Norme di interpretazione autentica, ribadito a Palazzo Spada il limite dell’affidamento

Redazione 26/05/11

È stata riconosciuta dal Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, la natura interpretativa e, quindi, l’efficacia retroattiva dell’art. 3, comma 91, della legge n. 244 del 2007 (che ha interpretato l’art. 1 comma 519 della L. 27 dicembre 2006 n. 296, nella parte in cui prevede che la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è consentita al personale iscritto negli appositi elenchi di cui all’art. 6 del D.Lgs. 8 marzo 2006 n. 139 da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio). È infondata dunque la questione di legittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 3 citato in quanto — si legge nella sentenza del 24 maggio 2011 n. 9 — la norma assegna, in coerenza con la sua natura interpretativa, alla disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario. Ciò in conformità all’indirizzo declamato al riguardo dalla Corte costituzionale (sent. 28 marzo 2008, n. 74).

In particolare, in punto di diritto, il Collegio ha avuto modo di ricordare che la Consulta legittima il legislatore ad adottare norme di interpretazione autentica con l’effetto proprio della vincolatività retroattiva; tuttavia ha anche chiarito, al fine di evitare il fenomeno di norme dichiarate come interpretative che dissimulano norme in effetti innovative indebitamente dotate di efficacia retroattiva, che il primo, fondamentale presupposto perché una norma sia qualificabile di interpretazione autentica è che il significato della norma interpretata con essa scelto rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore (sent. 11 giugno 2010, n. 209). Il suddetto vincolo di significato si poggia, evidentemente, sul presupposto che la disposizione interpretata presenti un’obiettiva incertezza sul significato normativo che ne può scaturire, con la possibilità di più di un significato non incompatibile con la lettera e la ratio della disposizione stessa, e che tra questi significati rientri ragionevolmente quello ritenuto autentico.

L’operazione interpretativa incontra comunque una serie di limiti che la Corte medesima ha da tempo individuato, e che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che si riverbera nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento (sentenze n. 6 del 1994; 424 e 283 del 1993; 440 del 1992 e 429 del 1991); la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (sentenze n. 424 e 39 del 1993; n. 349 del 1985); la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico (sentenze n. 6 del 1994; 429 del 1993). (Lilla Laperuta)

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