La notificazione alla parte personalmente non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione

Redazione 16/06/11

Chiamate in causa dall’ordinanza interlocutoria depositata dalla terza sezione civile il 13 luglio 2010, le Sezioni Unite si sono nuovamente pronunciate in ordine alla fattispecie della notificazione della sentenza in forma esecutiva alla parte personalmente anziché al procuratore costituito, ribadendo l’orientamento ormai consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità in base al quale detta notificazione è inidonea a far decorrere il termine breve di impugnazione sia per il notificante che per il notificato (Cass., sez. un., sent. 13 giugno 2011, n. 12898).

Con l’ordinanza interlocutoria si era posto il quesito se, in coerenza con le finalità acceleratorie perseguite dalla previsione di cui all’art. 326 c.p.c. nonché in ossequio al principio della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., potesse affermarsi, in controtendenza rispetto all’orientamento prevalente sul punto, il principio secondo cui la notificazione della sentenza in forma esecutiva eseguita alla controparte personalmente, anziché al procuratore costituito ai sensi degli artt. 170, co. 1, e 284 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione nei confronti del solo notificante. Ciò sul presupposto per cui il notificante, proprio con l’effettuazione della notificazione ai sensi dell’art. 479 c.p.c., dimostra di avere completa ed effettiva conoscenza del contenuto della sentenza, rendendo così inutile la scissione, sul piano diacronico, della tutela in executivis e, per la parte residua, di quella impugnatoria, da differirsi eventualmente in base al termine lungo ex art. 327 c.p.c.

I giudici di Piazza Cavour, dopo aver premesso un excursus in merito agli indirizzi affermatisi nel tempo nell’ambito della giurisprudenza della Cassazione, si sono discostati dall’orientamento inizialmente prevalente, il quale escludeva la idoneità della notificazione della sentenza al domicilio reale della parte con procuratore costituito nei soli confronti del notificato, per confermare la valida operatività di quello, successivamente consolidatosi, in modo quasi monolitico, in base al quale detta notificazione è inidonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione sia nei confronti del notificante che del destinatario della stessa.

Il principio in base al quale viene affermata tale inidoneità è quello per cui la conoscenza di fatto della sentenza, acquisita con modalità diverse da quelle cui la legge riconnette l’effetto specifico della decorrenza del termine breve per l’impugnazione ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c., ha una funzione propedeutica dell’esecuzione ex art. 479 c.p.c. La notificazione ai sensi della citata disposizione ha infatti il fine esclusivo di indicare alla controparte la volontà di procedere in executivis nei suoi confronti allo scopo precipuo di consentirle di valutare l’opportunità di procedere ad adempimento spontaneo. Diversamente, la notificazione della sentenza ai fini della sua impugnazione risponde ad un intento acceleratorio mirato alla rapida formazione del giudicato, per cui si impone l’osservanza delle forme di cui agli artt. 170 e 285 c.p.c., le quali consentono di acquisire la scienza legale della sentenza alla quale è condizionata l’impugnazione nel termine breve. Per conoscenza legale, secondo il dictum delle Sezioni Unite, deve intendersi quella acquisita nell’ambito di un’attività processuale, con effetti esterni rilevanti sul piano del rapporto processuale, e non già quella conseguita aliunde, compresa quella derivata dalla stessa notificazione della sentenza a fini esecutivi nei modi fissati dall’art. 479 c.p.c.

Nella esaminata prospettiva, l’inidoneità della notificazione in esame deve valere, per il Supremo consesso, per entrambe le parti (notificante e destinatario), essendo il termine di impugnazione comune ad esse. Diversamente, in favore del destinatario della notificazione varrebbe una disparità di trattamento, decorrendo per lui il termine breve e per il notificato il termine lungo.

In definitiva, si afferma nella sentenza che il legislatore, per assicurare alla notificazione della sentenza un intento acceleratorio e sollecitatorio, «ha previsto l’utilizzo di un determinato paradigma procedimentale, quale unico modulo in grado di garantire il diritto di difesa a fini impugnatori, rimettendo alla valutazione ed all’interesse delle parti di attivare un tale meccanismo, attraverso il rispetto delle forme tipiche previste dall’art. 326 cod. proc. civ.» (Anna Costagliola)

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