La sentenza di condanna può essere revocata per mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale? Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Indice
1. La questione: violazione di legge del provvedimento impugnato in Cassazione
Il Tribunale di Massa, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva un’istanza del condannato volta a fare dichiarare la illegittimità di un ordine di esecuzione della Procura della Repubblica di Massa in quanto sprovvisto dell’ordine di sospensione dell’esecuzione di cui all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen..
Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il condannato, per il tramite del suo difensore, deducendo violazione di legge. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Codice penale e di procedura penale e norme complementari
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione: interpretazione giurisprudenziale
Il Supremo Consesso riteneva il ricorso suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano i giudici di piazza Cavour ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’ulteriore filone interpretativo secondo cui la sentenza di condanna passata in giudicato non può essere revocata, ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen.[1], né interamente né parzialmente, nell’ipotesi in cui, in assenza di innovazione legislativa ovvero di declaratoria di incostituzionalità, si verifichi un mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale di una disposizione rimasta invariata, incidente sull’incriminabilità della condotta, o sul trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 11076 del 15/11/2016; Sez. 1, n. 20476 del 24/04/2014; Sez. 1, n. 13411 del 21/02/2013; Sez. 1, n. 27858 del 13/07/2006; Sez. 1, n. 27121 del 11/07/2006,), in quanto tale mutamento – anche se sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione – è privo della capacità di innovare il diritto oggettivo, diversamente implicando tale operazione una modifica sostanziale del giudicato fuori dai casi previsti dalla legge.
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3. Conclusioni: la sentenza di condanna passata in giudicato non può essere revocata
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito se la sentenza di condanna può essere revocata per mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale.
Si fornisce difatti in tale pronuncia una risposta (in parte) negativa a siffatto quesito sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo con cui è stato per l’appunto postulato che la sentenza di condanna passata in giudicato non può essere revocata, né interamente né parzialmente, in caso di mutamento dell’interpretazione giurisprudenziale di una norma rimasta invariata, riguardante l’incriminabilità della condotta o il trattamento sanzionatorio, salvo che non vi sia una nuova legislazione o una declaratoria di incostituzionalità.
In assenza di una sopravvenienza normativa o di una declaratoria di incostituzionalità, è quindi sconsigliabile, perlomeno alla stregua di siffatto approdo ermeneutico, chiedere la revoca di una sentenza di condanna solo in presenza di un mutamento interpretativo sostenuto in ambito giudiziario.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
Note
[1] Ai sensi del quale: “1. Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. 2. Allo stesso modo provvede quando è stata emessa sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere per estinzione del reato o per mancanza di imputabilità”.
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