Il giudice civile può usare la consulenza tecnica penale

Il giudice civile può usare la consulenza tecnica redatta dai periti nominati dal Pubblico Ministero nel procedimento penale.

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Il giudice civile può usare la consulenza tecnica redatta dai periti nominati dal Pubblico Ministero nel procedimento penale.

Tribunale di Sassari – Sentenza n. 1218 del 19-11-2024

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_SASSARI_N._1218_2024_-_N._R.G._00000842_2024_DEL_19_11_2024_PUBBLICATA_IL_19_11_2024.pdf 186 KB

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Indice

1. I fatti: la necessità della consulenza tecnica


I genitori di un bambino nato con gravi lesioni fisiche e psichiche adivano il Tribunale sardo per chiedere il risarcimento dei danni subiti nei confronti della struttura sanitaria che aveva operato la madre del bambino e lo stesso nascituro.
In particolare, gli attori sostenevano che vi fosse un nesso di causalità fra le lesioni riportate dal neonato e le condotte poste in essere dai sanitari che avevano deciso di effettuare l’intervento cesareo per far nascere il bambino con grave ritardo, nonostante dagli esami effettuati fosse evincibile che il feto era affetto da un’asfissia. A supporto delle loro doglianze, gli attori depositavano in giudizio la consulenza medica collegiale espletata da tre medici su istanza del Pubblico Ministero nel corso del procedimento penale promosso per il medesimo fatto illecito, la quale aveva accertato le gravi responsabilità dei sanitari che avevano operato la madre e il nascituro.
La struttura sanitaria, al momento del giudizio soggetta a Gestione Liquidatoria, contestava la domanda attorea sia per quanto riguarda la sussistenza di una propria responsabilità nella causazione dei danni lamentati, sia in ordine al quantum. In particolare, la convenuta evidenziava come la consulenza medica fosse priva di adeguato valore probatorio e comunque inattendibile, anche perché espletata in un procedimento cui la struttura sanitaria era del tutto estranea e quindi in difetto di contraddittorio; inoltre, detta consulenza non era suffragata da altri elementi di prova.
In considerazione di ciò, la struttura sanitaria convenuta chiedeva che il giudice rinnovasse l’indagine peritale e comunque chiedeva il rigetto della domanda attorea.
Nel corso del procedimento, gli attori hanno chiesto al giudice la concessione di un acconto provvisionale sul risarcimento dovuto all’esito del giudizio.
Il giudice ha quindi trattenuto la causa in decisione sulla richiesta di provvisionale, emettendo all’esito la sentenza non definitiva oggetto di commento, con cui ha concesso la provvisionale richiesta (ritenendo sussistente la responsabilità della struttura sanitaria) e ha disposto la prosecuzione del giudizio per lo svolgimento dell’istruttoria necessaria alla liquidazione del danno a favore degli attori.

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2. Le valutazioni del Tribunale


Il giudice ha accolto la domanda provvisionale formulata dagli attori, in quanto ha ritenuto che il giudizio di sussistenza della responsabilità della struttura sanitaria ben può fondarsi sulla perizia espletata nel corso del procedimento penale svoltosi a carico dei sanitari che hanno posto in essere la condotta da cui deriva la responsabilità della struttura medesima.
Per quanto concerne l’efficacia probatoria della consulenza tecnica svolta in sede penale, il giudice ha evidenziato come l’ordinamento civilistico non preveda un’elencazione tassativa delle prove utilizzabili dal giudice e che pertanto devono ritenersi ammissibili anche le prove atipiche.
In considerazione di ciò, il giudice civile, applicando il principio generale del diritto alla prova e del libero convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, come argomento di prova la perizia resa nel processo penale.
Secondo il giudice, inoltre, egli può anche apprezzare lo spessore probatorio di alcune fonti di prova, dando adeguata giustificazione del criterio adottato.
In tal modo, le prove precostituite (cioè i documenti), come una perizia redatta in un processo penale) possono entrare legittimamente nel processo civile e sono contestabili dalle parti nel caso in cui siano svolte in contrasto con le regole processuali o di giudizio che le disciplinano.
Per quanto concerne, invece, la responsabilità della struttura sanitaria, il giudice ha evidenziato che la stessa ha natura contrattuale, in ragione del contratto atipico di spedalità che si instaura con il paziente al momento della sua accettazione.
Pertanto, per affermare la sussistenza di una responsabilità della struttura sanitaria è sufficiente accertare la negligenza o imperizia o imprudenza di condotta da parte dei sanitari di cui la struttura si è avvalsa, direttamente o indirettamente, per l’esecuzione della prestazione.

3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto di poter utilizzare la perizia emessa nel procedimento penale nei confronti dei sanitari per accertare la responsabilità civile della struttura sanitaria e così accogliere la domanda provvisionale, in quanto ha valorizzato la natura pubblica della parte su impulso della quale era stata esperita la perizia (cioè il PM, il quale ha il dovere di ricercare non solo le prove a sostegno della colpevolezza, ma anche quelle a favore dell’innocenza degli imputati), la collegialità dell’incarico (eseguito da tre professionisti qualificati e dotati delle necessarie competenze) e la coerenza ed esaustività delle argomentazioni condivise dagli esperti (che trovano puntuale riscontro nella documentazione medica prodotta anche nel giudizio civile).
Per quanto concerne la difesa della convenuta, circa l’inutilizzabilità della perizia perché emessa in un procedimento cui la struttura sanitaria non aveva partecipato, il giudice ne ha rilevato l’infondatezza in quanto la perizia è stata basata solo su evidenze documentali, che sono state tutte depositate anche nel giudizio civile e quindi esaminate dalla convenuta: pertanto, la struttura sanitaria è stata messa nelle condizioni, nel processo civile, di esaminare e valutare compiutamente l’iter concettuale seguito dagli esperti  e di confutarlo in ogni suo passaggio riscostruttivo ed argomentativo.
Nel merito della condotta tenuta dai sanitari, il giudice – facendo proprie le conclusioni della richiamata perizia – ha ritenuto che la causa principale dell’evento lesivo occorso al nascituro (cioè la grave disabilità) è la condotta posta in essere dai sanitari che hanno effettuato il parto cesareo, in quanto hanno eseguito detto intervento con colpevole ritardo (circa 3 ore dopo l’esecuzione della ecografia), quando invece una corretta valutazione del tracciato cardiotocografico avrebbe imposto ai sanitari di eseguire il parto cesareo entro i successivi 30 minuti. Un intervento tempestivo (quindi entro 30 minuti da quando erano emerse le alterazioni nel tracciato ecografico, che dimostravano la presenza di una ipossia fetale) avrebbe scongiurato l’esito infausto a carico del bambino.
Per quanto riguarda la responsabilità della struttura sanitaria, il giudice ha quindi ritenuto che quest’ultima si è avvalsa dell’opera dei sanitari per l’esecuzione del contratto di spedalità intercorso con la madre e il nascituro e pertanto risponde per l’inadempimento delle prestazioni medico-sanitarie eseguite da detti sanitari.
Conseguentemente, il giudice ha accolto la domanda di condanna della convenuta al pagamento di una somma, a titolo di provvisionale (quale acconto sui danni che saranno liquidati), pari ad €. 350.000, ritenendo che detto importo rientra nei limiti del danno risarcibile sulla base dei parametri elaborati dal Tribunale di Milano tenendo conto della gravissima disabilità di cui è affetto il bambino.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

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