caso di dolo o colpa grave di quest’ultimo.
Nel caso di specie, l’azione esperita dalla struttura sanitaria nei confronti del dentista è qualificabile proprio come azione di rivalsa: in quanto la struttura sanitaria ha chiesto al giudice di dichiarare il dentista tenuto a manlevarla e tenerla indenne di quanto ella fosse eventualmente condannata a pagare nei confronti della paziente danneggiata.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, il giudice – recependo le valutazioni espresse dai consulenti tecnici d’ufficio nella propria prelazione peritale – ha ritenuto che la protesi installata dal dentista sull’attrice non è idonea rispetto alle linee guida del momento e alle richieste estetiche della paziente medesima e che pertanto detto impianto avrebbe dovuto essere rimosso. Invece, il giudice ha ritenuto corrette le terapie canalari eseguite sulla paziente e in generale non ha ritenuto che vi fossero danni permanenti a suo carico (ma solo un danno da inabilità temporanea).
In ragione comunque dell’intervento errato posto in essere dal dentista e delle conseguenti negligenze e imperizie di quest’ultimo, il giudice ha condannato la struttura sanitaria a rimborsare alla paziente il compenso che era stata da questa pagato per l’intervento in questione nonché a risarcire l’ulteriore importo di €. 1.000 per la rimozione dell’impianto e il ripristino della sede per un nuovo intervento implantare ed infine ulteriori €. 1.336 circa per l’invalidità temporanea accertata dai CTU.
Per quanto concerne, invece, la domanda di rivalsa formulata dalla struttura sanitaria nei confronti del dentista che ha eseguito l’intervento in questione, il tribunale ha ritenuto che la predetta struttura sanitaria non ha allegato alcunché in punto di gravità della colpa o dell’eventuale dolo del dentista. Pertanto, secondo il Giudice, posto che nel regime dell’azione di rivalsa non può operare il criterio presuntivo di corresponsabilità paritaria previsto dalle norme sulla responsabilità solidale dei condebitori (ciò in ragione della diversa disciplina espressamente prevista dalla legge Gelli-Bianco), la carenza di allegazione, da parte della struttura sanitaria, in punto di colpa grave o dolo del dentista impone al giudice di rigettare la predetta domanda di rivalsa.
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