ERP: norma esecuzioni immobiliari illegittima per la Consulta

Chiara Schena 23/12/24
Allegati

La sentenza n. 211/2024 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, co. 378, della legge n. 178 del 2020. Tale norma, volta a regolamentare le esecuzioni immobiliari relative agli immobili destinati all’edilizia residenziale pubblica (ERP), è stata oggetto di critiche per la sua applicazione e per i suoi effetti sui diritti dei creditori. Il Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare, edito da Maggioli e aggiornato al 2024, rappresenta una risorsa molto utile per avvocati, magistrati e operatori legali. Arricchito dalle più recenti novità normative, inclusi gli aggiornamenti del Decreto PNRR-bis, il volume offre un’analisi chiara delle procedure esecutive, fornendo strumenti pratici per affrontare ogni fase, dal pignoramento alla vendita forzata, con competenza e sicurezza.

Corte costituzionale-sent. 211 del 20-12-2024

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Indice

1.Un intervento legislativo che ha sollevato dubbi riguardo immobili ERP


L’art. 1, comma 378, della legge di bilancio 2021 prevedeva che nelle procedure esecutive o concorsuali riguardanti immobili ERP, il giudice dovesse verificare due condizioni fondamentali: la conformità del mutuo fondiario ai criteri stabiliti dall’art. 44 della l. n. 457/1978 e l’iscrizione dell’istituto di credito in un elenco ministeriale di banche convenzionate. In mancanza di uno di questi requisiti, la norma disponeva l’immediata improcedibilità della procedura.
L’obiettivo dichiarato era quello di preservare la finalità sociale degli immobili ERP, soggetti a vincoli pubblicistici che li distinguono dalle normali proprietà immobiliari. Tuttavia, il meccanismo introdotto si è rivelato problematico, penalizzando in maniera eccessiva i creditori.

2. Le problematiche del comma 378


Uno dei principali limiti della norma risiedeva nella sua formulazione: il riferimento a un elenco ministeriale di banche convenzionate, ad esempio, si è dimostrato inattuabile, poiché tale elenco non era mai stato istituito, creando un requisito impossibile da soddisfare. A ciò si aggiungeva l’effetto sproporzionato della sanzione di improcedibilità, che non solo bloccava le procedure esecutive, ma penalizzava anche i creditori non fondiari. In pratica, la norma permetteva al creditore fondiario di esercitare un potere arbitrario sulla prosecuzione delle procedure, semplicemente non partecipandovi.
Questa situazione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in particolare in relazione all’art. 24 della Costituzione, che garantisce il diritto di difesa, e all’art. 3, che sancisce il principio di ragionevolezza e uguaglianza.

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3. Le motivazioni della Consulta


La Corte Costituzionale ha analizzato il comma 378 alla luce delle questioni sollevate dal Tribunale di Ravenna. In primo luogo, ha evidenziato come la norma comprimesse in modo irragionevole il diritto di difesa dei creditori, impedendo loro di far valere i propri diritti attraverso il processo esecutivo. L’assunto contrastava con la funzione stessa dell’esecuzione forzata, che rappresenta uno strumento necessario per rendere effettiva la tutela giurisdizionale.
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato l’irragionevolezza del requisito relativo all’elenco ministeriale, che non aveva mai trovato attuazione. La previsione di una condizione inesigibile, ha osservato la Consulta, è incompatibile con il principio di certezza del diritto e genera un’ingiustificata incertezza applicativa.
Infine, la Corte ha rilevato che il meccanismo della improcedibilità creava una disparità di trattamento tra creditori fondiari e altri creditori. In particolare, i creditori non fondiari venivano penalizzati per mancanze non imputabili a loro, come l’inerzia del creditore fondiario o la mancata conformità del mutuo.

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4. Regolamentazione delle procedure esecutive


La decisione della Corte non elimina l’importanza di regolare le procedure esecutive relative agli immobili ERP, che sono soggetti a vincoli pubblicistici legati alla loro finalità sociale. Tuttavia, la Corte ha chiarito che tali regolamentazioni devono essere proporzionate e rispettare i principi costituzionali, senza comprimere eccessivamente i diritti dei creditori.
La sentenza invita il legislatore a ripensare le normative in materia, adottando soluzioni che bilancino adeguatamente le esigenze di tutela pubblicistica con quelle di certezza del diritto. Strumenti alternativi, come obblighi di comunicazione o controlli meno invasivi, potrebbero essere più efficaci nel perseguire le finalità sociali senza pregiudicare i diritti individuali.

5. Conclusioni


Questa pronuncia rappresenta un importante richiamo alla necessità di una legislazione chiara, ragionevole e attuabile. Le norme che introducono vincoli o condizioni per le procedure esecutive devono essere formulate in modo da garantire la loro effettiva applicazione, senza ambiguità o requisiti impossibili da soddisfare.

Chiara Schena

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