L’opera intellettuale va pagata. E il compenso è proporzionale all’importanza della stessa. Questo il principio di diritto che si legge all’interno della sentenza 19 aprile 2017 n. 902 del TAR di Milano, con la quale il giudice amministrativo ha ribadito l’illegittimità di una prestazione fornita gratuitamente.
Il caso
In particolare, un Comune della provincia di Milano doveva riscuotere una somma di denaro da parte di una delle più note compagnie telefoniche in persona di un avvocato, per scegliere il quale aveva bandito una sorta di aggiudicazione, prediligendo come criteri quello dell’offerta più vantaggiosa – in altre parole, del prezzo più basso.
Di conseguenza, aveva ottenuto la procura alla lite l’avvocato che aveva avanzato come pretesa la mera somma di 550 euro, esclusivamente a titolo di “spese vive”, aggiudicandosi la gara a ribasso, dunque.
Prestazione gratuita illegittima: le motivazioni del TAR
Il Giudice amministrativo enuclea una serie di considerazioni interessanti a riguardo. Innanzitutto, potendo paragonare l’assegnazione della procura alle liti di un Comune ad una gara d’appalto, non è pensabile applicare un criterio di aggiudicazione che preferisca offerte antieconomiche, quindi anomale, per il semplice fatto che risulterebbe del tutto dannosa e rischiosa per la qualità del servizio ottenuto dall’ente pubblico in questione, in tal caso il Comune. Infatti, in questi casi, si presume che la prestazione sia effettuata a risparmio. Non essendo giustificabile una tariffa professionale di importo eccessivamente ribassato, dunque, l’assegnazione della causa è stata annullata dal TAR.
In secondo luogo, è emerso dagli atti come in realtà non fosse nemmeno a tutti gli effetti gratuita la prestazione promessa dall’avvocato: nello specifico, lo stesso affermò di poter intraprendere la causa gratuitamente, dunque, senza che nulla gli fosse anticipato in denaro, se non le spese c.d. vive, in quanto sicuro dell’esito vittorioso della controversia, dal quale avrebbe attinto poi il giusto compenso economico.
L’esito processuale è una condizione incerta e indeterminata
È apparso del tutto scorretto agli occhi dei giudici il ragionamento effettuato dal professionista in vista dell’assoluta incertezza e aleatorietà di tutte le cause processuali; “In primo luogo, infatti, appare in contrasto con ogni regola di comune esperienza l’affermazione circa l’esito certamente vittorioso di una controversia processuale, essendo noto ad ogni operatore del diritto (giudice o avvocato che sia), che ogni azione giurisdizionale reca in sé inevitabilmente un margine più o meno ampio di incertezza”.
In secondo luogo, in quanto ha comunque subordinato la sua offerta, ovvero quella di posticipare la ricezione del compenso ad un momento successivo, ad un evento indeterminato e incerto, il cui esito potrebbe anche consistere nella totale gratuità della prestazione svolta (in caso di soccombenza).
“Un’offerta pari a zero appare di dubbia legittimità in quanto, in disparte ogni considerazione sulla serietà ed affidabilità della medesima, non si rinvengono nel caso di specie ragioni peculiari per le quali la prestazione del professionista intellettuale debba essere di fatto gratuita”.
Il TAR sposa i principi introdotti nel Codice degli Appalti
In tema di compensi dei professionisti, soprattutto in relazione al Codice degli Appalti, come modificato da ultimo con il decreto correttivo, la sentenza risulta davvero importante per il riconoscimento del valore economico che ha la prestazione intellettuale degli avvocati, e per condannare sempre la concorrenza a ribasso. La temporanea gratuità e il pagamento differito ad eventi futuri, poi, è stata è proprio una delle clausole aggiunte nel Codice degli Appalti (art. 14), vietando alle stazioni appaltanti di subordinare la corresponsione del corrispettivo per servizi di architettura e di ingegneria all’ottenimento del finanziamento dell’opera.
Sabina Grossi
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