Nella determinazione della superficie tassabile grava sull’amministrazione l’onere della prova dell’obbligazione tributaria, mentre il contribuente deve provare la sussistenza del diritto all’esenzione.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 775 del 14 gennaio 2011 che ha accolto il ricorso di un comune avverso la sentenza con la quale la C.T.R. ha riformato la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento relativo alla TARSU per l’anno 2000, emesso in relazione alla ritenuta mancanza delle condizioni per la esenzione previste del regolamento comunale .
Secondo la C.T.R., infatti, il regolamento comunale era stato integrato da una delibera del 2004 intervenuta, quindi, successivamente alla presentazione della dichiarazione per la TARSU e tale modifica, disciplinando diversamente il presupposto di esenzione, doveva ritenersi innovativa e pertanto valevole solo per il futuro.
I Supremi Giudici hanno, invece, accolto il ricorso del comune affermando che la disposizione dell’art. 62, comma 3 del D. Lgs. n. 507 del 1993, deve essere interpretata nel senso che l’esenzione dalla TARSU per alcune aree occupate o detenute può essere riconosciuta solo alla duplice condizione che in tali aree si formino rifiuti speciali e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda il produttore dei medesimi a proprie spese.
Pertanto, l’onere della prova della sussistenza di entrambi i presupposti grava sul contribuente che intende ottenere l’esenzione. Infatti, se è vero che l’onere della prova dei fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria grava sull’amministrazione, il diritto all’esenzione deve essere provato dal contribuente, poiché le esenzioni, anche parziali, costituiscono un’eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale.
I Giudici della Corte di Cassazione hanno argomentato, inoltre, che con il D. Lgs. n. 507 del 1993 il legislatore ha attribuito al comune la potestà regolamentare in ordine alla concreta applicazione della tassa, ma non ha certo attribuito ai comuni medesimi il potere di incidere sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale.
La Corte di Cassazione ha ritenuto sufficienti le ragioni esposte dal comune, il quale ha affermato che già prima della modifica al regolamento comunale introdotta dalla deliberazione del 2004 doveva ritenersi condizione per l’esenzione di cui si tratta non solo la produzione ma anche il recupero o lo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti.
In definitiva, il presupposto per l’esenzione doveva ritenersi comunque sussistente anche se non era stato esplicitamente contemplato nel regolamento comunale. La delibera, quindi, non ha fatto altro che esplicitare il presupposto normativo della disposizione regolamentare per cui ad essa doveva attribuirsi carattere interpretativo e non innovativo.
Tali considerazioni hanno condotto alla conclusione che nel caso contestato non sussisteva il diritto del contribuente all’esenzione (lilla Laperuta).
Fonte: www.ufficiotributi.it
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