La struttura sanitaria risponde della morte del paziente se non ha effettuato tempestivamente l’intervento dovuto. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Indice
1. I fatti: l’intervento non tempestivo
Il figlio di un paziente deceduto in un Ospedale toscano, adiva il tribunale locale chiedendo la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni dal medesimo subiti.
In particolare, l’attore sosteneva che il padre era andato al Pronto Soccorso dell’ospedale in quanto da 5 giorni persisteva diarrea ed aveva una sub-occlusione intestinale. I sanitari effettuavano un’ecografia, dalla quale emergeva un ispessimento del colon discendente, e quindi provvedevano a rimuovere il fecaloma presenta all’interno dell’ampolla rettale ed effettuavano dei clisteri evacuativi. Poiché il paziente presentava un persistente dolore addominale, con peggioramento delle condizioni cliniche, lo stesso veniva ricoverato nel reparto di geriatria e 4 giorni dopo veniva sottoposto ad una TAC addome, da cui emergeva l’esistenza di una perforazione intestinale. In considerazione di ciò, i sanitari sottoponevano il paziente immediatamente ad un intervento chirurgico d’urgenza per peritonite intestinale, ma lo stesso giorno il paziente moriva per shock settico.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea per infondatezza, in quanto riteneva insussistente il nesso causale fra la morte del paziente e la condotta posta in essere dai sanitari, che era stata conforme alle norme di diligenza, prudenza e perizia. Inoltre, la struttura sanitaria sosteneva l’insussistenza del danno da perdita del rapporto parentale invocato dall’attore, in quanto questi non risultava convivente con il paziente deceduto che, al momento del ricovero in ospedale, risiedeva presso una struttura sanitaria assistenziale. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale: la responsabilità della struttura sanitaria
Preliminarmente il giudice ha ricordato che la natura della responsabilità della struttura sanitaria riveste carattere contrattuale. La stessa trova la sua fonte nel contratto atipico di spedalità, che si perfeziona al momento dell’accettazione del paziente presso la struttura sanitaria per l’esecuzione della prestazione medica. In virtù del predetto contratto di spedalità, la struttura sanitaria non assume soltanto l’obbligazione di cura e di accertamento diagnostico del paziente, ma altresì il preciso obbligo di salvaguardia e tutela del paziente nel corso della sua degenza presso la struttura sanitaria medesima.
Pertanto, la struttura sanitaria risponde del proprio inadempimento ai suddetti obblighi.
Dalla natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria, deriva che il creditore paziente danneggiato ha l’onere di provare l’esistenza del contratto di spedalità e l’aggravamento della propria situazione patologia nonché il nesso di causalità tra detto aggravamento e la condotta attiva o omissiva dei sanitari. Invece, la struttura sanitaria debitrice ha l’onere di dimostrare che la prestazione professionale è stata eseguita in modo diligente e che gli esiti dannosi sono stati causati da un evento imprevedibile ed inevitabile.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, secondo il Tribunale, risulta pacifica la conclusione del contratto di spedalità tra il paziente deceduto e la struttura sanitaria, in quanto non contestata dalla convenuta e comunque emergente dalla documentazione depositata in giudizio.
Inoltre, l’attore ha raggiunto la prova dell’aggravamento della patologia del padre e del nesso di causalità con la condotta dei sanitari.
In particolare, dalla CTU svolta nel giudizio è emerso che se i sanitari avessero tenuto un diverso approccio diagnostico, avrebbero effettuato la diagnosi della patologia del paziente molto più tempestivamente e avrebbero quindi potuto eseguire l’intervento chirurgico con sensibile anticipo, prima che si verificasse la perforazione intestinale con peritonite e shock settico.
Secondo i periti d’ufficio, infatti, se i sanitari avessero correttamente interpretato i dati clinico-laboratoristico-strumentali e disposto tempestiva visita specialistica chirurgica nonché TAC addome nelle prime 12-24 ore dal ricovero del paziente in Pronto Soccorso, sarebbe stato possibile accertare la natura vascolare del quadro addominale e, nonostante il conseguente intervento da eseguire sarebbe stato lo stesso di quello poi effettivamente eseguito dai sanitari, si può ritenere che detto intervento avrebbe avuto maggiore efficacia in termini di sopravvivenza del paziente. In altri termini, l’esecuzione tempestiva della TAC avrebbe permesso ai sanitari di effettuare un intervento salvavita, anche in considerazione del fatto che le condizioni generali del paziente non erano critiche prima dell’evento di perforazione intestinale.
Secondo il giudice, ciò permette di ritenere sussistente un nesso di causalità tra l’evento lesivo, cioè la perforazione intestinale e quindi la morte del paziente, e la condotta omissiva dei sanitari, che non hanno effettuato tempestivamente la TAC addome.
In considerazione di ciò, il giudice ha liquidato a favore dell’attore il danno da perdita del rapporto parentale.
A tal proposito, il giudice ha ritenuto infondata l’eccezione sollevata dalla struttura sanitaria convenuta circa la insussistenza del predetto danno perché l’attore e il padre non convivevano. Infatti, nonostante il figlio non convivesse con il padre da circa due anni e nonostante non siano state allegate
circostanze tali da far presumere un legame ulteriore e diverso rispetto a quello naturalmente connesso al rapporto di filiazione, tale rapporto di filiazione è stato comunque ritenuto sufficiente per dedurre la sussistenza del danno da perdita del rapporto parentale.
Conseguentemente, il giudice, applicando il sistema elaborato dal Tribunale di Roma (in quanto ritenuto maggiormente idoneo a consentire un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto e, nello stesso tempo, a garantire l’uniformità di giudizio), ha liquidato equitativamente l’ammontare del danno nella somma di € 145.000,00 omnicomprensiva (dimezzando i valori previsti dal sistema del predetto Tribunale di Roma, proprio in ragione del solo rapporto di filiazione e dell’assenza di un ulteriore e diverso legame tra l’attore e il paziente deceduto).
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